Capitolo 5.1

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La luce che filtrava dalla veneziana raggiunse il suo volto svegliandola. Aprendo gli occhi imprecò per essersi dimenticata di togliere le lenti a contatto prima di addormentarsi. Non fosse stato per quelle sarebbe rimasta ancora qualche minuto nel letto, invece decise di alzarsi nonostante un terribile mal di testa.

Quando si stropicciò il viso sentì una lieve fitta di dolore nella parte sinistra, il ricordo della sera precedente. Con gli occhi impastati per il sonno, il trucco e le lenti, ci mise un po' a realizzare che quella non era la sua stanza, e dopo l'iniziale sgomento ci volle ancora qualche secondo prima che si rendesse conto di trovarsi nella stanza in cui l'aveva condotta Ares la sera prima.

Ares, che aveva creduto la volesse picchiare per farle pagare il bel gancio dato al cliente.

Ares, che invece le aveva dato il ghiaccio per non farle venire l'occhio nero.

Ares, che dormiva sdraiato per terra sopra una coperta piegata a metà ai piedi del letto in cui si era appena svegliata.

Ma che cavolo...? Istintivamente cercò di coprirsi, ma si rese conto di non essere nuda. Indossava una maglietta bianca tanto grande da sembrare una camicia da notte, la copriva quasi fino alle ginocchia. Sotto portava solo il perizoma.

Mettendo a fuoco i dettagli della stanza, vide una porta che dava su un piccolo bagno.

Tentando di non fare rumore lo raggiunse a piedi scalzi e chiuse la porta. Fece una smorfia guardandosi allo specchio; il pesante trucco era colato, "sembri un panda" le avrebbe detto Cati, e aveva gli occhi rossi, irritati dalle lenti. Avrebbe tanto voluto avere con sé il suo beauty, con lo struccante e le lacrime artificiali, ma si dovette accontentare di acqua e sapone. Ci mise quasi un quarto d'ora per tornare ad avere una faccia presentabile. Notò che intorno all'occhio sinistro c'era solo un lieve alone un po' più scuro. Se non avesse messo il ghiaccio sarebbe stato viola. Guardò con desiderio la doccia ma non voleva fare rumore, e soprattutto non aveva niente con sé. Si sistemò i capelli come poté e tornò nella stanza.

Ares dormiva ancora. Si accoccolò accanto a lui per cercare di leggere il suo orologio, ma non fece in tempo: la mano di Ares scattò ad afferrarle la gola serrandosi come una morsa. Ci si aggrappò con le unghie per farsi lasciare, terrorizzata vide il suo sguardo spietato metterla a fuoco, poi la mano si aprì, lasciandola libera. Tossì per riprendere fiato. Lui si alzò imprecando sommessamente, la prese di peso tirandola in piedi per farla respirare meglio e la guidò verso il letto, facendo poi un passo indietro.

«Ma sei impazzito?» gridò furiosa con le mani sul collo.

«Non farla tanto lunga. Ora sai che non ti devi avvicinare mentre dormo.»

Rimase stupita, si aspettava delle scuse, e invece sembrava che fosse tutta colpa sua. Lo guardò con gli occhi ridotti a fessure.

«Ma lo sai che sei proprio stronzo?»

Ares rimase impassibile. Si limitò a fissarla in silenzio.

«Che hai da guardare?»

«Niente.»

Tornò a sdraiarsi sulla coperta a terra. Lei lo stava ancora guardando furiosa.

«Cerca di non fare rumore mentre continui a guardarmi così. Vorrei rimettermi a dormire.»

Poi si girò su un fianco dandole le spalle senza aspettare una risposta. Lotti cercò qualcosa da tirargli contro ma non trovò niente. Soffocò una rispostaccia e si ributtò giù. Ma non si addormentò, le martellava la testa. Riusciva a malapena a pensare. Perché ho dormito qui? perché non ricordo niente? Si massaggiò le tempie per placare il dolore.

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