CHAPTER 10

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"gigli bianchi"

10 ottobre 2000

Ho conosciuto tuo padre in uno strano modo, oserei dire bizzarro;

ero venuta sulla terra per rintracciare alcune "persone" che non dovevano essere lì,

ho sempre amato il caffè italiano, così amaro, così caldo. Decisi di farmi un viaggio, una vacanza, sono una donna molto impegnata, avevo bisogno di tempo per me. Così all'improvviso decisi di fermarmi sulla costa amalfitana. Uno spettacolo, il mare, le persone, dovresti andarci qualche volta, i ragazzi del sud Italia sono davvero carini.

Un sorriso mi spuntò a quell'ultima frase. Era decisamente mia madre per parlare così pensai tra me e me.

Bhe stavo dicendo, stavo alloggiando in un grazioso hotel sulla costa, una mattina mi svegliai di buon umore e decisi di andare a prendermi il mio caffè quotidiano. Mentre stavo aspettando il mio fedele amico, un uomo si avvicinò a me chiedendo un succo al melograno. "Chi è costui che alle 8.00 del mattino prende ciò" pensai, mi voltai incuriosita e lì, vidi Andrew. Un uomo alto, moro, con i capelli mossi che li ricadevano sul viso, gli occhi grandi di un verde limpido. Osservai anche molto bene la sua stazza, era davvero un bell'uomo, ma questo non glielo dire.

Emisi una risatina, ho sempre saputo che mio padre fosse un bell'uomo, ma il modo in cui lo raccontava era davvero tenero.

Fatto stare che si accorse che lo stavo fissando e mi guardò. Ci vollero pochi secondi ma io ero già innamorata, mi guardò sorridendo piegando la testa di lato. Fece lui il primo passo offrendosi di pagarmi il caffè e invitandomi a sedermi con lui. "Lungo viaggio è" mi chiese, lo guardai storta, "intendo hai fatto un lungo viaggio per essere qui." Non capivo cosa intendesse e ci misi un attimo, poi capii.

"Allora voi umani siete molto più avanti di quello che pensavo" sentenziai sorseggiando il caffè. Mi sorrise di conseguenza. Da quel preciso attimo, non abbiamo mai smesso di parlare.

Inarcai un sopracciglio. Come faceva mio padre a sapere che non fosse umana. Iniziai a incuriosirmi sempre di più e continuai a leggere quel diario divorandolo.

La luce rossastra mi colpì il viso, alzai di poco lo sguardo accorgendomi che il sole stava tramontando.

Ero stata fuori per almeno quattro ore.

Avevo quasi finito di leggerlo del tutto. Le mie idee erano più chiare, di certo sapevo la mia prossima mossa. Guardai il piccolo animaletto beatamente addormentato, lo accarezzai dolcemente per poi riaprire il diario per concluderlo. Lessi alcune pagine, poi mi accorsi che ve ne mancavano due verso la fine. Aggrottai la fronte, sembravano essere state strappate via, forse da mia madre o mio padre, rigirai il diario tra le dita magari fossero nascoste in qualche parte ma niente, cercai anche nell'altro libro ma con scarsi risultati. Tentai di trovare una possibile soluzione, ma dopo qualche minuto di riflessione alzai le spalle, concludendo la mia lettura.

Non ti chiedo di capire, né di perdonarmi, ho voluto che tu vivessi un'infanzia e un'adolescenza normale, soprattutto dopo l'omicidio di tuo padre. Non pretendo che tu mi veda come una madre, ma spero che tu, un giorno possa leggere questo diario e conoscermi un pochino meglio. Sappi che ti ho sempre osservato durante i tuoi anni, stai crescendo benissimo, sei molto più matura e adulta di quanto lo fossi io alla tua età. Far parte di questo mondo è una tua scelta, non ti ho mai costretto e non lo farò ora. È la tua vita, sei tu a decidere cosa farne.

Ti supporterò sempre, come ho fatto fin ora.

Sei la cosa più prezioso che questo mondo caotico mi ha dato.

L'EredeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora