Un mese dopo

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Lizzie

Lizzie era accoccolata sul suo divano accanto a Noah, con la pancia appena accennata e un'enorme busta di patatine alla cipolla tra di loro. Stavano guardando le repliche delle gare di ginnastica artistica nelle quali Maggie aveva partecipato quella mattina a Chicago. Non erano riusciti a raggiungerla per andare a vederla perché Lizzie avrebbe avuto un'ecografia il giorno dopo.

Era bello recuperare del tempo tra di loro, ritagliandosi un po' di spazio di coppia e pensando al nome migliore da dare al bambino.
Lizzie era grata di non star lievitando come un palloncino, visto il suo lavoro, però cominciava a sentire nausee mattutine e caviglie gonfie.

Era in un momento di torpore, mentre aspettava di vedere i risultati finali, e Noah sonnecchiava tenendo una mano sulla sua pancia, quando il suo cellulare prese a vibrare. Aveva impostato il silenzioso, ma era sempre reperibile per le chiamate. Si stiracchiò, chiedendosi chi la stesse chiamando, poi vide il nome della cugina sullo schermo. Sentì una strana ansia alla bocca dello stomaco, chiedendosi come mai sua cugina le stesse telefonando a quell'ora tarda. Di solito, dopo le gare, crollava addormentata subito dopo cena.

La prima cosa che sentì furono i singhiozzi della cugina, un respiro strozzato, che le diede una scarica di panico totale. Si alzò in piedi, svegliando Noah iniziando a parlare ad alta voce chiedendo alla cugina se stesse bene.

«Bizzie».

«Dove sei? Che succede?».

«In albergo, sono in albergo».

«Ti prego parlami».

«Lui... lui è entrato in camera... Oddio mi ha toccata e...».

«Chi? Maggie sei al sicuro?», Lizzie sentiva il panico salirle in gola e si aggrappò salda alla mano di Noah. Gli occhi blu del suo fidanzato la guardavano preoccupato, mentre avvicinava l'orecchio al cellulare cercando di ascoltare.

«Sì, ora sono al sicuro, sono scappata», la voce della cugina arrivava come un sussurro, «ho chiamato la polizia... oddio sono ancora in accappatoio»

«Hai chiamato zia?»

«Sì stanno arrivando, ci sono tutti. Mi guardano Bizzie...».

«Peggy mi devi dire se ti ha fatto del male».

«No, non è riuscito».

«Arriviamo, saremo lì il prima possibile».

«Okay, sì. Mamma e papà arriveranno a breve».

«Gliela faremo pagare Peggy, te lo prometto».

Una volta che Lizzie ebbe chiuso la chiamata, fissò negli occhi Noah sapendo che lui aveva inteso tutto ed era pronto. Gli occhi blu erano stretti in un'aria arrabbiata e decisa, che fece tornare Lizzie con i piedi per terra in pochi secondi. Lui c'era, loro erano insieme e non dovettero dirsi niente di più.

«Andiamo, prendiamo il primo aereo per Los Angeles».

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