May
Capitolo 19
Il venerdì mattina mi alzai di buon ora. Era una giornata abbastanza bella, tutto era perfetto da quando Graham aveva rimesso la testa al posto giusto, ma restava un'ultima cosa da fare. Nate non sarebbe venuto quel weekend, mi aveva detto che doveva studiare e lunedì avrebbe dovuto sostenere un esame importante. Speravo venisse, dovevo parlargli, mettere in chiaro le cose: amavo Graham, non c'era nulla da fare. Nessuna distrazione o altro ragazzo mi avrebbe permesso di dimenticarlo. Lui era nelle mie osse e ci restava. Presi il mio cellulare, cercai qualche volo low cost e lo prenotai. L'aereo partiva quella mattina stessa ed io dovevo sbrigarmi. L'avevo preso a buon prezzo e mi avrebbe permesso di andare e tornare in un giorno soltanto. Mi vestii leggera, scarpe comode e una felpa nel caso avesse fatto freddo. La mia borsa era piena di roba utile per un viaggio breve, perfetto. Scesi le scale piano, senza far rumore. Gran dormiva teneramente sul divano. Non gli avevo ancora permesso di dormire nel mio letto, lo stavo facendo penare un po' perché un po' lo meritava. Non bastava comportarsi bene, doveva dimostrarmi una volta per tutte che mi amava tanto quanto io amassi lui. Fu meglio scrivergli un biglietto, se no mi avrebbe fermata e non mi avrebbe mandata sola da Nate. Quindi feci in fretta, scrissi un veloce "Ci vediamo stasera tardi, non mi aspettare, torno presto. May" e uscii di casa recandomi all'aeroporto. Mi sentivo in colpa, lo ammetto. Lasciare Graham senza dir nulla mi fece un po' male al petto. Allontanarmi era sempre molto difficile, soprattutto perché avevo bisogno di lui nella mia vita, in ogni cosa. Era la mia stella, Graham. Nonostante lo avessi odiato molto, lo amavo il doppio e questo bastava per amarlo ancora di più. Se non fosse stato vero amore, allora non avrebbe avuto senso. Eppure un senso lo aveva. Il soffrire, l'amarsi, implorarsi. Erano tutte fasi dell'amore, quello che si radivaca in te e nel cuore. Graham era questo: le radici del mio albero. Nessuno ci avrebbe mai divisi, perché per dividerci aveva bisogno di uccidere entrambi. Nella vita e nella morte saremmo sempre stati assieme.
**
«Ehy, cerchi qualcuno?» sobbalzai di scatto a quella voce così vigorosa e bassa. Mi girai e vidi un ragazzo dagli occhi verdi fissarmi divertito. Okay, venire da sola non era poi stata una grande idea. Era più alto di me e mi sentii piccola.
«Uhm sì, cerco Nate.» ero arrivata al campus da mezz'ora e ancora non ero riuscita a trovarlo. Fosse questo ragazzo mi avrebbe aiutato. Lui rise.
«Nate, eh? Capelli neri, occhi grigi?» ci aveva azzeccato!
«Esattamente!» esclamai entusiasta.
«Sei sua sorella?» domandò il ragazzo.
«No, sono la sua..uhm ragazza.» lui scoppiò a ridere.
«Ragazza? Nate non è tipo da ragazze!» rise di nuovo. Non riuscivo davvero a capire.
«Perché dici questo?» chiesi, dubbiosa.
«Forse è meglio se vedi con i tuoi occhi. Dai andiamo, ti porto da lui.» annuii, confusa. «Comunque sono Marcel, piacere.»
«Norah, ma per gli amici May.» Marcel annuì, ma era divertito e non fece altro che scuotere la testa, come se quello che gli avessi detto non era vero. Forse Nate aveva trovato qualcun altro? Se così fosse stato, meglio. Mi avrebbe risparmiato l'attimo in cui gli avrei spaccato il cuore.
«May, non essere così in pensiero. Nate sta bene, è solo che ha gusti molto diversi adesso.» Marcel continuava a stuzzicarmi con questi rebus da risolvere.
«Sei tutto un mistero, Marcel.» fece una smorfia.
«Siamo arrivati, tesoro.» mi mostrò la porta della camera di Nate, poi bussò. Aspettammo due minuti ma nessuno venne ad aprire. C'erano comunque dei rumori provenienti dalla stanza. Forse stava vestendosi per venire ad aprire.
«È occupato, immaginavo.» ridacchiò, mostrandomi le sue fossette. Era un brava ragazzo in fondo, ma Graham non sarebbe stato molto contento se fosse stato qui..
«Oh eccolo!» la porta si aprì e vidi un Nate a torso nudo con solo i boxer..e sul letto un altro ragazzo che aveva il corpo coperto per metà dal lenzuolo bianco. La mia bocca era aperta, se non fosse stata attaccata al mio volto la mascella avrebbe toccato terra tipo nel film The Mask. Ero sconvolta, ma non per quello che avevo appena visto. Nate mi aveva riempito di bugie sin da subito e stare con me era solo un modo per coprire la sua reputazione.
Appena mi vide l'espressione di Nate divenne gelida. Rimase fermo a fissarmi come se fossi una madre che scopre il figlio a fumare erba in camera.
«May, posso spiegarti.» mi disse toccandomi il braccio. Io mi scansai.
«Per una sola volta, dimmi la verità Nate. Perché stavi con me? Perché fingevi che io fossi importante?» risposi, arrabbiata.
«Era solo un modo per non dire agli altri ciò che sono. Ho avuto paura, May. Non è facile venire accettato da tutti, soprattutto dalla famiglia. Io sono questo. Mi spiace che tu l'abbia scoperto in questo modo ma te lo avrei detto.»
«Quando? Quando avremmo avuto un futuro assieme? Oppure avresti mentito per tutta la vita?» scossi la testa «Non sono arrabbiata per questo, Nate. Essere gay non dovrebbe spaventarti. Anzi, devi mostrare quel che sei perché magari trovi qualcuno che ti ami come vuoi tu. Ma Nate, avresti dovuto dirmelo.» lui annuì, dispiaciuto. «Scoprirlo così è stato uno shock, ma non fa nulla. Ero venuta qui per dirti che non c'era speranza tra noi e che amo Graham più della mia stessa vita.»
«Oh, May. Mi spiace anche aver lottato contro di lui. Mesi fa volevo solo proteggerti dal male che ti ha fatto, ovviamente mi stavi e mi stai molto a cuore, come amica.»
«Va bene, Nate. Hai il mio numero, sai dove abito. Vienimi a trovare quando vuoi. Mangiamo qualcosa, trascorriamo un po' di tempo e mi racconti tutto.»
«Sì, May.»
«Perfetto. Allora io torno a casa da Graham, non ha senso restare.» Nate annuì di nuovo, ancora un po' dispiaciuto ma sollevato dal fatto che io ormai sapessi tutto. Ci salutammo e andai via di lì. Mi mancava ora più che mai Graham, così scrissi a lui un sms: "Sto tornando a casa, amore."
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May - May 2
ChickLitMAY Bukowski scrisse: "Era bello che fosse lei a stringermi, a lasciar perdere le parole." Aveva ragione. Quando Norah May Alcott mi teneva tra le sue braccia, stretto al suo corpo caldo, le parole non servivano. Curava le mie cicatrici con la forz...