Capitolo 8.3

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Il suo portatile era così antiquato che, nel lasso di tempo che impiegò per accendersi, Lotti ebbe il tempo di mettere via il vestito, riordinare un po' la camera, rollare una sigaretta e fare il punto della situazione. Mentre fumava vagava distrattamente per casa ripensando a tutto quello che era successo nelle ultime due ore: i quattro uomini al tavolo, Rosco con la Lexus, l'Ares arrabbiato che l'aveva riportata a casa, l'Ares furioso che l'aveva minacciata, l'Ares che senza rendersene conto si era lasciato sfuggire due particolari importanti.

Strappò un foglio dal notes della spesa e non trovando una penna estrasse la matita dalla crocchia improvvisata facendo ricadere i lunghi capelli sulle spalle e davanti al viso. Li scostò soffiando mentre scriveva una lista di sole due parole: "bosco" e "torre". Sotto aggiunse numero di targa, modello e colore della Lexus. Poi osservò il foglietto, come se fissare intensamente quelle poche parole potesse darle la soluzione del rebus. Qualcosa di un rosso fiammante dondolò nel suo campo visivo, un ciuffo di capelli. Ci giocherellò attorcigliandolo col dito. Sentì l'eco delle parole di Ares: "con questi capelli ti si vedrebbe anche al buio". Era vero. Stupidi capelli rossi. Come ho potuto non pensarci? Se Rosco fosse un pochino più sveglio, invece dell'idiota che è, mi avrebbe sicuramente notata e riconosciuta.

Ha ragione Ares, sei un'incosciente.

Odio dover dare ragione ad Ares. Si infastidì al solo pensiero e, riannodandosi i capelli con la matita, si appostò sbuffando davanti al portatile che era finalmente pronto a lavorare.

Esaminò la piccola lista, entrambe le parole rievocarono nella sua testa le frasi che Ares si era lasciato sfuggire.

Bosco.

"Vuoi che trovino nel bosco anche te?" le aveva gridato Ares. Certo, la notizia delle ragazze trovate morte nel bosco era di dominio pubblico; l'ultima, trovata pochi giorni prima, era la quarta negli ultimi sei mesi, in televisione non si parlava d'altro. Ma il suo istinto le diceva che Ares non aveva detto una cosa a casaccio, e che lui doveva saperne parecchio delle ragazze ammazzate e poi scaricate nel bosco.

Ma lui che c'entra? Non le avrà mica...?

Non dire cazzate. Se le aveva ammazzate lui ti veniva a cercare, secondo te?

Certo... giusto... Ma proprio perché mi è venuto a cercare vuol dire che sa tutto. Quelle ragazze devono aver avuto a che fare con Taro. Ci deve essere per forza lui dietro tutta questa merda.

Aprì la cartella in cui aveva salvato tutti gli articoli sui casi delle ragazze e li rilesse rapidamente, cercando via via su Google Maps i quattro luoghi in cui i corpi erano stati ritrovati. Erano stati tutti abbandonati nei boschi ai piedi di monte Morello, abbastanza vicini tra loro in linea d'aria, ma a ognuno si arrivava da una strada diversa, tutte strade sterrate che partivano da piccole frazioni di poche case di contadini. Difficili da trovare ma non troppo. Ma perché farle ritrovare? Non ha alcun senso.

Certo che ha un senso. È solo che non ci arrivi. Concentrati!

Non riuscì a darsi una spiegazione, così tornò al foglietto.

Torre.

"A Taro non piace chi fa domande sulla torre". Di che torre parlava? Non aveva mai sentito parlare di una torre da quando lavorava allo Stardust, né dai gorilla né dalle ragazze. Eppure doveva essere quella la chiave. Quella di Ares voleva essere solo una minaccia per tenerla lontana dai guai, ma non si era reso conto di aver detto qualcosa che probabilmente non avrebbe dovuto dire.

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