1.14 - Una visita inattesa

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Gli occhi di Villiedo erano fermi su quelli di Inoviano in segno di sfida. Attorno a loro numerosi uomini della luclea, cuniatori e servitori, li osservavano con il fiato sospeso.

«Offendo!» dichiarò Villiedo con voce ferma.

Il viso di Inoviano si contrasse in una smorfia che esprimeva la sua totale contrarietà. «Non oserai!»

«L'ho detto e lo faccio! Offendo!»

«Figlio di un cane!»

Villiedo lanciò due dadi che teneva nella mano, facendoli rotolare sul tavolo logoro di quella grigia stanza nella luclea. Eolfo si piegò un pochino e sporse il capo per vederne il risultato. Era quello con la mente più veloce nel contare.

«Cinque tacche. Tiro fallito» annunciò ad alta voce.

Un'ombra di delusione si stagliò nel cuniatore, mentre le pieghe della bocca di Inoviano disegnavano un ghigno beffardo. Tra le risate compiaciute degli spettatori, Villiedo raccolse quei dadi scolpiti nelle ossa di cinghiale e si impegnò in un secondo tentativo.

«Otto tacche. Mossa riuscita! Due punti per Villiedo!»

La fortuna gli sorrise finalmente e strinse il pugno in segno di esultanza. Il sorrisetto arrogante di Inoviano gli si spense sulle labbra e iniziò a fissarlo con un sguardo truce.

«Tocca a te. Cosa dichiari?» chiese Friso porgendo i dadi all'amico.

«Contrattacco!» rispose Inoviano senza esitazione.

Un brusio di sorpresa e sconcerto risuonò nella stanza, accompagnato dagli occhi sgranati di Villiedo.

«Sei sicuro?» chiese Friso. «Ti suggerisco una mossa più prudente, come un Arrocco o un Bilancio.»

«Contrattacco!» ripeté imperterrito.

Con un respiro profondo lanciò i dadi, ma il primo tiro fu così misero che tutti ad occhio si accorsero del fallimento. Eolfo scosse la testa a confermare quell'impressione. Inoviano non si arrese. Afferrò di nuovo i dadi e si alzò in piedi dalla sedia.

«Sei pronto a perdere Villiedo?» esclamò prima del suo ultimo tiro.

Uno dei dadi si fermò subito sulla superficie intaccata di quel vecchio tavolo consumato, mentre l'altro roteò su sé stesso per qualche istante in cui l'attenzione dei presenti raggiunse l'apice. Quando finalmente si fermò, il numero di tacche uscite sembrava piuttosto corposo.

Eolfo scrutò i due dadi e, dopo un attimo di solenne sospensione, diede il suo verdetto. «Undici tacche! Mossa fallita! Vince Villiedo!»

Un grido di vittoria esplose tra gli spettatori, mentre Villiedo raccoglieva il trionfo stringendo i pugni in aria. Inoviano invece era il ritratto della delusione, rimasto ancora a bocca aperta, incredulo e amareggiato.

«Maledizione! Che sfiga! Per una tacca! Solo una!» Il giovane meansiano non si dava pace intanto che il compagno lo prendeva in giro con un finto sguardo bonario. «È inutile che ti pavoneggi Villiedo! Lo sanno tutti che sono il più forte a questo gioco! Hai avuto solo fortuna, una fortuna sfacciata!» Continuò a protestare puntandogli il dito contro con gli occhi che scintillavano di invidia.

Taur rideva di gusto. Quelle scenette goliardiche tra di loro gli portavano una allegra distrazione di cui sentiva di aver necessario bisogno. Il viso di Mati illuminato da un genuino divertimento lo fece sentire lieto di vivere quel momento spensierato.

Il clima di gioiosa energia fu di colpo disturbato da un richiamo che giunse da lontano e dal rumore di passi affrettati che avvicinavano, sempre più trafelati, verso quella stanza. Un servo si affacciò sulla soglia e il suo affanno sorprese non poco i presenti.

Il sentiero del dragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora