1.5 - I tormenti di Taur

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Era una mattina grigia e tetra nel giorno in cui i cuniatori avrebbero conosciuto i nomi dei loro prossimi sfidanti. La pioggia aveva iniziato a cadere nelle prime ore del mattino e dal campo risaliva un forte odore di petricore.

Inoviano, arrivato sulla soglia del patio, esultò alzando le braccia in aria. «Sì! Piove!» Era considerato un segno di buon auspicio.

«Come se i nostri avversari avessero avuto qualche possibilità di batterci senza questa fastidiosa pioggia...» Villiedo sbuffò a braccia conserte.

«Certo che no!» sorrise l'altro. «Ma non mi dispiace avere il favore della sorte!»

Alle loro spalle, ancelle e servitori brulicavano indaffarati tra le stanze e i corridoi della luclea. Spazzavano i pavimenti, accendevano le fiaccole, facevano avanti e indietro con le cucine.

Inoviano afferrò con poco garbo una delle donne che gli transitò vicino.

«Fammi gli auguri Linira!» disse cingendola con le braccia e premendo rudemente il bacino contro il suo.

Linira lo respinse con finto sdegno, mentre il suo viso arrossiva vivamente. Quando Inoviano mollò la presa, lei lo guardò negli occhi con angelica dolcezza e un timido sorriso si disegnò sul suo volto. Lo trovava bello e attraente come un dio. Si sarebbe intrattenuta qualche istante in più, se non avesse scorto la funerea figura di Giunbida che avanzava verso il patio con una flemma estenuante, seguita dal pesante passo di Baselio. Era davvero bizzarro vedere l'uomo più alto e imponente della luclea seguire come un cagnolino quello più basso e magro. Davanti quella comparsa, i volti delle ancelle si rabbuiarono e quel incessante viavai si diradò in pochi istanti.

«Cretino! Le hai fatte scappare tutte con la tua brutta faccia!» si lamentò Inoviano. Spinse con forza Giunbida che indietreggiò di tre passi e si ritrovò con il sedere a terra. Baselio iniziò a ringhiare e mugugnare.

«Stai buono tu!» lo ammonì Villiedo con aria minacciosa.

Baselio apparve furente e si rasserenò solo quando vide il nocediano alzarsi imperterrito con una soprannaturale armonia. L'arrivo degli altri cuniatori quietò definitivamente le acque.

Rimasero pazientemente in attesa del sopraggiungere di Eolfo in quell'atrio dove si dipanavano i vari cunicoli della luclea, illuminati dal fioco e danzante rossore delle fiammelle che combattevano contro il cupo grigiore di quella giornata senza luce. Il tallista si presentò con un volto più accigliato del solito. Fece uscire tutti sul patio, risparmiando loro qualche goccia di pioggia, e li fece disporre in riga. Con voce decisa, prese ad annunciare i vari sfidanti dei cuniatori nei prossimi giochi. Lasciò Taur per ultimo e titubò un secondo prima di parlare. Il crepitare dell'acqua che cascava inesorabile riempì quei brevi attimi di silenzio anormale. L'aria tra i due si fece grave e il torantiano sperò che non pronunciasse quel nome, anche se in cuor suo sapeva che prima o poi lo avrebbe affrontato.

«Taur! Il tuo avversario sarà Onfugi della luclea di messer Annio da Borgorovere!»

Quelle parole si abbatterono come un macigno nella testa del campione. Le facce dei presenti si scurirono di colpo. Un'espressione piccata apparì sul volto di Friso. Gli occhi di Mati si fecero lucidi e faticò a trattenere una crisi di pianto. Solo Giunbida rimase impassibile come suo solito.

Onfugi era un guerriero di dimensioni mastodontiche. Si mormorava che fosse un gigante appartenente agli antitribù del Profondo Est. Secondo altre voci era figlio di un degenerato incrocio tra uomini e giganti. Oltre le sue spaventose dimensioni, ciò che lo rendeva terrificante era un orribile e perverso sadismo accompagnato da una sete di sangue insaziabile. I suoi duelli erano quasi sempre sentenze di morte per gli sfortunati avversari e solo pochi potevano vantare di aver salvaguardato la loro vita a caro prezzo.

Il sentiero del dragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora