LIZA
Gelo.
Elizabeth sollevò le palpebre, riaprendole e richiudendole un'infinità di volte per mettere a fuoco l'ambiente attorno a sé. Qualche momento ancora di forzata immobilità e riuscì parzialmente a scrollarsi di dosso il torpore innescato dal sonno, la pelle increspata dai brividi per aver dormito scoperta. Dalle persiane accostate filtrava una luce fiacca e bianca, tipica avvisaglia di una mattinata piovosa.
Si trovò sdraiata in una posizione stranissima: un braccio ripiegato sotto il petto e l'altro a coprirle la faccia, le gambe scomposte sullo stuoino e i piedi nudi. Mosse cauta le dita e queste arruffarono dolcemente una matassa di capelli neri come i suoi, ma corti e folti come radici. Nell'incoscienza, Kelua si grattò la punta del naso e si coricò sul fianco opposto, in risposta ai gesti di Liza. Alla sua destra Ragor non si mosse, continuando a dormire a pancia all'aria e con gli stivali ai piedi.
Sfarfallò nuovamente le ciglia mentre il cervello, adesso sveglio, rielaborava i motivi che l'avevano lasciata in quel modo, ennesimo impaccio che l'avrebbe torturata per tutta la giornata. Arrossì di vergogna resocontando le sue avventatezze.
Lüre.
Tornò seduta che teneva stretti i lembi della camicia per coprire il seno e si allungò per trafugare l'orologio dalla tracolla. La sensazione di bagnato che le aveva impregnato la biancheria non c'era più, eppure le persisteva addosso il ricordo fisico delle dita di Shade che la straziavano di beatitudine. Il rossore sulle guance si accentuò quel tanto da costringerla a tornare in piedi, il passo leggerissimo sul tappeto intrecciato per non svegliare i due.
Scese al pian terreno e sciacquò il viso più e più volte, rimuginando sull'accaduto con le dita nere a nasconderglielo.
Non chiamarmi Lüre, Elizabeth. Non farlo mai. Mi ricorda per chi e perché ho ucciso: per sopravvivenza.
I palmi vennero percorsi da uno spasmo, eppure non li scostò, adesso vergognosa dei suoi stessi capricci e desideri: l'assillo di voler tornare indietro di una manciata di ore e rivivere quel frangente d'intimità, quel rischio, quella muta supplica di possesso e controllo, ma in modo diverso.
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No human has shark teeth
Fantasía«Io che sono nato tra le ombre, ho giurato a Vankane d'insegnarti a sottomettere Far-Shee». * 4821. Elizabeth ha sette anni quando viene tratta in salvo da un isolotto disabitato dell'Arcipelago orientale, unica superstite di una spedizione di profa...