1.16 - L'uomo antico

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«Vi interesserà sapere che ieri la gran dama era di visita in casa d'altri» disse Maschera a Guiscardo.

La sua spalla poggiava sull'angolo di una parete, in un lungo stanzone al secondo piano della magione di Guiscardo.

«In quale casa?» chiese il nobile non pienamente interessato a quell'informazione.

«Il grande palazzo nel quartiere sud della città.»

Guiscardo gli dava le spalle, seduto davanti ad un basso tavolino di legno ben levigato. Sebbene Maschera fosse nascosto in uno dei pochi coni d'ombra della stanza, la luce che filtrava dalle tre grandi finestre si rifletteva nel lucido pavimento di marmo e illuminava debolmente i suoi contorni, oscurati dal cappuccio della sua cappa. Non amava farsi vedere in volto, nemmeno dal suo signore.

«Il palazzo di Badovario» mormorò il nobile prima di portare alla bocca una tazza di porcellana e sorseggiare un caldo infuso di pregiatissime erbe e spezie che provenivano da terre orientali. «Non c'è nulla di sorprendente. Quel borghese è l'unico vuciante che risiede ad Anenco e quella sciocca di Cinperga è una grande appassionata del suo miserabile lavoro. È probabile che i loro legami siano forti per via di quegli ignobili giochi che la città ha la sventura di ospitare.»

«E se vi dicessi che vi ha fatto visita al calar del sole?» insistette Maschera.

La postura curva di Guiscardo si drizzò in pochi istanti e il suo capo tornò perfettamente in linea con il collo. «Oibò! C'è stato un ricevimento a cui non sono stato invitato?»

«Non direi, mio signore» replicò lo scagnozzo. «L'unica carrozza che è entrata in quelle mura era quella della cara duchessa.»

Le sopracciglia di Guiscardo si alzarono e i suoi occhi sembrarono accendersi di una perfida attenzione.

«Non ha l'aria di una visita innocente. Potrebbe esserci una qualche frode o congiura in corso!» suggerì Grigio, staccandosi da una di quelle finestre in cui si era perso nell'osservare il piazzale sottostante.

«Forse» esclamò Guiscardo portandosi l'indice sulle labbra. «Hai potuto vedere qualcos'altro in quella casa?»

«Avrei potuto...» rispose Maschera sfilando uno stiletto dalla fodera. «Ma voi mi avete intimato di star buono e ho potuto solo limitarmi a guardar le mura da fuori.» Con impressionante rapidità, fece roteare il coltello intorno al polso e lo rinfilò nella fodera .

«Fortuna che ti ho dato ordini ben precisi!» la voce di Guiscardo si riscaldò. «Ci mancava solo che facessi una carneficina in casa di uomo ben rispettato dalla comunità.»

Giunse le mani davanti ai baffi fini, unendo i polpastrelli delle dita, meditando in silenzio. Grigio cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro davanti al tavolo, osservando quel volto pensieroso in cui l'espressione si faceva sempre più torva.

«Sarà il caso di andare a parlare con il borghese?» domandò Grigio interrompendo le elucubrazioni del signorotto.

«Potremmo convincerlo a dirci tutto...» aggiunse Maschera con una nota sinistra.

«No. È ancora presto» ribatté prontamente Guiscardo.

A sentir quella risposta Grigio si lasciò ad un profondo sbuffare e il nobile lo trafisse con un'occhiata severissima.

«Non metterci fretta, babbeo!» esclamò verso il suo tirapiedi prima di alzarsi sulla sedia e avvicinarsi alla luce delle finestre. «Sappiamo ancora troppo poco per gettarci in azioni temerarie.»

Dal basso giungevano rumori di passi strascicati e delle voci attutite dei servitori. Guiscardo non ne dava attenzione, rimuginando con il mento poggiato sul suo pugno.

Il sentiero del dragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora