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Le mani grandi e sottili di Luke si perdono all'interno dei suoi ricci indomabili. Sembrano un groviglio di lana. Io tante volte li ho accarezzati e vi assicuro che è una strana ma intesa sensazione. Nonostante il loro essere così morbidi e tremendamente profumati. Muovendoli rilasciano la scia che si insinua nelle narici di chi li sta di fianco senza chiedere il permesso.

La mia mano si posa esattamente sulla sua. I suoi capelli si intromettono in questo tocco come fossero dei guardoni. I nostri occhi si legano e forse per la prima volta non si stanno capendo. La lucidità rafforza il marrone cioccolato delle sue iridi. Perché stai piangendo adesso?

<Luke! Mi stai spaventando!>esclamo con voce tremante, fissando i suoi occhi speranzosi che cercano conforto nei miei. <Quanto potrebbe mai essere difficile un semplice appuntamento da ridurti così?> Mi chiedo domandandomi cosa stia realmente turbando il mio amico. Mentre lo osservo, un'ondata di preoccupazione mi travolge, poiché improvvisamente mi rendo conto di non averlo mai sentito menzionare altre compagnie con cui uscire... È sempre stato solo con me, come se fossimo legati da un filo invisibile che ci tiene uniti.

<E se sbaglio qualcosa? E se poi non vorrà più vedermi? Adesso invento una scusa e me ne libero... >
<Frena, frena... - afferro il suo viso fra le mani, lo avvicino al mio e poso la mia fronte sulla sua. Non stai ragionando. Stai tranquillo adesso organizziamo tutto. >

Li lascio un leggero bacio sulla fronte. Afferro il mio cellulare e avviso i miei genitori che resto da Luke.

<Forza scendi caca sotto! > lo spintono verso la portiera che scatta aprendosi. Sarà difficile, ma ci devo tentare. Il difetto di Luke è che, quando ha paura di qualcosa preferisce nascondersi più tosto che affrontarlo.
<Che poi io non lo so nemmeno se è un appuntamento o una semplice uscita! > mi guarda con due occhi smarriti. Sembra un piccolo animaletto abbandonato in cerca di protezione.

Una volta entrati in casa la voce di sua madre ci raggiunge da dentro la cucina. La casa di Luke è un modesto appartamento indipendente situato in una zona tranquilla di periferia. I colori delle pareti sono di un blu inteso, mentre i mobili sono di un bianco lucido. Sembra di stare in un oceano con tanto di riflesso del sole che luccica accecandoti come una giornata estiva.

Sono colori che portano calma, serenità e che infondono una sorta di tranquillità. C'è stato un periodo della vita di sua mamma davvero triste. Ha iniziato a soffrire di depressione dopo la morte del marito avvenuto tragicamente in un incidente stradale. È stato un dramma per tutti, Luke era un ragazzo di undici anni, in piena adolescenza, con la voglia di scoprire il mondo; invece, si è ritrovato ad accudire sua mamma che si stava arrendendo al suo dolore. È stata l'analista a suggerirgli di colorare la casa di colori che la facevano stare bene...

<Oh, Zaira ci sei anche tu! > il suo abbraccio è sempre molto stretto, ha il bisogno perenne di sentire le persone su di lei. Ha bisogno del contatto è la diagnosi dell'analista... <Spero che non sia un problema Kara! > <Ma no certo. Anzi almeno ho un po' di compagnia, ultimamente Luke è taciturno, quasi assente...> Mi volto verso il mio amico rimproverandolo con lo sguardo, ma lui sembra distratto ancora una volta, così, gli tiro uno schiaffo dietro il collo < Ahi! Da quando sei così manesca? > si massaggia la parte colpita.
<Uno, ti ho solo sfiorato, due da quando non presti attenzioni a tua madre? Sarai punito per questo! Kara dai pure a me la porzione di Luke. Lui è in punizione! >
<Non ascoltarla mamma. > la chiude fra le sue braccia annusandone il suo profumo di vaniglia.

<Smettetela e sedetevi entrambi. > così mangiamo una buonissima fetta di ciambella al latte fatta direttamente dalle mani esperte di Kara.

Adesso siamo entrambi nella camera di Luke. Io sono sdraiata sul suo letto. Una posizione più che normale visto il nostro rapporto, lui è davanti dall'armadio e mi sta dando le spalle.

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