Capitolo 9

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Capitolo 9

"Mi sentivo come quel cane che veniva abbandonato in una strada deserta da chi aveva amato con tutto il cuore."

«Norah, muoviti. Vedi di mettere quel vestito blu o giuro che ti prendo a calci.» Beatrice mi stava minacciando, con una mano appoggiata sul fianco e uno sguardo che non lasciava altra scelta che cedere alle sue parole. Mi alzai dal letto, abbastanza nervosa da uccidere il mondo intero e raggiunsi dritta il bagno senza darle alcuna attenzione. Non mi andava di andare alla festa di Nate, stasera. Volevo solo starmene a casa, da sola. Forse a riempirmi di schifezze, solo perché lui non c'era. Mi aveva abbandonata. E gli amici non si abbandonano.
«Norah muoviti il culo!» la sentii urlare dall'altra parte della porta, mentre piano la chiusi a chiave, onde evitare che lei entrasse dentro. Non mi andava che mi vedesse così, come una psicopatica che stava parlando da sola allo specchio. Avevo il mascara sciolto, due occhiaie ben visibili e una pelle pallida. Rabbrividii solo al pensiero del motivo per cui stavo così male. Jake, il padre di Graham alla consegna dei diplomi. Mi aveva sconvolta, forse perché era così simile per l'aspetto fisico al figlio che mi attraeva in maniera negativa. Invece di rimuginarci troppo, l'unico motivo valido della mia pelle pallida era solo Graham. Mi mancava terribilmente tanto che quasi facevo fatica a respirare, come se l'ossigeno arrivasse a singhiozzi. Ancora non mi spiegavo il motivo di questa sua assenza improvvisa. Era il mio unico tormento.
«Norah! Giuro che entro se non ti muovi.» Oh, peggio di una suocera!
«Arrivo!» le urlai, frustrata. Mi lavai subito il volto con l'acqua fredda per ravvivare la pelle. Tolsi il mascara in eccesso e mi truccai di nuovo. Non volevo sentire altri rimproveri da parte di Beatrice o sarei scoppiata di brutto. Ero pronta ad affrontare la festa di Nate, ma non Nate.
«Eccomi.» dissi, quando uscii dal bagno. Beatrice era seduta sul letto, con le braccia incrociate al petto. Mi guardò male, e poi mi passò il vestito blu che aveva scelto per me. Io che di moda non me ne intendevo la lasciavo semplicemente fare, a lei piaceva molto.
«Voglio che ti diverta da Nate. Voglio che non pensi a nulla se non a divertirti, okay?»
«Va bene, Bea.»
«Dillo con più convinzione per favore.»
«Mi divertirò, Bea.»
«Ripeti: "Mi divertirò tanto perché se non lo farò, la mia migliore amica mi ucciderà."» risi.
«Mi divertirò tanto perché se non lo farò, la mia migliore amica mi ucciderà.» ripetei, lei mi guardò soddisfatta, poi mi passò un paio di tacchi neri, facendomi segno di indossarli.
«Nate sarà felice di vederti, soprattutto vestita in questo modo.» fece un sorrisino furbo, mentre mi studiò dalla testa ai piedi. «Ho fatto un ottimo lavoro, un applauso a me!»
«Egocentrica!» le dissi, scherzando.
«Adesso andiamo, eremita.» mi fece la linguaccia come era solita fare.

-

La casa di Nate era poco distante da quella di Bea, a differenza di un piccolo dettaglio. Nate abitava in quartieri ricchi, molto curati e ben strutturati. La sua casa era un'enorme villa con piscina e un grande giardino, forse qualcosa in più ma sinceramente questa era la prima volta che andavo. Sinceramente avevo ipotizzato, visto che gente come i suoi genitori aveva soldi a palate, e Nate era il figlio viziato a cui era solito dare tutto ciò che chiedeva. Poi tutte le case di quel quartiere erano strutturalmente tutte simili tra di loro, a parte il colore dei muri esterni. La villa di Nate era di mattoni scuri, quella che spiccava di più tra tutte. Il cuore mi salì in gola, quando Beatrice parcheggiò la macchina poco distante da lì. Il quartiere era già pieno di macchine, la festa era iniziata poiché si sentiva già la musica a palla. Io non odiavo tanto le feste, anzi mi piacevano molto. Ma c'erano feste e feste, e questo tipo non faceva per me soprattutto perché c'era Nate in mezzo.
«Nathan non c'è stasera?» le chiesi per rompere la tensione creatasi.
«Ci siamo lasciati, Norah.» Cosa?
«Perché non me l'hai detto prima?»
«Non c'è nulla da dire.»
«Tanto ritorna, voi due siete peggio di un elastico. Ma fra i tira e i molla, qualche giorno si spezzerà.»
«Credo tu abbia ragione, stavolta è definitivo. Ho bisogno di qualcuno che mi ami per ciò che sono, non ho bisogno di qualcuno che evidenzia i miei difetti e mi ripete ogni giorno di cambiare.» finalmente l'ha capito! Ma essendo la mia migliore amica, era giusto che fosse lei ad arrivarci da sola a questa conclusione.
«Bene, siamo di nuovo single! Direi di iniziare la nostra maratona di cioccolato e schifezze varie davanti a "Letters to Giuliette".» le proposi.
«Sono davvero molto tentata, Norah. Ma insomma, siamo ad una festa, e ad una festa ci si diverte! Quindi divertiamoci!»
«Va bene, ma domani sera ti aspetto. Le nostre maratone sono le migliori!»
«Puoi contarci!!»
Entrammo dentro la casa di Nate, ad accoglierci fu proprio lui. Era bello, anzi bellissimo in quel completo jeans scuro e camicia bianca. Faceva risaltare il grigio dei suoi occhi, mettendo bene in mostra i pettorali scolpiti e gli addominali. Dovevo ammetterlo, Nate mi attraeva, non pazzamente, ma era un bel ragazzo. Ogni ragazza della scuola ne era follemente innamorata, io non di certo. C'era qualcosa...qualcuno che mi prendeva completamente. Non avevo occhi che per lui, Graham. I suoi occhi azzurri erano più belli del cielo, i suoi sorrisi erano più dolci di qualsiasi altra cosa. Lo volevo. Ora, subito. Volevo abbracciarlo e respirare il suo odore..volevo curare le sue ferite e volevo rasserenarlo ancora e ancora. Mi mancava troppo. Chissà dov'era, chissà se mi stava pensando come stavo facendo io da quando era andato via. Gli avrei lasciato l'ennesimo messaggio in segreteria.
«Torno subito.» dissi, sotto lo stupore di Nate e una Beatrice che ostentava a capirmi.
«May, sei appena venuta. Non andar via!» commentò Nate, avvicinandosi di poco a me.
«Ho detto che torno subito.» risposi, decisa.
«Cosa avrai di più importante da fare, eh May?» quel suo atteggiamento mi fece imbestialire ancora di più, soprattutto quando le dita della sua mano si strinsero intorno al mio polso.
«Lasciami andare, Nate.» gli ordinai, seria. Lui rise. «E poi mi chiamo Norah, non May.»
«Se Graham può chiamarti con il tuo secondo nome, lo posso fare anche io.» Gli lanciai uno schiaffo in pieno viso. Il rumore fece eco nella stanza, ma non badai a questo.
«Non devi neppure nominarlo.» ringhiai a denti stretti, mentre Beatrice mi guardò stupita e anche un po' orgogliosa.
«Credo proprio che andrò a prendermi qualcosa da bere.» si dileguò tra la folla, mentre Nate si tenne una mano sul volto, quasi sull'orlo di piangere dal dolore. Mi voltai, e andai fuori in giardino, con passo sicuro e con un sorriso in volto che faceva invidia al sole. Vedere Nate sconfitto mi mise di buon umore. Ero sempre più convinta che Graham sentisse i miei messaggi vocali, tutti quelli che gli avevo lasciato in segreteria. Dovevo assolutamente raccontargli questa cosa, avrebbe sorriso davvero tanto. Quindi presi il cellulare, composi il numero e aspettai che scattasse la segreteria per l'ennesima volta.
«Pronto?» Stavolta non ci fu la voce registrata di Graham a rispondermi. Fu lui stesso a farlo.
«Graham..?» chiesi, spaventata.
«Sì, sono io, May.»

May - May 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora