Capitolo 8

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Il parcheggio era pieno. Come lo era il prato dell'abitazione: matricole della confraternita erano sparse qua e là sul prato, con ognuna una bottiglia in mano e una sigaretta nell'altra. L'aria era una nube di fumo, stanziata davanti la casa.
Diedi qualche colpo di tosse quando ci passai attraverso. Oltrepassammo la porta e, facendoci spazio tra le persone, Dan mi prese la mano per non perdermi di vista. E io gliela strinsi, sentendomi più sicura.
C'era già gente collassata a terra, sulle scale che portano ai piani superiori occupati dalle stanze. E la festa era iniziata da poco.
Intravidi Debbie che circondava con le braccia il collo di qualcuno: avrei scommesso che quello era il collo di Niall. E centrai alla grande. C'era Niall, con un volto leggermente cupo, che teneva un braccio intorno la vita di Debbie che gli era seduta sopra. Le rivolse un sorriso quando gli bisbigliò qualcosa all'orecchio: devo ammettere che quei due erano proprio carini, e Debbie mi aveva anche confidato di avere una cotta qualche tempo fa.
"Sono lì" sovrastai il chiasso e indicai i ragazzi a Dan che stavano sul divano.
Mentre ci avvicinavamo, Niall incontrò il mio sguardo e spostò delicatamente Debbie da lui, e si alzò.
"Aspettavo una tua chiamata oggi." esclamò quasi in tono predicatorio assottigliando lo sguardo.
"Scusami, io.." Mi feci piccola.
"Ragazza, testa sulle spalle." Disse con aria seria. Venni colta di sorpresa quando mi strinse, dandomi qualche pacca dietro la schiena. Non mi diede neanche tempo di lasciare la mano di Dan, che si rimise dove era stato fino a qualche secondo prima.
Mi voltai verso Dan con aria interrogativa. Alzò le spalle come per dire che nemmeno lui era riuscito a cogliere il messaggio, ridacchiando un attimo dopo.
Spintonò qualche persona, sporgendo le nostre mani strette per farmi passare tra i due divani frontali. Passai e superai Niall con Debbie. Mi chinai, tenendomi in equilibrio grazie alla presa di Dan, e mi sporsi a Zayn.
"Sei bellissima, piccola." Mi sussurrò all'orecchio quando ci stampammo a vicenda un bacio sulla guancia, e mi fece l'occhiolino accennando verso Dan. Scossi la testa in segno di disapprovazione: sapevo cosa intendesse. Tornando indietro, con la coda dell'occhio vidi due figure sedute al divano di fronte, che tenevano lo sguardo su di me.
Ciò da cui sei scappata in questi ultimi mesi, è appena riapparsa nella tua vita ora che sei riuscita a voltarti avanti.
La mia coscienza continuava a scuotere la testa, cercando di autoconvincersi che non fosse chi credeva.
Il tempo sembrava fermo, le persone intorno iniziarono a rallentare. Mi presero le palpitazioni e la mano, chiusa in quella di Dan, iniziò a sudare.
Testa sulle spalle, ragazza. Ripetevo.
Presi in considerazione una via di fuga, ma i piedi non rispondevano. Fu allora troppo tardi, quando il mio sguardo si mosse verso ciò che era attratto: un po' come la falena attratta dalla luce.
Nel momento che incontrai quei due occhi color nocciola, dove avevo trovato il mare poco prima e dove affogai poco dopo, il cuore perse un colpo, le gambe cedettero e di colpo il resto si annullò: eravamo solo io e lui, sul campo. Di guerra o di pace non si sa.
Sentii per un secondo l'impulso di mollare tutto e di voler sentirmi tra le sue braccia: mi sarei sentita viva, perché è quello che stavo aspettando dal giorno che non lo vidi più. E mi sarei sentita bene, come l'ultima volta che le sue mani avevano toccato il mio corpo.
Il minuto dopo sentii l'impulso di schiaffeggiarlo, fino a fargli sentire quello che aveva provocato dentro di me. Ma sarebbe stato difficile, a meno che non gli avessi trafitto il cuore con un coltello.
Quando la ragione tornò a ragionare, però, volevo solo piangere. Cadere lì, a terra, davanti tutti, e piangere. Piangere fino alla disitratazione. Piangere fino a rivivere quelle notti insonni che avevo passato da sola nel letto, con le coperte che sapevano di lui e del suo profumo.
"Ciao Mad" Jason parlò per primo, con tale freddezza che sentii un brivido attraversarmi la schiena.
Gli feci un cenno di saluto con la mano, semplicemente. Le parole mi morivano in bocca.
Harry, invece, limitò ad annuirmi con la testa, distogliendo subito lo sguardo. Quasi imbarazzato.
Era stato lui a portarmelo via e ora se ne stava seduto sul divano della confraternita di mio fratello, imbarazzato.
Feci un cenno di rimando.
"Vado a prendermi da bere" la prima scusa che mi venne, per allontanarmi da quel posto che mi risucchiava le energie. E l'alcol me l'avrebbe ridate tutte. Anche in più. Così l'adrenalina, che mi sarebbe circolata nel corpo, avrebbe potuto darmi una mano a tenere testa. E a prevalere su qualcuno se ce ne fosse stato bisogno.
Sembrava che ci misi un'eternità a raggiungere la cucina. Aprii il frigo.
"Maddie" Mi sentii chiamare in lontananza. Trovai America alle mie spalle quando mi voltai.
"Mi hai fatto prendere un colpo." Mi misi una mano sul petto, con il cuore che tentava di uscire fuori.
"Si..beh..scusa" Mi fece quegli occhi dolci a cui non riuscivo mai a resistere.
"Si, scuse accettate." scossi una mano davanti il suo viso e tornai a guardare nel frigo.
"L'hai visto?" Diventò seria.
"Chi?" Intanto presi la prima bottiglia che mi capitò sotto le mani: lì di analcolico c'era solo l'acqua. Non credo di averla mai trovata però.
"Oh Mad, ti prego" alzò gli occhi nel momento in cui mi voltai per cercare un apri-bottiglie.
"Qui quella che dovrebbe alzare gli occhi sono io, America. Anzi, dovrei trovarmi al dormitorio ora." Aprii la bottiglia.
"Mi dispiace Mad, ma mi era stato detto.."
"No America. Io sono la tua migliore amica e questa" indicai con il dito i presenti che stavano in sala "me la dovevi far evitare. Mi avresti potuto dire che ci sarebbero stati, non l'avrei detto a nessuno. Nemmeno al tuo amichetto. Me ne sarei stata a casa, tranquilla e serena. Tanto non sarebbe stata la prima festa a cui non sarei venuta. Invece, sto qua. Come una deficiente." Le mie parole sapevano di delusione. Non rabbia.
Lei non accennò a risposta.
La guardai come per dirle di andarsene, sorseggiando dalla bottiglia.

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