ℭ𝔞𝔭𝔦𝔱𝔬𝔩𝔬 32

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𝐔𝐍𝐄𝐗𝐏𝐄𝐂𝐓𝐄𝐃 𝐓𝐇𝐈𝐍𝐆𝐒

ERICA

"Se con il tacco ti vedrai alta, con l'amore per te stessa ti vedrai immensa."
FRIDA KAHLO

Non avrei dovuto voltarmi, ma continuare ad ignorare l'aurea potente che batteva ostinatamente sulla mia spalla per richiamare l'attenzione. Eppure, alla fine non avevo resistito e mi ero girata quando Giuliano se ne era andato con il mio consenso strappato a forza. Un'altra cosa che non mi ero aspettata in quel momento, tanto meno avevo voluto: andare a cena con lui.

Ebbene sì, avevo deciso di chiudere con quella storia. Non ne volevo più sapere, né di quello che pensavo di provare per lui, tanto meno capire che genere di ragazza gli piacesse. Non che mi avesse fatto qualcosa comunque. Ero semplicemente stanca, stanca di tutto, specialmente di rincorrere un'illusione solo per scoprire che non ne vale la pena. Così avevo fatto un quadro completo della mia vita traendo un bilancio su quali erano le mie vere priorità e nessuna di queste includeva lui o l'amore. Volevo solo dedicarmi ai miei fratelli e alle mie amiche, ma soprattutto chiudere quel gioco con Enrico. Stava durando più a lungo di quanto avessi potuto immaginare. Mi stava cambiando. Da tempo non mi sentivo più me stessa, avevo perso la rotta. Ed ero spaventata. Impreparata.

Attesi il suo arrivo ostentando risolutezza quando in verità ero un misero fascio di nervi. Mentre lo osservavo incedere come un dio oscuro, le mie budella divennero uno stretto groviglio in movimento. Sostenni il suo sguardo - anche se per farlo avevo rischiato di spezzarmi l'osso del collo per quanto era alto - mandai giù il nodo che avevo in gola e aprii bocca, solo per essere interrotta ancor prima di emettere un suono. 

<<Che cazzo voleva da te?>> eruppe, gli occhi agguerriti e i lineamenti del volto arrotati. 

<<Niente, mi ha solo chiesto di andare a cena fuori.>> 

<<Ti ha solo chiesto di andare a cena fuori>> fece il verso con un'ironia sprezzante. Le sue labbra si arricciarono in un sorriso dietro al quale nascondeva l'impulso di correre da Giuliano e di pestarlo a morte. 

Feci spallucce, intaccando la sua pazienza. <<Dove sarebbe il problema?>>

Non ce n'erano. Avrei potuto spiegargli che non lo avrei più rivisto dopo quella cena, che Giuliano era ormai un capitolo chiuso della mia vita, ma chissà perché non lo feci. 

Enrico esitò. L'insistenza del suo scrutinio era come un'incisione nelle ossa; una lama rovente che penetrava la mente e l'anima, e la riduceva a brandelli.

<<E poi a te che importa?>> continuai. <<Irrompi qui e mi investi con le tue domande. Non ti devo alcuna spiegazione.>>

<<Io credo di sì>> ribatté e fece un passo avanti, invadendo il mio spazio personale e intaccando la mia quiete mentale. Mi costò un certo sforzo non retrocedere e manifestare il lieve timore che stavo provando in quel momento; fingere che il mio cuore non stesse battendo come un agile ballerino di tip tap per l'emozione di trovarmi a scrutare l'oro nei suoi occhi a una vicinanza pericolosa.

<<Appunto, lo credi tu. Non c'è niente di male ad andare a cena con un amico.>>

Lo avrei visto solo come tale.

𝔇𝔢𝔳𝔦𝔩𝔦𝔰𝔥 𝔓𝔩𝔞𝔶 [𝒾𝓃 𝓇ℯ𝓋𝒾𝓈𝒾ℴ𝓃ℯ✍️]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora