Capitolo 14

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Il riccio alzò un angolo della bocca, quasi si aspettasse la mia reazione.
"Harry" bisbigliai, più a me stessa, incosciente.
"Vuoi farmi entrare o hai intenzione di rimanere così per il resto della serata?" Diede uno sguardo alla mia figura, inclinando la testa di lato.

Rimasi come pietrificata per quelli che furono dei interminabili secondi. Il cuore martellava dentro la cassa toracica. E i piedi, incoscienti anche loro, si mossero senza che gli diedi nessun comando.
Tornai indietro di qualche passo, e da quanto capii dal rumore della porta che si chiudeva e dei passi strusciati a terra, Harry entrò.
"Cosa diavolo ci fai qui?!" Mi voltai a lui infuriata. Rimasi sorpresa di quella mia mossa improvvisa. Come se il cervello fosse andato in tilt, e si fosse poi ripreso facendomi ragionare tutto d'un tratto. Ripresi la mia posizione, cercando di nascondere la mia sorpresa.

"Ehi, calmati" alzò le mani in difesa, e ridacchiò. Forse perché non ero riuscita a fare una faccia troppo convincente. E il mio cambio d'umore l'aveva notato anche lui. Dopo tutto nemmeno io ero convinta di cosa stessi facendo o di cosa avrei dovuto fare.
"Non dovresti essere a festeggiare il tuo "ritorno"?!" Lo indicai con l'indice, prima di fare le virgolette con le dita. Forse neanche quella mia affermazione travestita da domanda suonava bene.
"E tu non dovresti stare lì, con me?" Sembrava volesse imitare il mio tono. Con lui? "Cioè, con noi?" Si corresse, leggendomi nella testa.
"Ho ben altro da fare" indicai con lo sguardo il computer sopra il letto, del quale lampeggiava solamente una piccola lucina.
Seguì il mio sguardo sul pc. "Oh andiamo Maddie, scommetto che quelle saranno almeno per il prossimo mese." Poi lo rivolse di nuovo su di me.
In realtà sono per la fine dell'anno Harry, aggiunse il mio subconscio.
"Anche se fosse?! Non vedo dove sia il problema. Questo è un paese libero, ed io sono libera di fare ciò che voglio, fino a prova contraria no?" Non so che faccia potevo avere in quel momento, con le mani poste sui fianchi, ma sembravo alquanto divertente per gli occhi di Harry.
"Certo, e sei libera anche di venire con noi." Stese le dita della mano e le passò tra i capelli, rendendoli ancora più disordinati. Ma sempre bello era. Cosa?!
"Non è libertà, finché tu non mi dai la possibilità di scegliere cosa fare della mia vita." Incrociai le braccia sotto il seno e mi strinsi ancora di più nella felpa, sentendo del vuoto intorno a me. A noi.
Solo in quel momento mi accorsi di come la figura di Harry mi sovrastasse: era, diciamo, qualche centimetro più alto ed aveva delle possenti braccia tenute dalle larghe spalle. Il bacino si andava leggermente a restringere fino alla vita, dove cominciavano le gambe minute che tenevano in piedi il peso di quel ragazzo. I capelli gli erano cresciuti un pochino dall'ultima volta che l'avevo visto, dove sembrasse portare un cespuglio concentrato sulla testa. Ora, invece, quei ricci, differentemente perfetti, si erano allungati e avevano perso la forma ondulata.

Fui portata via dai miei pensieri vedendo una mano sventolare davanti i miei occhi. La sua mano.
"Mi hai sentito?" Si era avvicinato nel frattempo. Era vicino. Eccessivamente vicino da farmi indietreggiare.
Scossi la testa in tutta risposta. Mi sentivo fiacca, senza motivo. E quel senso di vuoto si stava facendo spazio per l'ennesima volta in me, dentro lo stomaco, creando dei boati che attraversavano la mia gola fino a bloccarsi di fronte le labbra serrate.
La rabbia era stata sostituita da un'inspiegabile tristezza.
Sentii le gambe come gelatina e l'istinto mi portò a sedermi al divano, senza preoccuparmi dell'ospite.
"Stai bene?" Mi guardò con espressione allarmante, facendo dei piccoli passi cercando di non farsi notare.
"Si" biascicai. Lasciai cadere la testa indietro, e le palpebre furono improvvisamente pesanti.

Sentii qualche rumore provenire dal fondo della stanza. Aprii gli occhi e vidi il moro con il naso ficcato dentro il piccolo frigorifero, che aveva comprato da poco America, in casi d'emergenza.
Una mano teneva lo sportellino, e l'altra, che muoveva senza sosta, era alla ricerca di chissà cosa.
Dopo non so quanto tempo, raddrizzò la schiena e chiuse il frigo, con in mano una bottiglia. Presupibilmente d'acqua.

"Dovreste riempirlo, se no a cosa mai dovrebbe servire un frigo vuoto?" Versò dell'acqua in due bicchieri di plastica.
Alcune ciocche di capelli gli ricadevano sulla fronte, e altre più lunghe al lato della guancia. Non era una vista così orribile, dopo tutto.
"Tieni." Prese posto alla mia destra e mi poggiò il bicchiere pieno d'acqua sul palmo della mano.
"Grazie" Strinsi le dita intorno a questo e lo portai alle labbra, bevendone tutta l'acqua. Avevo la gola secca e chissà da quante ore non avevo più toccato acqua.

Anche lui bevve. Con la coda dell'occhio riuscì a distinguere il suo sguardo su di me. Quasi bruciava. Ma allo stesso tempo mi faceva stare bene. Quell'attenzione che mi stava dando, non l'avevo più avuta dopo..chi tutti sanno, ormai. Nessuno mi aveva guardato più con quegli occhi, rassicuranti e preoccupati allo stesso tempo.

Il fondo del bicchiere si era quasi fuso con lo sguardo fisso che avevo su lui. Non avevo battuto ciglio, e Harry sembrava aspettasse che aprissi bocca.
"Ho ordinato una pizza." Lo accontentai.
"Ne ordino subito un'altra, magari con qualche bibita." Tirò fuori il telefono dai jeans, soliti neri. "È la solita, giusto?" Mi rivolse un sorriso innocente. Eppure sentii una fitta nello stomaco. Si Harry, la solita in cui andavamo con Jason. La prima pizzeria di cui avete varcato la porta la prima sera che avete passato qua.

"Si, Harry." Sembrò capire, e si alzò allontanandosi nella camera da letto, digitando sul telefono qualche numero. Credo.



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Chissà che intenzioni hanno i due. X

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