La mano di Elisa scuote la mia spalla e tutto il sacco a pelo in cui stavo dormendo. Per un attimo credo che siamo in pericolo, prima di accorgermi che non è agitazione quella che mi comunica la sua sveglia. Apro gli occhi e il sorriso entusiasta sul suo viso mi conferma che non stiamo per diventare cibo per demoni.Sbadiglio e mi alzo a sedere. «Elisa, stavo dormendo.»
«È oggi!»
La guardo, se non fosse che sono sicura che nessuno abbia il permesso di portare droghe nel recinto, direi che è sotto crack. «Sì, normalmente si chiama così il giorno in cui ci troviamo, ieri era ieri e domani è domani.»
Ride. «No, lo so questo. Non ricordi che giorno è oggi?»
Faccio mente locale, senza un telefono o un'agenda i giorni sembrano tutti uguali, spero sia lo stesso giorno del mondo di Caterina. «Mercoledì?»
Lei sbuffa, ma davvero non ho idea di cosa mi sta chiedendo. «Fai prima a dirmelo tu.» le faccio notare.
«Oggi è il giorno della telefonata!» esclama, io sorrido e annuisco mettendoci tutto l'entusiasmo che vedo in lei, anche se non ho ancora capito niente. A quanto pare le basta perché si alza in piedi senza perdere il sorriso. «Preparo io la colazione.» dice e si allontana.
Smetto di sorridere e guardo confusa mentre quasi saltella felice, sposto l'attenzione sul resto del gruppo e mi rendo conto che tutti a parte Nick e Dimitri dimostrano una sorta di eccitazione latente, anche se a vari livelli. Qualunque cosa sia non riguarda solo la mia migliore amica.
Mentre aspetto che torni con il caffè, cerco di pensare al motivo per cui Elisa è così eccitata e la parola «telefonata» richiama un ricordo. Durante la prova di due mesi nel recinto, c'erano concesse una telefonata e una visita con le nostre famiglie. Ecco, perché sono tutti così felici stamattina!
Anch'io avrei dovuto esserlo, ma non lo sono. Ho paura. Da quando ho iniziato ad avere coscienza della mia vita in questo mondo, ho provato a ricordare tutto e, se ormai il rapporto con ognuno dei miei compagni è chiaro nella mia mente, non posso dire lo stesso della mia famiglia. Non ricordo nemmeno il loro volto, so che ho una mamma e un papà, che sono figlia unica, ma nulla che mi dica se sono alti, bassi, magri. Dovrei parlarci al telefono? Come faccio, non ricordo neanche la loro voce! Come so che sto parlando con loro e non con uno dei militari del Progetto Alexander?
Mi copro il viso con le mani. L'idea migliore è inventarmi una scusa per non andare.
«Cosa ti succede?» mi chiede Elisa.
Alzo la testa, si è seduta al mio fianco e mi sta guardando preoccupata mentre mi offre una delle due tazze di caffè.
«Io non vengo. Farò un giro di ricognizione con Dimitri mentre voi telefonate.»
«Stai scherzando? Perché?»
«Cosa gli dico di tutto questo?»
«Quello che gli dirò io: che la prova è più difficile del previsto, ma che ce la stiamo mettendo tutta. Di più non possiamo dire fino alla cerimonia finale.»
Non mi stupisce che lei pensi che il mio problema siano i mostri che in realtà sono demoni, la morte di Mattia e l'abbandono di Mara e io non posso dirle qual è quello vero.
«Devi venire. Sul serio. Starò con te mentre telefoni e ti controllo che non dici nulla di compromettente e tu fai lo stesso con me.» continua quando io non ribatto. «Hanno bisogno di parlare con te e tu di parlare con loro.»
Elisa ha ragione, anche se non ricordo niente della madre che ho in questo mondo, penso alla mamma che mi aspetta nel mondo di Caterina, a quanto avrebbe sofferto non avendo mie notizie. Rivedo la sua preoccupazione e di là sono solo svenuta, come devono sentirsi i miei genitori di qua? Certo ci sono le notizie ufficiali, ma dicono solo che siamo ancora vivi giorno dopo giorno non come stiamo davvero. Me li immagino che contano i giorni che mancano alla fine della prova.
«Hai ragione, Elisa. Io non so cosa stessi pensando»
«È questo posto. Ci sta rendendo difficile fare le cose più normali.» mi rassicura lei. Posa entrambe le tazze a terra e mi abbraccia. Beviamo il nostro caffè insieme poi insieme agli altri disfiamo il campo e ci avviamo. Ho ancora paura di combinare qualche casino, ma non ho intenzione di tirarmi indietro mentre ci avviciniamo a una delle porte. Lasciamo i nostri averi prima di essere in vista del recinto, guardo Dimitri appoggiarsi a un albero poco distante e una parte di me vorrebbe fermarsi a fare la guardia alle nostre cose con lui.
Elisa mi affianca e mi prende sottobraccio come se avesse capito che sto per cambiare idea, insieme ci muoviamo con gli altri. La porta è già aperta, due militari in divisa sono fermi ai lati, dopo quello che Dimitri ha detto sul cerchio di evocazione mi chiedo se sappiano che sono lì solo per fare scena. La attraversiamo a turno, conduce a una saletta dove si trova un telefono fisso. Elisa come promesso entra con me, mi guarda e prende in mano la cornetta per prima. La ascolto parlare e ridere con i suoi genitori e la sua sorellina fino a che non arriva il mio momento.
Mi lascia il posto e io guardo i tasti numerici, ho paura che rimarrò a fissarli, non ricordo nessun numero di telefono. La mia mano si muove sicura, le dita premono sui tasti un numero che io non credevo di ricordare e sento il telefono squillare.
«Katy, tesoro!» Appena la sento, so che quella è la voce di mia madre e mi do della stupida per aver pensato di non riuscire a riconoscerla.
«Mamma»
Non so cos'altro dire, ma non serve perché continua lei. «Aspetta, ti metto in viva voce così ti sente anche papà.»
«Katy»
«Papà»
«Come stai, tesoro?» si intromette di nuovo mia madre.
«Bene.» dico, Elisa annuisce di fronte a me e mi fa cenno di continuare. «Mi mancate tantissimo.»
«Ci manchi anche tu, tesoro.» Questa frase la pronunciano insieme.
Sento le lacrime riempirmi gli occhi e la voce. «Io»
«Andrà tutto bene. Pensa a un giorno alla volta. Fra due settimane potremo riabbracciarci.» mi consiglia mio padre e so che sta parlando del giorno di visita concesso. In quel momento anche Katiuscia e Richard avranno il permesso di vederci per qualche ora. Nessuno fa un accenno al fatto che ancora non sappiamo cosa sarebbe successo dopo la cerimonia alla fine di questa fase.
«Sì. Ci penso ogni giorno.» Non era vero finora, ma lo sarà da oggi. Voglio vederli e abbracciarli, anche se ancora non li ricordo.
Un militare fa capolino dalla porta e so che il tempo sta per scadere.
«Devo andare adesso. Vi voglio bene.» dico mentre una lacrima inizia a rigarmi la guancia, la asciugo.
«Ti vogliamo bene anche noi, Katy.»
Riattaccare è più difficile di quanto pensassi, ma lo faccio e mi allontano dal telefono prima di ricevere un rimprovero. Elisa mi abbraccia e insieme usciamo e torniamo nel recinto dove ci stanno aspettando i nostri amici. I militari entrano dopo che noi siamo uscite e la porta si chiude alle nostre spalle, nessun'altra si sarebbe riaperta per altre due settimane a meno che dovesse recuperare uno di noi che non è riuscito a superare la prova. Tutti insieme ci muoviamo per tornare dove avevamo lasciato gli zaini e dove Dimitri ci stava aspettando. Sono felice che Elisa mi abbia convinto a venire a telefonare, anche se è stata una chiamata dolorosa.
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Progetto Alexander
Fantasy[in revisione] Katy ha diciotto anni e non crede ci sia nulla di speciale in lei. La sua vita scorre normale fino a uno strano sogno più vivido degli altri in cui fa parte di un progetto militare denominato Progetto Alexander. Crede sia tutto frutto...