196. Temere e Dovere

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Sofia scuote la testa, alzando gli occhi al cielo. Un piccolo sorriso le incurva le labbra all'insù, mentre Evelyn prova ad occupare al meglio il suo campo visivo con la sua espressione furbetta. Le sue adorabili fossette che lo rendono ancora più difficile da evitare.

<Eddai, era una domanda genuina! E ho fatto un ragionamento totalmente sensato!> si difende ləi, rinunciando a darle fastidio (per ora).

<Era una domanda sciocca, frutto di un sillogismo sbagliato al principio.> replica l'emiliana, anche se non ha né un tono né uno sguardo severo.
<A posteriori siamo bravi tutti!> ribatte Evelyn, muovendo la mano destra in un gesto voluttuoso, come a scacciare elegantemente una mosca molesta.

Nessuno dei due l'ha mai detto ad alta voce, ma entrambi sanno che ha preso da Sofia quel gesto. Ed Evelyn si è "affezionatə" al gesto, quindi sarà parte integrante della sua persona per un tempo indefinito.
Sofia preferisce non riflettere su tale aspetto.

Raggiungono la casa dell'occhialuta, che appoggia le chiavi sul mobiletto vicino alla porta e appende la borsa di tela su uno degli attaccapanni vuoti.
Scalcia le Birkenstock e le mette bene contro il muro, sotto l'attaccapanni, per la precisione sotto la borsa di tela, e si infila le ciabatte appositamente lasciate vicino alla porta.
Evelyn la imita solo negli ultimi gesti, dato che non ha né chiavi da poggiare, né borse di tela da appendere.

<Comunque, se non fosse stato per il tuo ricciolo, ti avrei perso in quella marasma di umane universitarie.> commenta lə sassone, senza alcuna chiara ragione.

Sofia, che si sta abituando ai suoi salti mentali, va verso il soggiorno e si difende prontamente: <Beh, io volevo confondermi tra la folla. Inoltre, dobbiamo fare così, no? Non farci riconoscere e blablabla... E comunque, posso ancora sembrare nell'età di un'umana universitaria!>

<Un pochino indietro con gli studi, però. Hai uno sguardo troppo severo e deciso per avere 20 o 22 anni umani. Sei più matura, quindi, risulti più grande.>
<Per tua fortuna che sono regione e non umana, perché di solito non piace essere definite vecchie.> e si siede sul divano.

È divertitə, brilla nei suoi occhi castani, che lo tradiscono. Il resto della faccia è tranquilla, ma abbastanza neutra. È come uno stregatto ancora più pericoloso, perché viene da chiedersi cosa potrebbe farlo davvero sorridere. E subito dopo ti chiedi se vuoi davvero saperlo.
Sofia tende comunque per il sì.
Le piace carpire ciò che non sa.
Ed Evelyn è ancora pieno di tante cose che non conosce.

Evelyn, che si siede accanto a lei, la risveglia e commenta: <Incantata su qualcosa?>
<Ero persa nei miei pensieri, scusa. Sei decisamente più bravə tu come ospite di casa.>

<No, sei solo diversa. E va bene: che noia ad essere tutti uguali.>
<Però dato che siamo diversi, lottiamo. Ci scontriamo. Se fossimo uguali, non esisterebbero motivi per litigare. Sarebbe un mondo più pacifico.>
<Ma cosa intendiamo con uguali? A meno di non essere tutti cloni, e sarebbe impossibile dato che l'umanità per riprodursi ha bisogno di due sessi, si troverebbe sempre qualcosa per cui dividere e lottare. E poi, se fossimo uguali, non esisteremmo.>

<Non devi convincermi sul fatto che è importante la diversità.>
<Ah no?>
<No, volevo solo darti contro perché è divertente fare l'avvocato del diavolo, con te.>
E Sofia si sente un po' stupida ma è la verità e di nuovo Evelyn la osserva con quegli occhi divertiti e-

<Sofi, ma quant'è che- E LUI CHI È?!>
Sofia s'alza di scatto, il cuore che batte frenetico di fronte ad una scioccata Anna.
<Seriamente non hai mai parlato di me con nessuno, mh? Non era solo un'iperbole. Come mai? Sono troppo strano per essere presentato ad altri?> domanda Evelyn, con serenità. E, anche senza capire l'italiano, aveva intuito perfettamente le parole di Anna.

Non che l'emiliana si fosse aspettata che lə sassone s'alzasse urlante, non era lui quello beccato con una persona sconosciuta da sua sorella gemella.

<Chi è?!> inquisisce, ancora scandalizzata, Anna.
L'occhialuta prede un profondo respiro e risponde con il tono più pacato: <Anna, questə è Evelyn, Bassa Sassonia. Evelyn, questa è Anna, Romagna.>

Evelyn allunga la mano e la romagnola la prende e la stringe meccanicamente, studiandolo, anche se ha ancora gli occhi abbastanza spalancati.

<Bassa Sassonia... sei tedesco? Scusa, tedescə?>
<Vanno bene entrambi e sì, lo sono. Piacere di conoscerti, Sofia mi ha parlato di te.>
<È un peccato che Sofia non abbia fatto lo stesso con me su di te.> e Anna riservò un'occhiataccia alla gemella.

Poi la romagnola prende la sorella per il polso, si congeda: <Dobbiamo fare una veloce chiacchierata tra gemelle, in privato, capisci? Aspettaci qui!>
E si tira appresso l'altra fino nel cucinino, dove chiude la porta con fermezza.

<Sei fidanzata e non me l'hai detto?!> accusa Anna, visibilmente offesa <Io ti ho detto subito di Maxime!>
<Non sono fidanzata!> si difende Sofia, che sente suo malgrado il volto diventare sempre più caldo <Siamo amici.>
<In ogni caso, perché non hai detto niente?>

<Perché sapevo che sarebbe finita così! Con te che mi fai queste accuse e che aspetti che diventiamo fidanzati e che ti scappa di bocca e tutti lo sanno e tutti mi giudicano perché fraternizzo con un tedesco! Non voglio quel tipo di attenzioni!>
Ha urlato? Non lo sa. Non le importa. Sta per scoppiare. Perché deve giudicarla? Perché deve nascondersi per evitare di essere giudicata? Perché devono per forza, essendo legati agli umani, giudicare qualsiasi cosa? Perché non si può spegnere ogni tanto il cervello?

L'espressione offesa di Anna si rabbonisce mentre avanza di un passetto e sfiora la mano alla sorella.
Sospira e borbotta: <Scusa. È che l'animo da poeta non lo si può far smettere e, non so, mi è sembrato di vedere una qualche sorta di chimica. E, anche se lo scoprissero gli altri, scommetto che quello che farebbe più scena sarebbe Lovino solo perché gli piace fare la scenata dell'odiatore di tedeschi sempre e comunque. Se ti fa preoccupare un pochino l'opinione di altri, tipo Giorgio o Bruno, secondo me, finché non ti sposi Austria, va tutto bene.>

<Mh.>
<Sofi...>
<Mh.>
Anna scuote la testa e l'abbraccia. Rafforza la presa e appoggia la testa contro la spalla dell'altra, impedendole di liberarsi.

Nel giro di neanche mezzo minuto Sofia smette di lottare contro quell'abbraccio, che finalmente contraccambia.
<Me ne parlerai quando tornerai a casa?> domanda Anna
<Mh.>

La Romagnola si accontenta. Interrompe l'abbraccio lentamente, le sorride e cambia discorso: <Io, comunque, ero venuta qua non per farmi i fatti tuoi, ma perché Angela e Vincenzo stavano litigando su una pozione e quindi hanno chiesto a me di venire qua e chiederti->
E Sofia la riconduce in soggiorno mentre la sorella ripete a pappagallino il quesito.

L'emiliana si lascia sfuggire, nel processo, un'occhiata verso Evelyn, che becca fissarla con uno sguardo intenso e deciso. Evelyn subito assume un'altra espressione, più controllata e già vista di cortese interesse. Ma quell'istante è bastato per lasciarla formicolante.
Sofia teme e deve sapere cosa significa quello sguardo.

Ma sarà per una prossima volta.

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