🪲Quinto capitolo 𓂀

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Il sole, sotto forma di khepry, era già abbastanza alto nel cielo. Mine era stanchissima, eppure non era riuscita affatto a dormire, torturata dal ricordo della maledizione che aveva lanciato su sua sorella.
Erdie certo non aveva mai creduto alle maledizioni, alla magia e certe volte neanche agli dei. Mine invece era profondamente religiosa e sapeva che le parole dette equivalevano alla realtà. Aveva maledetto sua sorella.

Quel giorno il caldo era soffocante contrapposto al comportamento gelido che le due gemelle avevano fra loro. Akerat era rimasta scossa dal litigio che le due sorelle avevano avuto, in quattordici anni non avevano mai avuto discussioni così pesanti.
Ricordó la prima volta che vide le due bambine, avevano appena due anni. Ed entrambe così bisognose di avere una figura materna che non fossero vecchie balie stanche da stringerle il cuore.

Ci si era affezionata subito, accudendole entrambe quasi fossero state le sue figlie naturali. Mineptah aveva sempre avuto l'indole timida e avvezza all'isolamento ogni qual volta fosse stizzita; mentre Erdie aveva un temperamento spesso ribelle e combattivo, quasi consapevole fin dalla nascita del suo posto nel mondo.
Ma entrambe erano sempre state dipendenti l'una dall'altra.

Nel pomeriggio la donna prese da parte Erdie e le parlò; le fece comprendere che quella era una cotta passeggera, che Mine presto si sarebbe stancata di un uomo di basso ceto sociale proprio perché erano cresciuti in due mondi diversi che non potevano coesistere.

«È stata tremendamente incosciente! Non la riconosco più!» cercó di ribattere ancora la ragazza, innervosita da come Akerat difendesse Mineptah.
«L'amore a volte ci trasforma, rendendoci qualcuno che non credevamo di poter essere. E Mine sta sperimentando questa nuova sé stessa. Ma non per questo smetterà di essere tua sorella.
«Ricordati sempre che il legame che vi unisce è più forte di qualsiasi cosa» e mente glielo diceva, ad Erdie caddero delle lacrime. Forse tra le due la più bisognosa dell'altra era lei. L'idea che Mineptah potesse essere un'altea persona lontano da lei le aveva scatenato una reazione forse troppo eccessiva; una gelosia che sua sorella non meritava.

Akerat le accarezzó il capo e le diede un bacio sulla fronte.
Fu un discorso amorevole che alla fine riuscì a convincere almeno una delle due gemelle a far pace.

Mine nel frattempo si trovava sul terrazzo del secondo piano, all'ombra di un'altissima palma che creava un piacevole fresco. Il luogo che lei preferiva per esercitarsi nella scrittura del demotico e del geroglifico su tavolette di argilla ancora umida; riusciva a concentrarsi anche con i versi degli animali tenuti nei recinti o la voce degli ibis che falciavano l'aria.
Erdie le comparì accanto all'improvviso e le sfiorò la spalla facendole cadere il bastoncino nell'argilla che divenne inutilizzabile.

«Scusa, non volevo spaventarti» le disse.
«Comparirmi di spalle non è stata la miglior mossa allora».
Erdie sorvolò la battuta della sorella e le si sedette accanto piegando l'abito in lino in modo che non si stropicciasse troppo.

«Mine questa notte ero terribilmente preoccupata che papà potesse tornare prima e vederti in quel... In quel modo con lui» le confidò a capo chino.

Mine capì qualcosa a cui non aveva pensato minimamente. Se suo padre fosse tornato a casa proprio in quel momento e fosse stato lui a sorprenderli probabilmente avrebbe ucciso Hapy per salvaguardare l'onore di sua figlia; in fin dei conti anche lei avrebbe fatto la stessa cosa con sua sorella.

«Sono stata una sciocca lo so... Ma... Ma Hapy mi piace davvero tanto Erdie. Con lui mi sento bene».
Sospirarono entrambe e quella sincronia le fece sorridere.
«So cosa significa, è la stessa sintonia che provo quando sono con Hesyra».

Hesyra era figlio del capo degli scribi reali, destinato a prendere il posto dell'ormai anziano padre. Da anni quel ragazzo impartiva lezioni private di scrittura ad Erdie nella "Casa della Vita", la scuola per gli scribi. In tutto quel tempo tra i due ragazzi era nato qualcosa che non era affatto un mistero per gli altri alunni della scuola tanto che tra i corridoi si vociferava di un loro imminente matrimonio.

«Allora perché me ne fai una colpa?»
Erdie si sentì ferita da quella domanda. Non voleva alimentare quella discussione, ma non sapeva neanche cosa risponderle. Si limitò ad alzare le spalle e sussurrare «Vorrei che tu fossi felice, essere una sacerdotessa è sempre stato quello che desideravi, mentre adesso? È bastato un ragazzo per farti cambiare vocazione?»

«Non lo so...» e Mine era sincera. La presenza di Hapy aveva cambiato tutto in pochissimo tempo. Non riusciva più a concentrarsi, né a memorizzare nulla. Ogni geroglifico le ricordava lui, e da lì la sua mente si perdeva nel ricordo della sua voce, del suo profumo e del suo calore.

«Tu invece vuoi davvero che Hesyra diventi tuo marito? » cambió discorso.
Erdie avvampò in viso. «Non ne abbiamo ancora parlato, ma penso che se mi proponesse di diventare sua moglie io accetterei».

«E nostro padre sarebbe felicissimo di questa tua scelta » commentò Mine sconsolata.

«Non puoi essere triste sorellina. Come tu mi hai ricordato ieri non apparteniamo alla famiglia reale perciò dobbiamo mantenere alto l'onore della nostra futura stirpe. Capisci? »

Mine posò a terra tutti i suoi attrezzi, nascose il viso fra le gambe e iniziò a piangere. Capiva benissimo purtroppo.

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