4 Luglio

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Il quattro Luglio non tardò ad arrivare, erano le undici del mattino ed eravamo già tutti pronti in cucina ad attendere i nostri padri. Taylor era dovuta andare via quella mattina stessa poiché la sera sarebbe dovuta partire per le vacanze con i suoi che, nonostante le sue suppliche per rimandare la partenza al giorno successivo, erano stati irremovibili, e lei si trovò costretta a lasciare Cousins. Ben presto sentimmo bussare alla porta, Susannah si precipitò ad aprire mentre la mamma finiva di sistemare il tavolo con le bevande. Conrad se ne stava steso sul divano a guardare la tv e Belly era seduta con lui in salotto, Steven invece era andato alla ricerca del vecchio barbecue e Jeremiah si era proposto di aiutarlo. Io ero in cucina ad infornare muffin e farcire pancake. <John!> la voce di Susannah riecheggiò sull'ingresso, era arrivato nostro padre. Infornai di corsa l'ultima teglia di impasto ma erroneamente mi scottai un dito <Ahia!> iniziai a saltellare su me stessa stringendomi il dito tra le mani per poi correre al lavandino ed infilarlo sotto l'acqua fredda <Sempre la solita distratta> disse mia madre venendomi accanto a vedere cosa mi fossi combinata <Volevo solo salutare papà!> mi lamentai con il dito che pulsava sotto il getto d'acqua gelido <Vacci a mettere una pomata> roteò gli occhi mia madre e proprio in quel momento mio padre entrò in cucina <Laurel, Summer!> ci salutò sorridente e mia madre lo andò ad abbracciare. Nonostante la separazione si volevano un gran bene, e se lo dimostravano soprattutto nei momenti di difficoltà. <Papà!> esclamò Belly dall'altra stanza correndo a salutarlo, poi dopo aver dato una pacca sulla spalla di Conrad venne da me che ancora tenevo il dito sotto l'acqua <Che hai combinato Sum?> mi sorrise guardando la mia mano e scuotendo la testa, poi mi diede un bacio sulla guancia sparendo al piano di sopra subito dopo. La mattinata proseguì al meglio, Steven si era messo al barbecue con nostro padre mentre Jeremiah era andato a fare la spesa accompagnato da mia sorella che aveva stilato una veloce lista delle cose che mancava per la giornata. Io me ne stavo serenamente in cucina a mangiare patatine e a fissare la parete davanti a me. Mi chiedevo come mai il signor Fisher non fosse ancora arrivato dato che era oramai quasi ora di pranza, ma poi mmi convinsi del fatto che essendo sabato avrebbe potuto incontrare traffico. Quel mio momento fu però interrotto ben presto <Summer> mi sentii chiamare da una voce, ma non una qualsiasi dalla sua voce, quella che da giorni ormai non sentivo più rivolta a me. Mi voltai e lo vidi in piedi sullo stipite della porta con le braccia conserte che mi fissava, ricambiai lo guardo e schiusi le labbra poi risposi <Mh?> non sapevo cosa dirgli, se parlargli, se chiarire, così attesi che proseguisse. <La mamma vuole che prepariamo la tavola> mi riferì con tono atono e io non potei che annuire delusa da me stessa. Speravo davvero volesse parlarmi dopo il modo con cui lo avevo lasciato l'ultima volta? Quanto sono stata stupida. Lo seguii in sala da pranzo dove un tavolo immenso attendeva solo di essere preparato, iniziammo stendendoci sopra la tovaglia, ma mentre piegavo accuratamente ogni tovagliolo in stoffa rosa non riuscii a trattenermi. <Il tuo silenzio mi sta uccidendo> mi lasciai sfuggire, ma subito mi pentii di aver parlato. Lo sentii ridere freddo dall'altro capo del tavolo e ciò mi portò a guardarlo <Ti fa ridere?> proseguii sentendo qualcosa dentro il mio petto pulsare dolorosamente <E' stata una tua decisione> mi disse freddo, con un tale distacco che lo fece sembrare chilometri distante da me. Rimasi in silenzio, aveva ragione lo avevo voluto io, io gli avevo fatto capire di non volere nulla da lui, di non volerlo più accanto, ma non era fottutamente vero, perché nonostante amassi suo fratello, nonostante Jeremiah mi facesse sentire una persona migliore, io avevo ancora bisogno di lui al mio fianco. <La più sbagliata che abbia mai preso> sussurrai ma sapevo perfettamente che mi aveva sentita, alzai lo sguardo dai tovaglioli e non lo vidi più appoggiato sulla parte opposta del tavolo, ora mi era vicino e aveva una mano poggiata estremamente vicino alla mia, alzai lo sguardo e incrociai i suoi occhi, un brivido mi corse lungo la schiena, si chinò verso di me e sussurrò al mio orecchio <Non ti basta più Jeremiah?> un sorriso sarcastico gli si stampò sul viso e sempre con lo stesso soffio acido proseguì <Non ti tratta abbastanza da regina? Non ti senti l'unica con lui?> lo guardai spiazzata e scossi il capo ripetutamente, ma cosa stava dicendo? O meglio perché? <Conrad ma cosa dici? Io amo tuo fratello> <Fattelo bastare allora, e stammi lontana> sputò acido allontanandosi da me quasi come se avesse preso la scossa <Non posso> gli dissi, ma in realtà potevo, io volevo solo che lui tornasse a sorridere come faceva prima. Era così egoista pensare che lui mi facesse bene? <Perché?> mi chiese posando ogni bicchiere di cristallo al suo posto senza mai avvicinarsi a me <Perché ho bisogno anche di te> lui rise ancora, un suono che mai avevo sentito uscire dalle sue labbra, una risata cupa e agghiacciante che mi mise i brividi <Perché> chiese ancora quasi sfidandomi, ma non avevo una risposta, non avevo un perché, sapevo di volerlo accanto anche se non ne avevo un motivo. Rimasi in silenzio portando gli occhi al tavolo mentre giocavo nervosamente con le mani, e più precisamente con l'anello che Jeremiah mi aveva regalato. <Non lo ami abbastanza> mi ammonì e io rimasi immobile, gli occhi mi si inumidirono come se attendessero solo che lui pronunciasse quelle quattro parole. Ma non avrei pianto, non gli avrei dato questa soddisfazione <Tu cosa ne vuoi sapere> gli risposi con acidità e lui tornò ad essermi eccessivamente vicino <Se lo amassi davvero, ora non saresti qui a dirmi che hai bisogno di me> la sua voce era un sussurro appena udibile e il mio cuore si fermò per un'istante quando la voce si Jeremiah si fece spazio nella stanza <Che succede qui?> chiese e Conrad mi precedette <Io me ne stavo giusto andando > si staccò da me e subito sparì oltre la porta, io rimasi lì immobile a guardare la tavola ormai apparecchiata senza però stare davvero lì, infatti la mia mente era ferma alle sue parole "Non lo ami abbastanza", questo mi rimbombava nella testa nonostante no ci credessi minimamente. Jeremiah mi strinse i fianchi da dietro baciandomi una guancia <Stai bene Stella?> le sue parole mi riportarono sulla terra, mi voltai verso il lui che ancora era saldo alla mia vita, gli annuii per poi gettargli le mani al collo. Mi baciò e così capii che quello che Conrad aveva detto aveva come unico intento quello di ferirmi. Baciare Jeremiah non era solo poggiare le mie labbra sulle sue e viceversa, era anche essere invasa di brividi lungo tutta la schiena, sentire quelle maledette farfalle svolazzare indisturbate nello stomaco, non essere più sulla terra con la mente, e sentire il cuore battere così forte da temere di vederlo uscire dal mio petto. Ecco cos'era baciare quel ragazzo, ecco cosa significava amare Jeremiah Fisher. <Mi ami?> quelle parole uscirono da sole dalle mie labbra, mentre quelle di Conrad mi frullavano ancora in testa <Che ti ha detto quel cretino?> mi chiese lui a denti stretti riferendosi al fratello <Niente> sospirai per poi ripetere <Mi ami?> mi sentii gli occhi pizzicare senza nemmeno un motivo preciso, o meglio il motivo c'era ma non volevo renderlo palese ai miei occhi <Summer non ho mai amato nessuno come amo te> mi bisbigliò all'orecchio facendomi rabbrividire <E mai lo farò> mi promise incrociando le nostre mani. E io? Io lo amavo almeno quanto lui amava me? Io lo volevo allo stesso modo? Lui meritava di meglio, ne ero certa, ma amavo quel ragazzo come si può amare l'aria dopo essere stati troppo a lungo sott'acqua. <Ti amo più di quanto ami me stessa> gli risposi tirandolo a me e baciandolo. Non mi capacitavo di come si fosse potuto innamorare di me, ma mi andava bene così, sapere che voltandomi la notte avrei sempre visto il suo viso beato, oppure sapere che la mano che stringevo camminando sulla spiaggia era la sua, questo mi rendeva così fottutamente felice come niente al mondo.  Quella giornata non fu delle migliori, la mamma e Susannah litigarono questo perché nostra madre aveva telefonato ad Adam, ossia il padre di Conrad e Jeremiah, chiedendoli di raggiungerci nonostante Susannah non lo volesse. Ma si sa quelle due non sanno litigare, non possono stare lontane, perciò alla sera quando l'ospite indesiderato andò via, loro si riappacificarono.  Noi scoprimmo del tradimento del signor Fisher, ed io lo odiai, sapevo fossero separati ma non sapevo il perché, e in fondo non volevo scoprirlo. Conrad stava per lo più da solo o con Steven, si rifiutava costantemente di incrociare il padre per casa o di rivolgergli la parola, li sorpresi a litigare in cortile ma me ne andai non appena compresi la situazione, odiavo origliare, ma soprattutto non mi andava di finire in mezzo a cose che non mi riguardavano. Odiai quel quattro Luglio, nulla lo aveva reso indimenticabile, o forse tutto lo aveva reso indimenticabile, mai avrei scordato le lacrime di Susannah o lo stupore di Steven, il viso di Conrad costantemente rivolto verso il basso per evitare il padre, i silenzi a tavola e l'imbarazzo nel salutarlo cercando di sembrare disinvolti. Jeremiah lo aveva reso magico con le sue parole però, "non ho mai amato nessuno come amo te" , e aveva fatto di tutto per portare spensieratezza nella casa al mare. Ballammo tutti in giardino quando mise la musica, ci buttammo in piscina con tutti i vestiti addosso, ci dipingemmo il viso come alle feste di compleanno dei bambini e a mezzanotte fece partire i fuochi d'artificio come per tradizione. Grazie a lui fu divertente, ma non come tutti gli anni, quando regnavano spensieratezza, gioia e allegria. 


||Solo uno per me|| Jeremiah FisherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora