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Zaira

La domenica sta trascorrendo senza intoppi, fortunatamente. Shane è sparito insieme al mio amico Luke. Esatto, Luke non ha salutato neppure nel nostro gruppo, non ha partecipato ad una sola conversazione, sembra quasi si sia eclissato.

Tutta questa situazione mi fa male. Non volevo di certo arrivare a questo punto proprio con lui; praticamente, ora ho perso il mio migliore amico, ma mi sono avvicinata al mio nemico. Sto cercando di restare tranquilla, lasciargli il tempo di sbollire la rabbia, magari di riuscire anche a capirmi... Sì, capire che ho fatto una grandissima cazzata.

Per tenermi occupata mi sono dedicata al giardinaggio e ho curato il piccolo roseto all'interno della nostra proprietà. Mi piace passare il tempo in mezzo a quel profumo, in mezzo a quelle rose che mio padre cura con tanto amore. Spesso l'ho trovato lì, mentre parla con i fiori e li accarezza come se stesse accarezzando sua moglie. Al centro di questo roseto spicca una rosa il cui gambo lungo e le foglie dal colore verde intenso lucido la fanno risaltare tra le altre. Si distingue per i suoi petali rosso porpora e attira tutte le attenzioni, specialmente quelle di chi l'ha creata, oscurando le altre. La sua dolcezza, il romanticismo e il lato grezzo di chi l'ha creata sono tutto per lei: l'unica rosa rossa che farà parte della sua vita per sempre.

E poi c'è il fiore dedicato a me: un giglio... Unendo i semi dei gigli, che simboleggiano la devozione e la purezza del giglio bianco, insieme all'ammirazione e alla tenerezza del giglio rosa, papà ha creato un fiore che rappresenta i suoi sentimenti nei miei confronti. È stato grandioso a plasmare tutto questo con le sue mani, rude e callose dovute al duro mestiere che svolge. Eppure sono state capaci di creare qualcosa di così fragile, delicato; quelle stesse mani che ogni giorno dimostrano il folle amore accarezzandoci con dolcezza.

Sono immersa con le mani nella terra e, allo stesso tempo, La mia mente si immerge nei ricordi...

Un pomeriggio d'inverno ero talmente triste perché Marcus si rifiutava di incontrarmi da due giorni senza darmi una spiegazione. Non sapevo se avessi fatto qualcosa di sbagliato o se lui fosse davvero impegnato con il suo lavoro, che peraltro non avevo ben compreso. L'unica cosa che sapevo, era che non frequentava nessuna scuola e che per mantenersi aiutava suo zio. Fare l' investigatore privato, richiedeva privacy e pazienza; ma purtroppo quest'ultima qualità non era tra le mie doti. Due giorni erano troppi per me. Il desiderio di passare del tempo con lui era oppressivo. Mi piaceva stare tra le sue mani che a volte si limitavano ad accarezzarmi, mentre altre volte invadevano il mio corpo aspirandone ogni sensazione come se fosse una sigaretta al vento, dove la nicotina veniva bruciata esattamente come la mia energia.

Continuavo a camminare avanti e indietro nel giardino con il morale a terra. Non scherzavo neanche con papà e il suo tentativo di aiutarmi a uscire da quello stato apatico mi innervosiva ancora di più. Così mi imbattei in una strana conversazione tra mio padre e i suoi fiori.

Quella mattina eravamo rimasti a casa a causa del pessimo tempo che infuriava sul New York. Sembrava che il tempo stesso fosse arrabbiato, come se volesse distruggere qualcosa che lo rendeva furioso. Il vento soffiava senza sosta, piegando gli alberi sotto la sua potenza e strappando senza pietà le foglie dai rami. Ululava come se stesse protestando contro qualcuno che aveva commesso un'azione abominevole.

Forse stava davvero urlando contro di me a causa del mio comportamento irrispettoso!

Le parole di mio padre sferzavano il mio cuore esattamente come il vento sferzava il mio viso. Avrei dovuto restare in casa, come aveva detto la mamma, ma ultimamente faceva davvero fatica ad obbedire. Mi sentivo sempre sotto giudizio. I loro consigli mi urtavano e a volte mi ferivano, facendomi credere di non essere capace di fare nulla senza di loro. Eppure, mi sentivo pronta per il mondo e, pronta a uscire dalla campana di vetro in cui mi avevano rinchiuso a causa del loro amore. Volevo dimostrare che sapevo badare a me stessa...

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