Capitolo 10.1

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Il suo vecchio motorino faticò a raggiungere il paese, soprattutto perché gli ultimi due chilometri erano un'unica salita piuttosto ripida. Lo parcheggiò lungo la strada, prima dell'ultima curva che portava al borghetto: voleva che la vedessero arrivare a piedi.

Con una vecchia guida in una mano e una piccola fotocamera digitale nell'altra, giunse alle prime case camminando lentamente e guardandosi intorno. Incrociò due donne sull'ottantina che camminavano a braccetto come per darsi sostegno a vicenda. La guardarono curiose, le sorrisero e la salutarono. Lei rispose al sorriso e le salutò solo con la mano.

«Deve esse' forestiera» disse una all'altra, che annuì e sorrise di nuovo alla ragazza.

«Icché la ci sarà venuta a fare in questo posto sperduto lo sa solo lei...»

«E la sarà venuta pell'agriturismo, di si'uro.»

«Ah già... c'è sempre un sacco di figlioli in qui' posto. L'ha fatto proprio un bel lavoro la Lucia. Mica come qui' delinguente di' su' fratello che sta a i' barre dalla mattina alla sera.»

Lotti si girò per non mettersi a ridere, e si perse il resto delle chiacchiere perché intanto aveva proseguito. Ogni tanto fingeva di leggere la guida e guardarsi intorno come se cercasse chissà quale tesoro nascosto. Incrociò altri vecchietti che la salutarono e la guardarono stupiti, come se il tempo si fosse fermato e lei fosse la prima faccia nuova da decenni.

Al centro del paese c'era una piazza quadrata circondata da basse case a uno o due piani. Al centro c'era un pozzo col parapetto in pietra sormontato da una griglia in ferro battuto. Sul lato opposto c'era una chiesa. A occhio doveva risalire più o meno al tredicesimo secolo, tutta in pietra e con un grande rosone di vetro colorato al centro della facciata sopra l'entrata, un portone massiccio, in legno rinforzato da bande di ferro battuto. Si soffermò a lato dell'entrata a leggere un cartello un po' scolorito dal sole in cui era brevemente riportata la storia della chiesa. Il portone era aperto e, come avrebbe fatto una vera turista, si affacciò alla porta. Ma subito una voce da dentro la fermò.

«Signorina, 'un si po' entra' così gnudi. Bisogna che la si copra almeno le spalle.»

Venendo da fuori, l'interno della chiesa era tutto buio, quindi dovette sforzarsi per vedere chi le aveva parlato; era una donna anziana che, nonostante ci fossero più di trenta gradi, indossava un abito accollato a maniche lunghe e uno scialle fatto all'uncinetto. Sarà di sicuro la perpetua del prete.

Finse di non capire e la guardò con espressione interrogativa. La donna le andò incontro, la prese delicatamente per un braccio conducendola fuori e ripeté la frase a un volume più alto, forse credendo che così avrebbe superato la barriera linguistica. Di nuovo Lotti la guardò e accennò un paio di parole in inglese. L'anziana non si perse d'animo. Prese un grosso respiro che le gonfiò l'ampio petto, e con una voce da soprano chiamo: «Luciaaaaaa! C'è una forestiera per te!» poi aggiunse, senza abbassare troppo il volume: «Vieni bellina, vieni con me, t'accompagno io» e prendendola a braccetto la portò alla porta dell'agriturismo.

L'insegna riportava il nome "L'Antica Torre", ma il disegno che lo accompagnava non era una torre: raffigurava lo schizzo di una grande villa a tre piani, il più alto dei quali era più stretto di quelli inferiori e il tetto, invece che di tegole rosse come il resto della casa, era piatto.

Mentre osservava il disegno, la porta si aprì e ne uscì una giovane donna che la guardò sorridendo.

«Tieni, Lucia, la si deve esse' persa, parlaci te che io 'un la capisco, la 'un parla 'taliano.» Poi si rivolse a Lotti alzando di nuovo la voce: «Signorina, la parli con la Lucia, che lei la mastica l'ingrese. Bona giornata!» e se ne andò.

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