Capitolo 2

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Non riesco a concentrarmi sulle lezioni, provo uno strano senso di aspettativa nei confronti del pranzo che mi aspetta, come se avesse un significato diverso che non riesco ancora a vedere. Quando suona la campanella infilo nello zaino il libro di economia su cui ho finito per fare i ghirigori per tutta l'ora, per fortuna il professore si limita a spiegare dal testo cambiando appena un po' le parole e non ci sono appunti da prendere nelle sue ore.

Esco dall'edificio insieme a Chiara e Jessica e a tutti gli altri studenti, nel parcheggio della scuola c'è una moto che conosco, verde e nera e anche nel caso avessi problemi a distinguere da qui il suo proprietario che si è tolto il casco, mi basta posare lo sguardo su una mora che riconosco subito che gli gravita intorno. Serena non si arrende mai, io al suo posto me la sarei messa via mesi fa, ma lei continua a morire dietro a Matteo davanti a tutta la scuola quando è evidente che lui è venuto a prendere me.

Jessica e Chiara dicono sempre che dovrei arrabbiarmi, la verità è che la mia compagna di classe mi fa pena, non ha proprio amor proprio. E poi perché dovrei farmi venire il sangue amaro per lei, dato che, appena inizio ad avvicinarmi, l'attenzione di Matteo è tutta per me?

Saluto Chiara e Jessica prima che inizino con le loro frecciatine, non vedo l'ora che anche loro due si trovino un ragazzo, così sarà un gioco alla pari. Lo so che mi vogliono bene e sono felici per me, ma non possono fare a meno di prendermi un po' in giro sostenendo che ogni volta che poso gli occhi su Matteo mi vengono gli occhi a cuoricino.

Rallento il passo e faccio quello che ha fatto Serena fino a questo momento: lo guardo, anche se ci siamo visti due giorni di fa, perché non sempre credo che lui abbia davvero scelto me. Lei è molto più appariscente, molto più il suo tipo di me, Serena esce quasi tutte le sere, non si preoccupa delle verifiche e delle interrogazioni come me. Matteo è in sella alla sua moto, appesi al manubrio ci sono due caschi, quello che si è tolto e quello per me. Indossa i jeans e la giacca apposita per guidare le moto, so che se fosse per lui non la metterebbe, ma sua madre ha insistito. I capelli corti e scuri sono spettinati e gli occhi verde scuro sono puntati su di me.

Serena si sposta, ma non se ne va. È davvero una masochista senza speranza. Matteo si china a posarmi un bacio sulle labbra.

«Ciao, piccola.»

Prende il secondo casco e me lo offre, prima di indossare il suo. Sorrido mentre ci allacciamo i caschi all'unisono poi io salgo sulla moto dietro di lui e lo abbraccio. Sono pronta a godermi l'aria fredda sulla pelle del viso, unico punto scoperto in quella giornata di gennaio.

Casa sua è appena a un quarto d'ora di distanza dalla mia, se si è al volante di una moto e non di un'auto. Matteo zigzaga sicuro nel traffico dell'ora di punta che impensierirebbe qualunque veicolo con anche solo una ruota in più. Le case e i condomini affacciati ai lati della strada lasciano ben presto posto al fiume che il serpentone d'asfalto costeggia fino alla nostra destinazione. Le abitazioni divengono sporadiche e delle dimensioni di ville di campagna, quando non lo sono davvero, anche storicamente parlando.

Il profilo dei Colli Euganei, che paiono così vicini da poter essere toccati visti dal centro cittadino, adesso sembrano abbassarsi in ancor più dolci pendii per lasciarci salire. La casa della sua famiglia si trova appena scostata dal centro di Abano Terme, una posizione che lui, a differenza dei genitori, trova troppo in mezzo al nulla.

Quando ci fermiamo di fronte a una villetta singola, la sua famiglia è già lì sulla soglia che ci aspetta. Sembra la servitù di una serie tv ottocentesca in attesa dei padroni di casa. Per niente imbarazzante. Comincio a sentirmi un po' tesa nel ritrovarmi sotto lo sguardo dei genitori del mio ragazzo.

Mi faccio forza e scendo dalla moto per conoscere la mamma di Matteo, tenendo il casco, che mi sono tolta appena il mio ragazzo ha accostato, sotto il braccio come un talismano. Il portoncino è aperto e, dallo scorcio della loro casa impeccabile che riesco a vedere, direi che sua madre non è una donna in carriera come la mia. Non che Matteo si sia sbottonato troppo sui suoi, preferisce altri argomenti di conversazione o non parlare affatto. Mi immagino sua madre a spignattare e rispondo al suo sorriso amichevole, prima di stringere la mano a suo marito. Sembrano due persone tranquille e per fortuna non sono vestite in modo elegante, magari la cosa è meno ufficiale di quanto l'invito di Matteo faceva presupporre.

«Che cosa ci fa lei qui?»

Colgo l'accusa nel tono con cui Matteo si rivolge a sua madre e lo guardo interrogativa, soprattutto nel constatare l'espressione imbarazzata della donna. Ho appena avuto modo di vedere che l'ingresso di casa sua si apre in un grande soggiorno, lui sembra puntare qualcosa proprio in quella stanza.

«Modera i toni, Matteo.» lo redarguisce suo padre.

Lui borbotta qualcosa, il suo tono irritato mi fa dubitare che il pranzo sia stata una sua idea. Lascio perdere quella constatazione, quando poso gli occhi sull'oggetto della discussione e smetto di prestare attenzione al mio ragazzo.

Seduta su una poltrona in un angolo discosta da tutto e da tutti siede una donna anziana, c'è qualcosa in lei che mi impedisce di liquidarla con un'occhiata veloce. Quel qualcosa è come un filo che mi tira verso di lei, incurante di Matteo e dei suoi genitori che ancora discutono. Quando mi avvicino, i suoi occhi acquosi, che quando era più giovane dovevano essere stati di un bell'azzurro carico, si fissano su di me, dandomi l'impressione che in qualche modo mi riconosca, come se anche lei avvertisse la misteriosa connessione che si è stabilita fra noi appena i nostri sguardi si sono incrociati. I capelli fini e bianchi incorniciano un volto scarno e pieno di rughe dall'aria fragile, che ha poco in comune con il tono autoritario con cui mi apostrofa.

«Finalmente sei arrivata. Ero stanca di aspettarti, strega

Sollevo un sopracciglio a quell'ultimo termine detto con enfasi, ma non sono offesa. Ho l'impressione che il suo fosse un complimento, anche se gli altri non la vedono in questo modo. L'atmosfera si congela per qualche secondo, come se qualcuno avesse premuto il tasto pausa, poi Matteo e i suoi genitori reagiscono contemporaneamente. Il mio ragazzo inveisce contro quella che deve essere sua nonna, mentre i suoi genitori non fanno che continuare a scusarsi con me e io continuo ad assicurare a entrambi che non è un problema.

L'anziana donna sorride e si rivolge a me incurante del nipote. «Dovrai scegliere, dentro di te lo sai che il momento è vicino. I sogni non sono semplici sogni. Tu sei come lui.»

Il padre di Matteo interrompe quel discorso enigmatico facendola sedere su una sedia a rotelle e conducendola via, la madre li segue. Matteo continua a vibrare di rabbia vicino a me, se l'è presa più lui di me per quanto è successo. Credo che con quel lei Matteo intendesse sua nonna, non devono avere un grande rapporto.

Mi prende per un braccio e ci voltiamo per uscire di casa. Mi guida di nuovo verso la moto e solo quando ne tocca il manubrio sembra calmarsi.

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