213. Chi non conosco è mio amico se odia il mio nemico

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N/A: non c'entra assolutamente niente con il capitolo ma ieri mi è venuta voglia di disegnare e dopo tanti fallimenti perché le altezze dei personaggi del disegno da cui ero ispirata erano diverse da quelle dei due personaggi.
E quindi ecco Giorgio e Aleksander che fanno i carini e coccolosi.

E quindi ecco Giorgio e Aleksander che fanno i carini e coccolosi

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Non so neanche io perché sono in mutande. No, anzi, lo so, non volevo disegnare vestiti perché ero pigra :3

Vabbè, spero vi sia piaciuto il disegnino e spero vi piaccia il capitolo!
Buona lettura!




Verso la fine del XVI secolo

Isabella avanza spedita per le ampie sale del palazzo che conosce bene, anche se oramai sta vagando in stanze a lei non note.
Conosce bene solo la zona del trono e altre locazioni in cui avvengono sfarzosi ritrovi, come la sala da ballo, oltre alle proprie stanze e a quelle dei fratelli.

Dopo ciò, conosce alla perfezione le zone inferiori, con le cucine e le lavanderie in cui la servitù passa anche tutto il giorno. E, nonostante tutto, con un pizzico della magia del figlio/fratellino, sono sempre cordiali, ben più dei reali.

Ma quelle non sono le zone della servitù, né le zone d'incontro focali, né dove alloggia. Sembra che al palazzo siano state aggiunte altre sale di cui non si era mai accorta o che sono sempre state non importanti fino ad adesso!

Ma forse è anche meglio che si è persa. Non vuole vedere il viso di quello stronzo di Pedro, che sempre le ricorda quell'enorme errore fatto e che sempre fa agitare la povera sorellina, Vittoria, che ha frainteso la realtà.
Ossia che lei, Isabella, è solo un'idiota.

Un'idiota che si è sempre difesa nel fatto che non avesse ceduto al fascino di un suo vecchio capo e che eppure aveva aperto le gambe senza nessuna richiesta per quello spregevole-

La sicula si ferma in mezzo al corridoio, chiude gli occhi e prende un profondo respiro. Deve calmarsi.
Non aiuta nessuno se è furibonda.
Non aiuta se stessa se pensa solo a sé.

Prende altri respiri mentre torna a guardare l'ambiente circostante, sfarzoso quanto inquietante, in un certo senso.
Qualcosa di così grandioso non può che nascondere un lato marcio; qualcosa di genuino non necessita di tutta quella opulenza.

E lei odia come l'opulenza sia possibile lì dentro e in altri sporadici luoghi, come molti debbano soffrire per il piacere di pochi, come sono tutti marionette o quasi nelle mani degli ispanici.

Stringe le mani a pugno.
Li odia, li odia, lo odia-!

Dei passi la destano e si gira di scatto, mentre sente un odore non umano insinuarsi nelle sue narici.

Pronta già ad evocare la sua arma e iniziare un duello in quel corridoio, quasi sobbalza all'indietro dalla sorpresa.
Non è un suo fratello o sorella, ma quello l'aveva appurato. Ma non è neanche Pedro.

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