Cap. 5 Malvagità

41 2 2
                                    

Mi svegliai, ero sdraiata sul letto di un ospedale. Bill era addormentato sulla sedia di fianco al tavolino, Veronica stava alle macchinette per prendere qualcosa da mangiare, riuscivo a vederla dalla finestra. La dottoressa si dirigeva verso la mia stanza, aveva dei fogli in mano. Bill si svegliò di colpo quando la dottoressa aprì la porta, io feci finta di dormire.

"Lei sta bene. I test che le abbiamo fatto sono andati benissimo, non ha nessun tipo di ferita, sia fisicamente che mentalmente" Disse sfogliando i fogli che aveva in mano. Bill si alzò, ringraziò la dottoressa per ciò che aveva fatto.

"Si sveglierà a momenti, per farla tornare a casa deve firmare qui". Gli indicò con il dito dove doveva firmare. Bill prese una penna e scrisse il suo nome. Lui non riusciva a parlare, era così preoccupato che sentivo la sua tristezza anche ad occhi chiusi. Ogni tanto sbirciavo per vedere cosa stesse succedendo.

"Per le sue cure ci penserà Eleonora, una ragazza più o meno della sua età..." Puntò il dito verso di me per qualche secondo "...Lei le darà le medicine necessarie, dopodichè potrà tornare qui all'ospedale se vuole" Una ragazza entrò nella stanza, doveva essere Ele. Era carinissima: aveva i capelli lunghi e scuri, labbra carnose, pelle abbronzata, occhiali quasi tondi e trasparenti e degli occhi bellissimi marroni, mi ricordavano quelli di Tom. Vedevo Veronica avvicinarsi verso di noi dopo aver preso delle patatine che si erano incastrate nella macchinetta. Era furiosa, come se fosse gelosa di Eleonora solo perché si era avvicinata a me. Si calmò quando capì che era qui solo per aiutarmi. Io feci finta di svegliarmi, Bill corse verso di me, piangeva dalla felicità. Mi abbracciò forte e mi fece un sacco di domande. Non riuscivo a capire da quanto parlava veloce.

"Calmati Bill, non ho capito una parola di quello che hai detto" Lo interruppi. Lui fece un sorriso, poi parlò. "Sono felice di rivedere i tuoi occhi. Mi sono preoccupato tantissimo"

Feci un sorriso rassicurante, per fargli capire che tutto era Okay. "Come sono arrivata qui?" Chiesi. "Oh, Quell'uomo con cui sei uscita ieri ti ha portato all'ospedale. E' venuto nel nostro appartamento piangendo e ci raccontò tutto. Poi..." Si fermò "...Che importa, ora sei qui viva e vegeta, no?" Mi abbracciò di nuovo. "Adesso andiamo. Lei è Eleonora, starà con te per un po' di tempo" Continuò.

Sorrisi facendo 'sì' con la testa. Ele mi aiutò a mettere i piedi a terra. Sorrideva, era felice di conoscermi. Mentre Bill mi metteva i vestiti che aveva portato per me, Tommy entrò nella stanza di corsa. "Ale!" Urlò. Io ero arrabbiata con lui, era tutta colpa sua. Se non mi avesse portato in quel locale, non sarebbe successo nulla del genere. Tommy riusciva a percepire la mia rabbia, sapeva di aver fatto un errore a portarmi al Night Club. Guardai Bill, era in silenzio, anche lui infuriato. Bill ed Ele mi appoggiarono di nuovo sul letto, Bill voleva parlare in privato con Tommy, quindi uscirono e chiusero la porta.

"Allora tu devi essere Alessandra" Disse Ele con un sorrisone. Aveva un accento milanese. "Già, sono proprio io" risposi, anche io sorridendole. Vedevo Bill urlare contro Tommy, ero preoccupata. Tenevo lo sguardo fisso su di loro, cercando di capire cosa si stessero dicendo. Ele mi parlò, mi girai verso di lei. "Non pensarci, stanno solo litigando, probabilmente" Sorrisi, era rassicurante. Bill entrò nella stanza, Tommy non c'era più. Veronica aveva ascoltato ogni loro parola. Bill ed Ele mi accompagnarono all'uscita dell'ospedale. Mentre camminavamo verso la macchina, sentivo la rabbia di Bill. Lui tremava, ma non voleva farlo vedere. Mi misero nella macchina, Veronica si mise davanti con Bill, invece io ed Ele ci sedemmo dietro.

Arrivati all'albergo, Vero e Bill si misero a dormire. Avevano passato la notte intera in ospedale solo per me. Io ed Eleonora eravamo sole in cucina.

"Allora? Cosa vuoi fare di bello?" Disse lei per interrompere il silenzio. Guardai il divano e poi lei "Dormire". Si mise a ridere, quindi anche io. "Va bene, ma se si fa troppo tardi ti sveglio". Risposi con un Ok. Mi portò verso il divano e si mise a dormire insieme a me.

Un rumore mi svegliò, non mi trovavo più sul comodo divano, adesso ero su un grezzo letto in una stanza buia.

"Finalmente ti sei svegliata"

non riconoscevo la voce. "Chi sei?" chiesi preoccupata. Era tutto buio e non riuscivo a vedere nulla. "Più che altro, dovresti domandarti perché sei qui". La paura dominava nel mio corpo, non sapevo cosa fare o dire. "Beh, sei qui per risolvere i conti con me..."

Quali conti? Non avevo fatto nulla. "...il tuo 'fidanzatino' ha ucciso il mio socio. Era uno dei più scarsi, ma mi serviva." Continuò.

Mi ricordai subito della sera prima, l'uomo che Tommy sparò in testa. "E cosa vuoi da me?" Mi mostravo sicura, anche se non lo ero. "Semplice, devi pagare i danni."

Non avevo un soldo, ormai avevo speso tutto in drink, vestiti e cibo.

"Non posso, non riesco a permettermi neanche un caffè". L'uomo mi interruppe subito. "Oh, cara. Non devi pagare con i soldi..." Ci fu un attimo di silenzio, poi riprese a parlare. "...ma con la vita." Spalancai gli occhi. Sentivo i passi dell'uomo sconosciuto dirigersi verso di me. Mi prese e incominciai a urlare.

"Smettila, tanto non ti sente nessuno. Sei in mezzo alla campagna". Ignorai le sue parole. Mi tappò la bocca con la sua mano, gemetti di terrore.

"Prova a urlare ancora, e ti uccido direttamente qui sul letto".

I miei occhi erano lucidi e rossi, cercavo di trattenere le lacrime. Mi tenne stretto le mani dietro la schiena. Continuava ad aprire porte, poi si fermò. Mi spinse violentemente sulla sedia e legò sia le mani che i piedi. Accese la luce e vidi dei corpi morti per terra. Erano lì da più di un anno, si sentiva l'odore.

"Comportati bene se non vuoi fare la loro stessa fine." Disse.

Accennò un sorriso di piacere, godeva nell'uccidere gente innocente. Ero spaventata. Mi facevano male i polsi, la corda era legata stretta. L'uomo uscì dalla stanza, poi tornò con una valigetta rossa in mano. La posò per terra, la aprì e tirò fuori un laccio emostatico, una siringa, un cucchiaio, un accendino e una sostanza bianca. Prese il cucchiaio e la sostanza bianca, la mise a scaldare con l'accendino, facendola sciogliere. Prese la stringa e la legò sotto la spalla, poi l'ago e ci mise la sostanza che aveva appena sciolto.

"Questo ti farà eccitare" Disse. "No, ti prego! Farò qualsiasi cosa, te lo giuro" Incominciai a piangere, le lacrime non smettevano di scendere.

"Zitta e stai ferma. Più ti muovi, più ti farà male. Poi, tra qualche giorno me ne chiederai ancora" Continuava a sorridere. Era felice di farmi soffrire. Iniettò la sostanza nelle mie vene. Caddi in un sonno profondo. L'unica cosa che sentii fu uno sparo provenire dall'altra stanza, dalla porta di entrata.

"Ma che cazzo..."

All Was a Lie - Tom KaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora