Capitolo 1

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«Ehi, rossa! Muoviti, tocca a te.»

L'energumeno sulla porta la fissava con un fastidioso sorrisetto. Si guardò un'ultima volta allo specchio per controllare che il trucco resistesse e fece una smorfia sistemandosi i capelli.

Non aveva mai pensato di farsi rossa, o per lo meno, non di quel ridicolo rosso così acceso.

Mentre la musica nella sala dello Stardust finiva e si alzava il coro di fischi e applausi, si diresse verso l'uomo con un vago senso di nausea. Odiava ogni attimo di quello che stava per fare, ma la aiutava ripetersi che era necessario e che presto sarebbe finita.

Iana, la ragazza che aveva appena ballato, le passò accanto per tornare nel camerino, si scambiarono un sorriso sulla porta, poi entrò, lasciandosi cadere su una poltroncina consunta.

Era stanca ma, a differenza di lei, lo era come lo sarebbe stata una commessa a fine giornata; lo diceva sempre, che quello era un lavoro come un altro. Ma per lei non era così. Non ce la faceva ad abituarsi.

Con passo incerto su quei maledetti tacchi a spillo, raggiunse la pedana e quando dalle casse uscì l'ultima canzone che le era stata assegnata per quella sera, si concentrò sui movimenti che si era fatta suggerire dalle altre ragazze, grata di avere abbastanza luci negli occhi da non riuscire a vedere gli spettatori.

Non riuscì ad andare a tempo ma su quel palco il ritmo non contava. Immaginava che se anche la musica non ci fosse stata, a nessuno sarebbe importato. Si tolse la vestaglietta semitrasparente, facendola scivolare a terra. Poi, uno alla volta, con studiata lentezza, quasi tutti i pezzi di quella sottile armatura di pizzo caddero a terra, tra i fischi e le volgarità del pubblico.

Le luci cambiarono, il palco rimase in penombra, la musica finì cedendo il posto al brusio soddisfatto degli spettatori. Raccolse rapidamente le sue cose e tornò nel camerino; anche per quella sera aveva finito. Si struccò alla meglio, cacciò tutti i pizzi nella borsa e indossò i suoi vestiti. Erano quasi le cinque, presto Lucas sarebbe arrivato col solito camioncino scassato e le avrebbe portate tutte all'appartamento in cui le avevano piazzate. Avrebbe ammirato l'alba lungo il tragitto, poi finalmente avrebbe potuto dormire.

***

Si svegliò all'ora di pranzo, tre delle sue coinquiline dormivano ancora. Salì sulla terrazza a tetto dove Iana e Cati stavano lavorando alla loro abbronzatura integrale: era solo metà giugno, ma entrambe avevano già un invidiabile colorito dorato.

Si avvicinò alla ringhiera e si guardò intorno. Le piaceva stare all'ottavo piano perché riusciva a vedere molto lontano: il palazzo era lungo uno dei viali più trafficati della periferia di Firenze, guardando giù si potevano vedere solo una perenne coda di macchine nervose, un benzinaio e le palazzine del mercato ortofrutticolo. Ma se non ci si soffermava su tutto quel cemento, lo sguardo poteva spaziare sui campi che lambivano la periferia e ancora oltre, fino a Monte Morello e alle dolci colline che racchiudevano la città nella sua culla.

Non c'erano palazzi più alti nelle vicinanze, quindi si spogliò completamente, per seguire l'esempio delle sue amiche. Le due ragazze ridevano, parlottando tra loro in rumeno. Non sopportava di chiacchierare appena sveglia, così quando le due cercarono di trascinarla nel vortice di pettegolezzi, si limitò ad ascoltarle spalmandosi la crema solare.

«Stasera non verrà Lucas a prenderci. Ho sentito che stamattina Taro l'ha fatto pestare a sangue, non ho capito bene perché.»

«Sono proprio contenta, non lo sopporto! Quello stronzo allunga sempre le mani. Chi verrà al suo posto?»

«Non lo so, ma spero proprio che venga quello con l'aria da duro.»

«Ma chi? Quello con la cicatrice?»

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