Capitolo 8.2

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Il viaggio in ascensore sembrò durare ore invece dei soliti quaranta secondi. Appena in casa Lotti scalciò via i tacchi e gli chiese due minuti per "togliermi questo strazio di vestito".

Si struccò rapidamente, poi indossò dei morbidi pantaloncini corti e la sua canottiera preferita, che aveva visto giorni migliori ma che lei usava ancora per dormire.

Tornò da lui che era ancora rigidamente in piedi davanti alla porta.

«Guarda che quello non è il privée. Togliti la giacca e siediti» gli indicò il divano e lo guardò finché non ebbe fatto quello che gli aveva detto. Appoggiò sul tavolino cotone, alcol, pinzette e bende, gli porse una sigaretta e un bicchiere di vodka poi si sedette a gambe incrociate sul divano accanto a lui. Tese la mano aspettando che lui le porgesse la sua. Non le sfuggì lo sguardo con cui stava osservando le sue gambe nude, né l'occhiata impacciata quando si rese conto che sotto la sottile canottiera non indossava il reggiseno. Lo vide esitare. È forse imbarazzo quello che vedo, signor Ti-spiezzo-in-due? Sorrise a questo pensiero.

«Che hai da ridere?» le chiese, immediatamente sulla difensiva.

«Niente! Mi chiedevo solamente se per caso tu non stessi mostrando una qualche reazione vagamente umana.»

«Cosa? Di che parli?» era evidentemente a disagio.

Guarda guarda com'è in difficoltà! Questa poi... Vede ragazze nude ogni sera non fa mai una piega. Che gli prende?

«La mano» tagliò corto. Lui gliela porse con un'occhiataccia, lei la prese con delicatezza.

Poi si dedicò con aria da chirurgo a rimuovere tutti i minuscoli frammenti di vetro dalle nocche insanguinate. Ares mandò giù la vodka tutta in un sorso, si accese la sigaretta, poi finalmente si sistemò comodo sul divano e chiuse gli occhi. Sembrava che la pinzetta che scavava nelle ferite non gli facesse alcun male. Osservando la mano così da vicino, Lotti poté notare che oltre le ferite fresche, la mano era costellata di cicatrici di varie forme e dimensioni. Devi aver dato un bel po' di pugni, vero bestione? Si fermò a guardarlo. Era strano non vederlo rigido, serio ed enorme come sempre. Appoggiato al divano, con gli occhi chiusi e i lineamenti distesi sembrava un'altra persona. Riprese a curarlo in silenzio, travolta dai pensieri che le ronzavano in testa a briglia sciolta.

Sembra così normale e tranquillo ora. Possibile che invece di solito riesca solo a irritarmi? Stasera poi... Accidenti, mi ha fatto perdere una grande occasione. Perché cavolo mi ha seguita?

Perché ti voleva proteggere, stupida!

Sì, ok, però che cavolo, non sono mica una bambina. So quello che faccio.

Ma lui come fa saperlo?

Be', in effetti... Ma non dovrebbe urlarmi contro. Chi si crede di essere?

Uno che rischia di mettersi contro Taro per pararti il culo.

Uff... Accidenti! Quindi lo dovrei pure ringraziare?! Non esiste, non gli darò mai questa soddisfazione. Con questa fasciatura siamo pari. Gli ho dato anche la vodka! Ma se spera che mi scusi se lo può scordare. Il fatto che abbia ragione non è un buon motivo per trattarmi così.

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