9. la stagione dei cambiamenti

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Faceva freddo quella sera, molto freddo

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Faceva freddo quella sera, molto freddo. La luna regnava sovrana nel cielo newyorkese, illuminando il paesaggio fatto di grattacieli e lunghe code di auto. Peter stava oscillando per i palazzi. Doveva andare dal dottor Connors a scoprire il mistero che era quella sostanza nera.

Era nervoso. Non aveva idea di cosa lo aspettasse ma tutto ciò che sapeva era una parola: caos totale. Aveva paura, molta paura. La mente non si voleva dare pace, essa vagava libera per i suoi meandri più oscuri, non lasciando tregua al ragazzo. Si sentiva stretto in una morsa, una pericolosa e inespugnabile.

Oscillò ancora e ancora fino ad atterrare sul palazzo in cui era situato il laboratorio del dottore. Piombò in laboratorio e Connors spalancò gli occhi nel momento in cui lo vide. Era sorpreso del fatto che Spider-Man fosse venuto da lui a quell'ora della notte. Pensò che di sicuro sarebbe stato qualcosa di estremamente importante.

"lei è il dottor Connors, giusto?" chiese, fingendo di non saperne il nome.

"sì, sono io. Hai qualcosa di importante da comunicarmi?" esordì l'uomo.

"a dire la verità, è una questione di vitale importanza. Potrebbe mettere a rischio tutta la città" disse Spider-Man prima di mostrare a Connors la teca contenente quella strana materia.

"oh santo cielo"

Il dottore fece cadere la tazza di caffè che teneva in mano, la quale si distrusse in mille pezzi. Portò una mano sulla fronte che stava già sudando freddo dal misto di stupore e terrore. Spider-Man, da sotto la maschera, spalancò gli occhi per la paura.

A dire il vero, ciò che lo spaventava di più era l'ignoto, il non sapere a che cosa si sta andando incontro. Lo terrorizzava a morte.

"è tornato" disse, in preda allo sgomento totale.

"Cosa è tornato, dottore?" chiese Spider-Man con fare impaziente.

"il simbionte" esordì all'improvviso, prendendo la teca tra le mani "tutte le operazioni che la Oscorp ha messo in campo per eliminare quelle tracce di meteorite sono andate in fumo"

"meteorite?" chiese Spider-Man aggrottando le sopracciglia.

"esatto. Il simbionte deriva da resti di meteorite e se viene liberato si deve aggrappare ad un ospite per sopravvivere. Assedia la mente, distorcendo i pensieri e le intenzioni. È molto, molto pericoloso"

"si può distruggere?" chiese d'impeto il ragazzo, visibilmente in ansia dal modo in cui si stava torturando le mani.

"ancora non abbiamo trovato un modo. Ci sarebbe un generatore qui alla Oscorp ma è in fase di sperimentazione. Per ora lascia qui il simbionte, me ne occuperò io"

Spider-Man fece come richiesto e uscì dal laboratorio, prima di dirigersi a casa propria e cercare di dimenticare ciò che aveva appena vissuto. Era in preda al subbuglio più totale. Le mani gli tremavano. Pensava che avrebbe dovuto salvare la città un'altra volta, da qualcosa che nemmeno egli conosceva.

E se non ci riesco? Come faccio, come faccio?! Non posso lasciare che la gente muoia a causa mia, non posso permettermelo.

Come ogni giorno della sua vita, Peter si sentiva la responsabilità dell'intero mondo addosso. Aveva dei lati positivi, certo, come la soddisfazione di essere ammirato e visto come un eroe ma spesso e volentieri, gli aspetti negativi sovrastavano gli altri. Il costante essere in tensione, la paura di non farcela, il terrore del fallimento lo perseguitavano ogni notte, proprio nei momenti cìin cui la mente era sola con se stessa.

Ogni notte era la stessa storia ma in qualche modo, Peter riusciva a farla trascorrere.

E fu così. La notte passò seppur lentamente, molto lentamente. Era arrivata la luce aranciata del mattino che gli accarezzò il volto dolcemente. Quel calore gli ricordava tanto la mano quasi fatata di zia May, l'unica donna che si prese cura di lui per tutta la sua vita, anche fino alla morte. Zia May era una brava persona, per davvero. Amava aiutare gli altri, amava il prossimo più di se stessa, proprio come il nipote. Fu per questo che decise di aprire il FEAST, il centro di accoglienza per senzatetto anni e anni prima. Il suo motto era 'se aiuti qualcuno, aiuti il mondo' e Peter se lo portava nel cuore.

Non la avrebbe mai dimenticata, mai.

Come tutte le mattine, il ragazzo si preparò e andò alla ESU. Di rado non seguiva le lezioni ma questa volta capitò. Egli tenne per tre ore di fila la testa sul banco, cercando di riposare dato che la notte precedente non aveva chiuso occhio. Devon riuscì a percepire la tensione e lo sgomento negli occhi così profondi e stanchi del ragazzo, così bisognosi di una pausa, di una tregua.

"Pete, è tutto okay?" gli disse la ragazza avvicinandosi a lui e accarezzandogli teneramente il braccio.

"si, non ti preoccupare Dev. È solo che non ho dormito ieri notte, tutto qui"

"però mi sembri preoccupato...sei sicuro che non sia successo qualcosa?"

"si, tranquilla" tentò di rassicurarla, abbozzando un sorriso. Pensò che quello di Devon fosse stato un gesto tenero. Nessuno si era mai preso la briga di controllare se stesse bene, apparte Harry, Maya e Devon, i suoi migliori amici. Per lui erano l'intero mondo e avrebbe fatto carte false pur di proteggerli.

In un attimo gli tornarono in mente le scene della giornata prima che lo travolsero come un treno in corsa: il corpo sinuoso della ragazza sopra il suo, quegli occhi grigi come la cenere...

Le gote di Peter assunsero un colorito rosso come il fuoco e Devon se ne accorse. La sua semplice presenza lo mandava suddigiri. Le piaceva l'ascendente che aveva su di lui.

"Dev, ti va di fare un giro?" propose il ragazzo di getto, guardandola in quegli occhi penetranti.

"ma abbiamo lezione" esordì Devon dispiaciuta.

"al diavolo allora" le sorrise.

"Peter Parker che salta le lezioni? In quale multiverso siamo?" scherzò la ragazza dai capelli corvini prima di dirigersi verso l'uscita dell'università, accompagnata da Peter. Il sole splendeva sereno nel cielo adornato da qualche soffice nuvola qua e là. Entrambi si godettero il calore che emanava il sole sui loro corpi infreddoliti. Era una sensazione rigenerante.

Iniziarono a passeggiare fino a ritrovarsi a Central Park gremito, come al solito, di gente che passeggiava. Il colore delle foglie virava dal verde chiaro all'arancione e rosso.

"quanto amo l'autunno, è la stagione dei cambiamenti"

"perchè dici così?" le chiese Peter, visibilmente incuriosito.

"sai, mia sorella Debbie ha trovato lavoro cinque anni fa proprio in questo periodo. È stato l'inizio di un percorso di crescita per noi due" gli sorrise.

"anche mia zia è morta in questo periodo due anni fa. Da quel momento non sono più lo stesso"

La ragazza non disse niente ma il suo corpo parlava per lei. Lo abbracciò così forte da fargli mancare il fiato e Peter apprezzò appieno il contatto così puro e delicato tra i loro corpi. Si sentiva confortato, rincuorato nel profondo dell'animo.

Si sentiva vivo.

UNDER MY SKIN - spider-man Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora