Dopo un pranzo in cui mi è chiaro che, forse solo se mi fossi chiusa a doppia mandata in camera mia, avrei avuto un po' di privacy, decido di tornare a trovare Caterina. Approfittando dell'unico lato positivo di questa nuova versione della mamma, mi faccio dare con molto piacere uno strappo fino alla casa di riposo.Appena entrata vedo la stessa infermiera che mi ha accolto la prima volta. Non ho neanche bisogno di dirle chi sto cercando, si ricorda di me, mi sorride e mi indica il giardino prima di continuare il suo giro.
Trovo la prozia di Matteo seduta all'ombra di un albero, anche se di ombra ne fa ben poca, poiché i suoi rami sono spogli, che non fatico a riconoscere. Rimango a fissarlo chiedendomi perché abbia scelto proprio questo, in un attimo il ricordo dei suoi fiori bianchi cattura la mia attenzione. Alla luce del sole del pieno pomeriggio si sostituisce quella del primo mattino filtrata dalla presenza dei tronchi che ci circondano. Rivedo Dimitri in piedi vicino a esso, nel punto esatto dove si trova adesso Caterina. Lei sorride sorniona, come se sapesse che ricordi mi richiami alla mente quell'albero. Mi concentro su di lei aspettando che mi dica il nome di quella pianta, che ho già visto, ma a cui non ho mai prestato molta attenzione prima di allora.
Caterina mi sorride invitandomi a sedere sulla panchina vicino a lei, sembra di buon'umore come se la presenza di quel tronco alle sue spalle le metta allegria.
«Allora, com'è andata la giornata da famigliola felice?»
Quasi le ringhio contro e lei ride. Diventa seria e il suo sguardo si fa più attento, quando chiede: «Gliel'hai riportato?»
Capisco che si riferisce al ciondolo, ricordo quanto è sembrata scioccata dal vederlo in mano mia. Sospiro. «Certo, ma cos'ha di così importante?»
Dopo la breve spiegazione con cui ha liquidato i simboli incisi, non mi aspetto davvero una risposta. E invece, seppur con il contagocce, un motivo me lo dà. «Protegge dai dem... mostri. Protegge dai mostri.» ripete con più sicurezza. Poi cambia argomento. «Non trovi che i fiori di sambuco siano belli?» mi domanda in tono casuale. Io fisso prima lei poi l'albero spoglio sopra di noi, ricordando quello che Dimitri mi ha detto sul suo gemello arboreo.
«È legato alla Dea?» chiedo di rimando e ricevo in cambio uno sguardo d'approvazione. Provo l'assurdo istinto di alzare la mano al cielo in una v di vittoria, stavolta almeno a quello ci sono arrivata.
«Si dice che possa proteggere dal male.» La guardo in attesa, ma lei non aggiunge altro, forse non sa, ma sono più propensa a pensare che ami parlare per enigmi. Forse da piccola voleva fare l'Oracolo.
«Perché non riesco a ricordare appieno anche la mia vita dell'altro mondo? Perché non me ne sono mai accorta in tutti questi anni? Perché ora?» le chiedo a bruciapelo, decido di non dirle come l'ho ribattezzato, dato che sono appena riuscita a salire un pochino nella stima che ha nei miei confronti.
«Perché sei troppo concentrata su questo. Se smetterai di pensare che quelli sono solo sogni, i ricordi riaffioreranno.»
«Ma io non sono più convinta che lo siano.» ribatto, che cosa c'è di più persuasivo di un taglio su un braccio? O di trovarsi fra le mani un ciondolo che si è tenuto fra le dita solo in sogno?
Caterina scuote la testa. «Le parole non bastano.» Si allunga a sfiorarmi il petto all'altezza del cuore. «È qui che devi accettarlo. Sei troppo legata a questo mondo, non vuoi accettare che esistano persone migliori o anche solo altrettanto importanti di quelle che conosci qui. Continui a credere che quelle siano le equivalenti, non permetti loro di essere qualcosa di diverso da delle semplici repliche.»
Mi ritraggo a quelle parole e istintivamente scuoto la testa, ma dentro di me so che sono vere.
«Finché non accetterai te stessa, tutta te stessa non solo quella che sta seduta accanto a me in questo momento, non riuscirai mai a scegliere. Farai la sua stessa fine, Katy, anche tu finirai per morire in entrambi i mondi, com'è già successo.»
Mi alzo in piedi continuando a scuotere la testa e corro via da lei. Voglio mettere più distanza possibile fra me e Caterina, ma le sue parole non posso cancellarle e continuano a rimbombarmi nelle orecchie. Mi fermo solo quando sono fuori, ho il fiatone, davvero io credo questo?
No, certo che no. Elisa è importante tanto quanto Jessica per me e anche Dimitri lo è. Una voce sibillina dentro di me chiede: «E allora perché sei sempre pronta a rispondere agli appelli che ti richiamano in questo mondo, ma rimandi il momento in cui dovresti vivere nell'altro?»
Non voglio dare una risposta a quella domanda, anzi mi impongo di dimenticarla, ma già so che non ne sarò in grado.
Quando metto piede nell'atrio della casa di riposo, sono quasi riuscita a soffocare il senso di colpa generato dall'accusa di Caterina, perlomeno quanto basta a confezionare un sorriso sincero per mia madre. In realtà il tono che ha usato la prozia di Matteo non è stato di accusa, quanto d'incoraggiamento, ma io non riesco a non considerarlo qualcosa di meno di un rimprovero.
Ho bisogno di pensare ad altro, di staccare un po' da tutta questa storia dei mondi paralleli che mi sta facendo andare fuori di testa. Prendo il cellulare per inviare un messaggio a Matteo, una corsa in moto con il mio ragazzo è quello che ci vuole per scacciare i pensieri cupi.
Mia madre finge di non essere contrariata quando le annuncio che Matteo sta venendo a prendermi, s'impegna per cercare di non farmi capire che è ancora preoccupata. Devo dargliene atto, anche se lo comprendo comunque.
È liberatorio allacciarmi il casco sotto il mento prima di prendere posto in sella dietro al mio ragazzo, mi stringo a lui mentre la moto parte rombando. Mi sento all'improvviso di nuovo libera e leggera, come prima che tutta questa storia cominciasse.
Matteo mi porta in un bar nuovo che lui e i suoi amici hanno appena scoperto, la cosa non mi dispiace almeno finché non mi accorgo che intende l'appena in senso letterale. Riconosco fra le moto posteggiate lo scooter verde di Serena e mi irrito, non è un pomeriggio con il gruppo al completo degli amici del mio ragazzo quello a cui pensavo.
Decido di fare buon viso a cattivo gioco, anche se a vedere la mise ostentata dalla mia compagna di classe, il mio umore peggiora ancora di più. Io, che avendo in programma solo una visita alla casa di riposo dove non c'è nessuno da impressionare, mi sono vestita con un paio di jeans e una felpa non posso fare a meno di sentirmi inadeguata davanti alla sua minigonna poco più larga di una cintura corredata di top luccicante.
Saluto quella marea di facce già impegnate con i loro bicchieri di spritz nonostante siano appena passate le quattro del pomeriggio, annuisco quando Matteo ne posiziona uno anche di fronte a me. Ne ho proprio bisogno, decido mentre oltre al piumino mi tolgo anche la felpa rimanendo con la sola maglia a maniche lunghe.
Dentro il locale devono esserci almeno trenta gradi senza contare tutti i ragazzi seduti come noi ai tavoli. Quando bevo il primo sorso dal mio bicchiere, sento altro calore questa volta più piacevole. Assaporo quella sensazione e ne bevo ancora, lascio che l'alcool scacci i pensieri cupi. Sento le labbra stirarsi in un sorriso persino quando il mio sguardo si posa su Serena. La ragione lotta contro la tentazione di ordinarne un altro, sapendo di non reggere molto l'alcool.
Sgranocchio le patatine e i salatini che ci sono in due ciotole sul tavolo, limitando i successivi bicchieri a cocktail analcolici, non ho voglia di finire la giornata con un mal di testa da sbronza.
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Progetto Alexander
Fantasy[in revisione] Katy ha diciotto anni e non crede ci sia nulla di speciale in lei. La sua vita scorre normale fino a uno strano sogno più vivido degli altri in cui fa parte di un progetto militare denominato Progetto Alexander. Crede sia tutto frutto...