22-apparente lontananza

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Harry e Ginny avevano deciso, di comune accordo, di non rivelare il grosso incidente avvenuto a casa loro. Era inutile avvertirla, in quanto le avrebbe solamente portato inutili pensieri. Harry quindi era partito verso l'addestramento, ripromettendosi di parlare con Ronald e di sistemare quel macello che, senza volerlo, lui e Ginny avevano combinato. 

Nessuno di loro sapeva dove fossero diretti, finchè non lo scoprirono appena si materializzarono sul posto assieme al loro addestratore: erano in Norvegia, in mezzo ad una distesa di coltre bianca e di null'altro. L'aria gelida penetrava fin sotto alle ossa. Avevano camminato per decine di chilometri, trovando poi un luogo ideale per il proprio campo base, protetto da un piccolo monte. 

La sera si radunarono, a gruppetti, attorno al focolare. Harry e Ronald erano seduti l'uno a fianco all'altro, assorti nei propri pensieri osservando il fuoco. Harry quindi provò a parlargli, il momento sembrava giusto. 

«Sei arrabbiato?»

«Deluso» al contrario di Harry, voltato a osservare il proprio amico, quest'ultimo non aveva spostato lo sguardo. 

«Lo capisco, credimi»

«No, non puoi capire. Tu sei sempre stato il prescelto, le ragazze avrebbero fatto di tutto per stare con te. Mentre io? Sono l'amico sfigato, mollato per di più da lei» si era alzato e se ne era andato dentro la sua tenda, non volendo più sostenere alcun discorso di quel genere. Era arrabbiato, con tutti. Lo avevano trattato nuovamente come uno stupido. Si era sentito sempre come l'anello debole del trio e quella ne era la riprova. Aveva perso completamente fiducia in loro, specie con l'ennesimo segreto di cui lui non avrebbe saputo nulla. 



Il sabato successivo arrivò con più anticipo del previsto. Hermione, per tutta la settimana, aveva faticato a incrociare il Potion Master e, quelle poche e miracolose volte che succedeva, non erano mai soli. Non l'aveva cercata e non avevano instaurato nemmeno una discussione che fosse semplicemente lavorativa. 

Veniva trattata come se non esistesse, ai suoi occhi. 

Ciò le procurava un dolore sordo, chiedendosi per l'ennesima volta se aveva senso farsi ripetutamente del male. Una tenue speranza si era accesa la sera di Halloween, quando di getto l'aveva baciata. Ma da quel momento le cose erano di nuovo peggiorate. 

In fondo al proprio cuore, lei sapeva qual era il vero problema, un problema che portava un nome preciso: Lily Evans. Un fantasma poteva creare terremoti emotivi di questa portata? Si. Finchè Severus non avesse avuto il coraggio di allontanare dal proprio cuore le ombre del passato, non sarebbe mai stato in grado di accettare Hermione nella sua vita. Peccato che non sapesse quanto, in realtà, Lily fosse solo l'apice di un iceberg profondo, le cui radici risiedevano nella propria infanzia, passando per l'adolescenza, fino ad arrivare all'età di giovane uomo.

Sospirò, voltando lo sguardo verso il vestito blu notte che aveva preso, assieme a Ginny, da Madame McClan. L'umore non era dei migliori, per partecipare ad un rinfresco raffinato e ricco, ma oramai aveva risposto all'invito, confermando la propria presenza. 

Per un attimo si chiese il motivo di quel party ma per logica arrivò ad un'unica spiegazione: dopo un periodo in cui la famiglia Malfoy si era volontariamente ritirata dall'alta borghesia, scongiurando ulteriori malelingue sul loro nome, aveva poi deciso di reintrodursi nella società, apparendo ai più come ben disposti nei confronti di ogni Mago o Strega, senza alcun pregiudizio. 

Hermione sapeva quanto quell'atteggiamento fintamente buonista fosse solo una facciata, con lo scopo di non vivere più nell'emarginazione. Chissà se Malfoy Senior aveva ancora smania di entrare nella Politica Magica Londinese...

Maschera redenta (snamione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora