1.22 - La Casa Blu

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Gli incessanti colpi dei martelli che sbattevano sulle incudini si propagavano lungo una delle più rinomate via dell'artigianato di Anenco, mescolandosi al fracasso delle seghe che tagliavano il legno e al tintinnare dei metalli. Fruste schioccavano intorno a carri scricchiolanti, trascinati da bestie da soma che emettevano suoni gutturali. Grida, risate, voci che chiamavano attenzione e lanciavano ordini in mezzo al brulicare dei cittadini, si elevavano a contorno di quel fragore.

Ma quando un ricco ed eccentrico borghese faceva la sua comparsa, il frastuono si attenuava e l'attenzione cadeva interamente al centro della via. E quando la carrozza di un nobile avanzava, nell'aria restava solo l'odore del metallo fuso e quello acre che proveniva dalla conceria. Gli unici rumori ascoltabili divenivano il sordo rullare delle ruote sul lastricato e il passo cadenzato dei cavalli.

Quel giorno il fragore della via si arrestò più volte, segno di un'imminente riunione nella Casa Blu, un piccolo edificio compatto, posto di fronte all'imbocco di quella strada. Si ergeva in altezza sopra le altre costruzioni grazie alla grande cupola che la sormontava, non a caso dipinta di un blu che sotto la luce del sole appariva come azzurro acceso. La breve scalinata era riparata da alberi di carpinella che mettevano le radici in una delle piccole macchie di verde in mezzo al lastricato. L'ingresso, situato sotto un portico in pietra e legno, conduceva ad un piccolo atrio che aveva la funzione di una sala di accoglienza. Solo poche e selezionate persone avevano la facoltà di accedere all'area che occupava gran parte del pian terreno, ovvero l'aula per le riunioni dove si riuniva il Comitato dei Giochi Erbetici. La stanza emanava un'aura di venerabilità: era riempita di panche e di seggi di fronte ad un palco, dove vi erano posti elaborati banchi e scranni in legno di quercia riservati ai membri più importanti del comitato, sotto i vessilli con gli stemmi del Re e del Principe che pendevano dalla parete.

Cinperga, muovendosi con estrema grazia nella sua veste elegantemente ricamata che sfiorava il pavimento, fece il suo ingresso nella Casa Blu tra gli inchini di tutti i presenti. La sua lunga e biondissima chioma circondava il capo in un copioso anello e scendeva dietro le spalle, esaltando le forme sinuose del viso. Le sopracciglia, dalle tonalità più brune del castagno, si arcuavano sopra ai piccoli occhi nocciola e il sottile naso aquilino conferiva al volto un profilo nobile.

I suoi passi misurati la guidarono sopra il palco e si sedette leggiadramente in uno dei banchi sul lato sinistro dell'aula. Accolse con benevolenza i complimenti sussurrati degli altri uomini e il sorriso artefatto di Guiscardo. Si guardò attorno come se cercasse una presenza gradita in quella noiosa compagnia e seguì le seguenti chiacchiere con aria pensierosa.

Vinigardo sedeva sul banco centrale, ascoltando gli interventi dei vari presenti con assoluta concentrazione. Teneva una postura ben composta e dignitosa, cercando di darsi un tono nel ricalcare la compostezza dei nobili presenti. Ogni volta che uno dei suoi capelli, ondulati ed ingrigiti, scivolava oltre le pieghe del suo cappello e cadeva sulla fronte o lungo le tempie, si affrettava a ricacciarlo indietro dentro la sua gonfia chioma, ma senza darlo troppo a vedere.

Guiscardo, assistendo alla riunione in un limbo tra la distrazione e la noia, studiava la duchessa con gli occhi e ogni tanto, per mascherare i suoi intenti, gettava lo sguardo su un lungo papiro ingiallito su cui vi era finemente scritto lo statuto del comitato. Cercò di scorgere con quale entusiasmo la dama seguisse la riunione, ma credette di non notare alcun sintomo di piacere in lei. Dietro alla pallida maschera di compostezza, ravvivata dal suo abituale sorrisino irriverente, affioravano i contorni di un viso funereo. Constatò che Grigio ci aveva visto giusto: qualcosa di ignoto opprimeva l'animo di Cinperga da svariati giorni, un segreto che Guiscardo moriva dalla voglia di scoprire.

La riunione, inizialmente partita in sordina tra formalismi e linguaggio eccessivamente misurato, si accese durante il susseguirsi degli argomenti e i toni si fecero sempre più alti. Riecheggiarono voci sempre più intense, interrotte e sovrapposte, inasprite dai contrasti delle varie argomentazioni, oltre che da ruggini che sembravano perdurare da sempre tra i presenti. Quando prendeva la parola Vinigardo, i suoi modi calmi e misurati si diffondevano momentaneamente nell'aula, cercando inutilmente di smorzare le animosità e di riportare ordine.

Il sentiero del dragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora