CHAPTER 4

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" t s u r T "

Lo scricchiolio delle mie scarpe sulle foglie secche creò una melodia frammentata. Erano passati 20 minuti da quando avevo intrapreso la mia passeggiata verso l'edificio infernale. Eravamo verso la fine di novembre, il freddo si faceva sentire più insistentemente. Il vento sverzava, facendo danzare le foglie, un vento freddo, che ti entrava nelle ossa. Continuava a colarmi il naso infreddolito e rosso a causa del gelo. Imprecai per la decima volta, portandomi un fazzoletto al viso nell'intento di allievare questo disagio. Fermai i miei passi, osservando il viale alberato, amavo questo quartiere. Una lunghissima strada ricoperta di grandi alberi, quasi del tutto spogli che sembravano tanti piccoli edifici, i quali incorniciavano l'asfalto della strada e le mura delle vecchie case. Arrivai nella strada principale, vicino alla mia scuola. Affrettai il passo, superando l'antica panetteria storica. Quando, qualcosa catturò la mia attenzione costringendomi a fermarmi e tornare indietro. Un volantino svolazzante era appiccicato in mal modo alla vetrina del negozio. La carta giallognola presentava con caratteri cubitali la notizia dell'avvento del "Giorno del ringraziamento".

Un sospiro usci dalla mia bocca, condensandosi subito dopo in una piccola nuvoletta bianca. Il tempo passava così in fretta, il 26 novembre era al ridosso. Rimasi incantata nei miei pensieri osservando quel pezzo di carta che persi la cognizione del tempo. Mi ripresi osservando l'ora sul telefono, sbuffai per poi iniziare a correre verso la scuola.

Erano passati già 10 anni.

Sprofondai nella sedia, la mia amica emise una risata per il modo goffo con cui ero entrata in classe. Si sedette per metà sul mio banco, mettendo in risalto la sua gonna a scacchi, praticamente inesistente, ma che faceva spiccare la sua carnagione pallida.  La guardai dal basso verso l'alto ammiccando.

"Stai cercando di sedurmi?" scherzai dandole una piccola patta sul suo fondoschiena. Rise divertita, affermando che non ve ne era bisogno, insistendo che fossimo sposate da 4 anni. Osservai ridacchiando il flusso di studenti esausti, varcare la soglia dell'aula; riuscivo a percepire il fastidio volteggiare nell'aria.

"Si sta avvicinando il 24 novembre" sospirò Steph fissandomi, volsi lo sguardo per incontrare i suoi grandi occhi blu. Aspettai che continuasse, sapevo dove voleva andare a parare. Mi guardò con aria dispiaciuta posandomi una mano sulla spalla.

"Sai che sei la benvenuta, sia tu che tua madre." Si fermò per qualche secondo per poi proseguire, "mia madre farà il suo tacchino, non puoi perdertelo. E poi le manchi" concluse ridendo, aumentando la stretta sulla mia spalla. Sorrisi.

"Se per voi non vi è disturbo, mia madre è molto felice di rivedere Clorine. E non mi perderei il tacchino di tua madre per nulla al mondo" affermai ridendo, posando la mia mano sulla sua.

"Sai che non disturbate mai, ci mancherebbe" disse a bassa voce. Scese dal ripiano per darmi un bacio sulla testa. Un bacio dolce, comprensivo, ma prima di sedersi mi guardò di nuovo   porgendomi un ulteriore domanda.

"Pensi di fargli visita?" chiese quasi sottovoce, non la guardai, fissai il vuoto davanti a me per lunghi secondi.

"Mi sentirei una merda a non andare, il 26, come sempre. È da molto che non lo vedo." Conclusi senza emozioni; appoggiò di nuovo la sua mano sulla mia spalla concludendo che facevo bene. Poi si sedette al suo banco, e non riaprimmo più quel discorso per l'intera giornata.

Sfumai delicatamente il blush sulle mie guance, dando un colorito roseo al mio incarnato olivastro. Mi guardai nuovamente allo specchio.

Era il 24 novembre.

La pioggia cadeva leggera, un odore di erba bagnata inebriò la stanza, rendendola maggiormente confortevole; mi detti un ulteriore occhiata confermando che fossi pronta. Presi la borsa e scesi frettolosamente le scale, dove vi era mia madre che mi stava aspettando.

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