Capitolo 7
Graham
New York, settimo giorno.
Mi alzai bruscamente da quel letto sporco e scomodo. Avevo i muscoli a pezzi, un po' per l'allenamento a cui Joker mi aveva sottoposto, un po' perché quel posto in cui stavo faceva schifo e soprattutto perché sentivo la mancanza di May.
Andai in bagno, mi feci una doccia veloce per rilassare il corpo e i muscoli, poi tornai in camera e fissai il panorama che si vedeva dalla mia unica finestra. Una strada trafficata, piena di spacciatori, gente brutta e malvagia.
La nuova routine mi stressava, mi uccideva. Perché May non era lì, il suo odore non riempiva la stanza, il suo corpo non si attorcigliava al mio, il suo sorriso non illuminava il mio cuore.
Mi sentivo vuoto, demoralizzato. Sapere che le avevo spezzato il cuore mi rompeva le ossa.
Non dormivo più, e se prendevo sonno facevo degli incubi atroci.
I giorni passavano ed io non sapevo se quando fossi tornato, lei mi avrebbe perdonato. Perché l'idea di non poterla più avere nella mia vita, mi terrorizzava.
Per questo continuavo ad andare avanti, mettevo tutta la mia rabbia nei muscoli e la sfogavo negli allenamenti. Ero forte, veloce e molto agile. L'allenatore che mi aveva affiancato Joker era molto preciso, vedeva la mia determinazione e mi dava dei consigli per mettere l'avversario K.O. perché caspita, Leon era davvero uno tosto. Pesava 50kg più di me ed era il re degli incontri clandestini di N.Y.
Tutti lo temevano, nessuno osava lanciargli una sfida o combattere contro di lui. Nessuno ne usciva vivo. Era come un leone, non potevi sfuggirgli, non potevi essere più veloce e più forte di lui. Il tuo destino era segnato: una vittima sanguinante e sbranata in quel ring.
Ma io ero più furbo di lui, potevo batterlo. Sì che potevo, perché io avevo un motivo per combattere: la libertà di amare May senza più nulla che potesse dividerci. Lottavo per lei, per il nostro amore e speravo che lei capisse che lasciarla era stato come spezzarmi le gambe. Un dolore atroce.
Respirai a fatica al pensiero di lei, così raggiunsi il letto ed alzai il cuscino trovando la foto di noi due che avevo portato via sette giorni fa.
Dio, com'era bella la mia musa.
L'amavo più di qualsiasi altra cosa al mondo e dovevo riaverla.
All'improvviso distolsi i pensieri all'arrivo di un messaggio, il luogo per l'incontro era stato fissato.
Adesso toccava a me fare il prossimo passo.
Frugai dentro il mio borsone alla ricerca del cellulare usa e getta che avevo comprato il giorno dopo essere arrivato. Usare il mio per avvertire Ric era assolutamente da idioti, perché sapevo che Joker mi stava alle calcagna e mi controllava. Così non avrei rischiato di compromettere la missione.
Composi il numero di Ric e lui rispose solo al terzo squillo.
«Ric». Sospirai pesantemente.
«Graham, finalmente. Sono stato in pensiero per te».
«Sto bene, me la cavo benissimo. Sono solo un po' stanco per via dell'allenamento».
«Per fortuna, Norah sarà felice di sapere che stai bene». A quel nome trattenni il respiro, era strano sentirlo dire. Perché per me era May, il nome che amavo.
«Glielo hai detto». Dissi, non era assolutamente una domanda, sicuramente Ric aveva parlato con Joy e lei aveva insistito tanto per avvertire May.
«Ho dovuto, mi spiace. Ma stai tranquillo, non sta facendo niente di stupido o insensato, anche perché è a letto con una brutta nausea, ha preso un virus intestinale».
«Cazzo, odio essere lontano da lei quando sta male».
«Graham, lei ha capito. Ti aspetta, okay? Combatti tranquillamente perché dopo che tutta questa storia sarà finita, lei sarà ad aspettarti a braccia aperte».
È la cosa più bella che potessero dirmi in questo momento.
«Oddio, io...la amo. Tanto, tantissimo Ric. La amo più della mia stessa vita. Dille di riprendersi, che la penso ogni singolo istante della mia vita e che quando torno la porterò da qualche parte, solo io e lei. E anche che mi dispiace averle spezzato il cuore, ma dovevo».
«Riferirò ogni parola a Norah quando si sveglierà, in questo momento sta dormendo. Con questo brutto virus dorme poco e male».
Cazzo, sapere che May era lì, accanto a lui in quel momento mi fece seccare la bocca.
«Puoi...puoi ehm, puoi farmi sentire il suo respiro?» era una richiesta così da deboli, ma cazzo, non me ne fregava nulla, volevo sentire May. «Per favore, ne ho bisogno». Lo stavo supplicando.
Ric non disse nulla, piuttosto il mio cuore perse un battito quando sentii il suo respiro regolare entrarmi nelle orecchie.
«Cazzo, ti amo, ti amo May». Imprecai, ma poi mi ricordai che lei non poteva sentirmi, stava dormendo, eppure speravo che quelle parole le arrivassero dritte al cuore.
«Va tutto bene, amico?» la voce di Ric aveva sostituito i respiri di May.
«No, cazzo no. Stavo anche dimenticando perché ti ho chiamato». Gli riferii il luogo e l'ora dell'incontro, poi ci salutammo e mi promise di prendersi cura di May. Distrussi il cellulare, l'avrei buttato in un cassonetto lontano da quella zona per non avere problemi.
Ero ancora scombussolato dall'aver sentito i respiri di May che quasi dimenticai anche di non fare tardi all'allenamento, il coach odiava le persone che arrivavano in ritardo.
Quei respiri li portai con me per tutto il giorno e sorrisi per la prima volta in sette giorni. May mi aveva perdonato e mi amava ancora.
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May - May 2
ChickLitMAY Bukowski scrisse: "Era bello che fosse lei a stringermi, a lasciar perdere le parole." Aveva ragione. Quando Norah May Alcott mi teneva tra le sue braccia, stretto al suo corpo caldo, le parole non servivano. Curava le mie cicatrici con la forz...