Capitolo 36

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Mi sveglio con il rumore di un ticchettio continuo di gocce che cadono su qualcosa sopra di me. Il sacco a pelo è ancora un piacevole bozzolo caldo e asciutto. Socchiudo gli occhi e per un attimo penso che sia ancora notte, tanto è scuro il cielo per via dei nuvoloni carichi di pioggia.

«Certo che sei pesantina da spostare, Katy, fortuna che c'era manovalanza disponibile altrimenti a quest'ora saresti ancora fuori a inzupparti.»

Individuo nella penombra Elisa che ha parlato in tono canzonatorio. «Buongiorno anche a te. Quando é cominciato?» le chiedo.

«Un paio d'ore fa. Abbiamo appena fatto in tempo a tirare su due tende improvvisate, prima che da pioggerellina si trasformasse in diluvio universale.»

Annuisco scivolando fuori dal sacco a pelo. Abbiamo perso pali, picchietti e martelli nel primo scontro con i demoni e, poiché le tende forniteci dall'organizzazione sono di vecchio stampo, non possiamo più usarle, ma abbiamo tenuto i teli per sicurezza. Adesso sono ancorati alla meglio ai rami più bassi degli alberi e un paio sono collocati per terra per creare uno spazio asciutto in cui aspettare la fine della pioggia.

Individuo la presenza di Alec e Nick insieme con noi sotto la tenda, immagino che Michela, Leonardo e Linda siano al riparo dell'altra. Mi alzo in piedi per quello che mi è permesso dal nostro tetto improvvisato e mi stropiccio gli occhi guardandomi intorno.

«Non é ancora tornato.» mi dice sibillina Elisa.

«Non stavo cercando lui.» obietto, ma il sorriso della mia migliore amica non accenna a spegnersi. Mi fingo offesa, ma la reazione è rovinata dallo sbadiglio che mi sfugge.

«Piuttosto voi due piccioncini come state?» insinuo coinvolgendo nella mia occhiata maliziosa anche Alec. «Mi sembrava che andaste molto d'accordo ieri sera.»

Tocca a me ridacchiare questa volta vedendo come un sospetto rossore si diffonde sulle guance di entrambi. Sul braccio di Alec non c'è più alcuna benda e non ho difficoltà a indovinare chi si è improvvisata di nuovo crocerossina. Lancio un'occhiata veloce a Nick e ho l'impressione che anche lui si stia divertendo alle spalle dei nostri due amici. Gli angoli delle sue labbra carnose hanno uno spasmo verso l'alto, anche se cerca di mantenere la consueta impassibilità.

«Non é come sembra.» esclama Elisa appena ritrova la voce.

«Certo.» convengo senza perdere il sorriso. «Lo sai che quello che hai appena detto é la tipica frase di chi viene colto in fallo, vero?» le domando causando un'altra ondata d'imbarazzo a entrambi. «Secondo me siete una bella coppia.» aggiungo con sincerità.

«Smettila.» borbotta la mia migliore amica.

«Davvero.» ribatto sostenendo il suo sguardo.

Dopo un po' lei mi sorride maliziosa. «Anche tu e il tuo angelo biondo. Lo dovrai dire a Richard, se hai intenzione di farla diventare una cosa seria, però.»

«Lo so.» Pensare a Richard mi riporta alla mente anche Matteo e cancella tutta la mia ilarità.

Per togliermeli entrambi dalla testa decido che è giunto il momento di mettere in guardia tutti sulla capacità d'illusione dei demoni. Mi sporgo dall'ingresso della nostra tenda per chiamare Michela, Leonardo e Linda, anche loro devono sapere del pericolo. Tralascio di proposito di raccontare dello strano interesse esternato dal demone bambino per Dimitri, non mi piace l'accanimento che Linda continua ad avere nel metterlo in cattiva luce agli occhi dei miei amici. Non ho nessuna intenzione di offrirle un'arma in più.

Alla mia rivelazione segue il silenzio, rotto solo dalla pioggia che cade. Elisa è la prima a parlare. «Quindi potremmo trovarci un umanoide con le sue sembianze a ogni passo? O anche di Mattia e Mara, o forse di ognuno di noi?»

«Dimitri ha detto che solo i più forti ne sono in grado.» Questa volta non posso evitare di chiamarlo in causa.

Scambio un'occhiata con la mia migliore amica e comprendo che sta pensando la stessa cosa. Non mi spaventa tanto il fatto che possano sembrare Giacomo, Mara o Mattia, sappiamo che loro non possono trovarsi ancora qui. Quanto il fatto che, nell'eventualità che ci dividiamo, uno degli umanoidi possa fingere di essere uno di noi.

Avverto un brivido freddo lungo la schiena ricordando che io ho riconosciuto che il demone non era Giacomo solo nel momento in cui Dimitri mi ha costretto a toccare il suo ciondolo d'argento. Fisso Nick, lui non è caduto vittima dell'illusione. Rammento che in quel momento aveva in mano i suoi pugnali, solo che l'impugnatura non è in argento come la lama.

Il giovane dalla pelle color cioccolato sostiene la mia occhiata interrogativa e si avvicina. Le sue mani s'infilano sotto il colletto della maglia che porta, dalla tinta mimetica come i vestiti che indossiamo tutti, e ne estrae qualcosa che mi offre sul palmo della mano.

Strabuzzo gli occhi stupita, è un pugnale simile a quelli che porta alla cintura solo sembra completamente in argento, deve pesare parecchio da portare al collo. Ci sono delle scritte incise sulla superficie di metallo, allungo le dita per sfiorare quei caratteri per me incomprensibili, poi alzo di nuovo lo sguardo su Nick.

Lui annuisce alla mia domanda inespressa. «Nella mia gente ogni figlio e figlia combattente ne porta uno da quando raggiunge la maggiore età, ci ricorda chi siamo.»

«È bella.» commenta Elisa.

«Chi ha qualcosa in argento?» chiedo, ancora più convinta che ognuno di noi ne avesse bisogno. Seguono sguardi perplessi, solo Linda ridacchia esibendo con orgoglio un anello formato da un serpente attorcigliato su sé stesso. Prima di potermelo impedire, penso che l'animale si adatti alla perfezione al suo carattere. Nessun altro è in possesso di quel metallo, purtroppo.

La mano aperta di Nick torna nel mio campo visivo, ci sta offrendo una serie di anelli concatenati. Nell'altra mano tiene il pugnale che fino a quel momento è stato appeso al suo collo, comprendo che ha diviso la catena che lo sosteneva in tanti pezzi quanti siamo noi finché io parlavo.

Ne deposita uno in mano a ognuno di noi che è ancora senza protezione con un gesto brusco, come a voler scoraggiare un ringraziamento da parte nostra. Poi prende un pezzo di spago dalla propria borsa con cui appendersi di nuovo il suo talismano al collo.

«Grazie.» esclamo ricevendo in cambio solo una scrollata di spalle e chiudo le dita sul metallo ancora tiepido per il contatto con la sua pelle. Anche gli altri fanno sentire la loro gratitudine per il gesto di Nick, ricevendo la stessa reazione brusca.

Guardo meglio il pezzo di catena e mi accorgo che gli anelli d'argento non sono composti di un unico cerchio chiuso. Sembrano piuttosto essere stati uniti a mano, per questo motivo è rimasta una fessura su cui fare leva per dividerli, come deve aver fatto il giovane dalla pelle scura.

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