CHAPTER 22

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"guardare oltre le cose"

Le settimane passarono veloci, era come se il tempo si fosse velocizzato improvvisamente, ero "dall'altra parte" da ormai tre mesi. Sembrava ieri che mi alzavo dal letto per correre verso scuola lungo il mio viale alberato.

Mi soffermai ad osservarmi allo specchio sistemandomi la treccia alta. Abbassai le braccia lungo il corpo.

Faceva male, la nostalgia si faceva più pesante, si insinuava attraverso incubi, pensieri ossessivi.

Erano tre mesi che non avevo notizie di nessuno.

Non ero a conoscenza se mi stessero ancora cercando, o fossi solo un fenomeno da baraccone, pronta ad essere studiata, come una cavia, un qualcosa che l'uomo non aveva ancora visto.

Ero la dimostrazione delle paure dell'essere umano, l'impossibile che diveniva reale. Sospirai, per tutta la mia vita avevo accantonato i miei sentimenti, riponendoli in un piccolo cassetto, così da scoppiare tutto insieme, una volta arrivata al limite, un pianto silenzioso, sofferente. Mi passai le mani sul volto strofinandomi gli occhi per poi guardare l'orologio appeso al muro.

15.45

Uscii dalla stanza, imboccando i cunicoli di scaffali arrivando alla piccola scala a chiocciola che portava alla mansarda. Percorsi i piccoli gradini di legno lentamente sbucando solo con il naso al piano superiore, ispezionai la stanza non trovando traccia di Leonard. Cercai nello studio, ma dell'uomo nessuna traccia, curiosai su alcuni documenti sparsi nella scrivania. Il mobile era cosparso di incantesimi, libri di alchimia, studi di creature. Un sorriso si presentò sul mio volto, sembrava di essere nella stanza di un mago; questa era una delle cose positive del mio brusco cambiamento. Il fatto che la maggior parte delle favole potessero essere reali e non più sogni immaginari. Presi tra le mani uno dei fogli provando a capirci qualcosa ma il ragazzo aveva una scrittura orrenda e alquanto illeggibile, era peggiore di quella dei dottori.

"Ah Alex" una voce si schiarì dal fondo della stanza, alzai gli occhi trovando il grigio avanzare verso di me. Era vestito sempre impeccabilmente, non lo avevo mai visto indossare una tuta o delle felpe. Solita camicia, soliti pantaloni grigi stretti, solita giacca del medesimo colore. Ma stavolta aveva qualcosa fuori posto, i suoi capelli erano scompigliati, vidi che li portò all'indietro bloccandoli con gli occhiali da vista.

"Hai dormito?" ridacchiai guardandolo divertita. L'uomo scosse la testa ridendo insieme a me,

"è così tanto evidente?" domandò sedendosi scomposto sulla poltrona in velluto.

Appoggiò la testa allo schienale lasciando che i lunghi capelli toccassero il pavimento, si portò le mani magre sul viso massaggiandolo.

Dio sei a pezzi"

"cosa te lo fa notare?" continuò sorridendo,

"eh le tue occhiaie, i tuoi capelli. Il tuo stare seduto in quel modo" puntualizzai indicandolo,

"allora sei una che osserva eh" aggiunse continuando a non guardarmi.

"No, il sonno non è una cosa che mi appartiene in queste settimane" sibilò tirandosi su guardando verso la finestra che dava sul cortile.

"Dovresti invece" affermai sedendomi difronte a lui sul bordo della scrivania in mogano.

"Non riesco a trovare gli incastri degli incantesimi. Stiamo combattendo esseri a noi sconosciuti, di questo passo ci uccideranno"

Abbassai lo sguardo, comprendevo la sua frustrazione, ripartire da 0 su ricerche e nozioni che avevano più di un milione di anni. Fissai le mie mani ricoperte di tagli a causa dei continui allenamenti.

L'EredeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora