Capitolo 7

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Dimitri era riuscito a infilarsi sotto al colonnato e da lì aveva cominciato a procedere verso l'area dietro al palco, ancora saldamente difesa dai suoi, mentre tutto intorno sembrava che i Malebranche fossero scesi su Piazza del Plebiscito a portare il caos. Avanzava piano, reggendo Tatiana che camminava ancora a fatica. I sovietici presidiavano l'area dietro al palco, occupando le scalinate e l'atrio della basilica. Avevano fatto entrare i cosmonauti e le altre personalità di spicco nella chiesa, per proteggerli, e si stavano riorganizzando. Dimitri per poco non venne respinto dal cordone di sicurezza disposto sulla scalinata. Raggiunse l'atrio dove incontrò Golikov e alcuni altri agenti dell'IKPS.

«Dimitri!» esclamò l'uomo. «Sei salvo, temevo il peggio. La situazione è fuori controllo.»

«Lo so, c'ero in mezzo» rispose Doskov. 

Personale di sicurezza e militari sciamavano frenetici da una parte all'altra dell'atrio e il commissario fu urtato più volte da qualcuno di passaggio.

«Lei chi è?» domandò Golikov indicando Tatiana.

«Un'amica.»

Il superiore lo guardò male. «È russa, dei nostri. Non potevo lasciarla là fuori.»

Arkady lo guardò storto, con disapprovazione.

«Ah, va bene» disse. «Falla sedere da qualche parte.»

«Gli italiani!» qualcuno stava urlando in mezzo alla ressa. «Gli italiani sono impazziti, aggrediscono i nostri!»

Golikov agguantò per un braccio l'agente che aveva urlato quelle frasi e che gli era appena passato vicino. «Cosa?» domandò perplesso.

«I poliziotti italiani, in piazza, stanno manganellando i nostri» l'uomo aveva il respiro affannato e un'aria stralunata.

«I marinai dici?»

«No, no» l'uomo si massaggiò le tempie. «Da non credere. I nostri agenti. Ero là in mezzo, sono scappato per un soffio.»

«Gli italiani sono impazziti?» Golikov si rivolse a Dimitri. «O stanno organizzando qualcosa contro di noi? I reazionari hanno infiltrato le loro forze dell'ordine? O, addirittura» esitò. «Direttive dal loro governo?»

«Arkady, non vaneggiare» disse Doskov. «Credo che non sia niente di tutto questo. Non stanno organizzando niente. Hanno perso il controllo dei loro reparti, i loro agenti sono andati nel panico e hanno agito di testa propria e alla rinfusa. Non c'è un piano dietro, mantieni la calma.»

«Non lo so» disse Galikov pensoso. «Lo spero. Tu» si rivolse all'uomo fuggito dalla piazza. «Non seminare il panico. Ne parlo con gli altri e valutiamo il da farsi.»

«Manteniamo la calma» disse Doskov.

«Il ragazzo ha ragione» Ilyushkin apparve dal nulla. «Certo, il suo rapporto con gli italiani non lo rende magari troppo oggettivo ma penso che in realtà anche questo gli permetta di vederci più lungo di noi, mi ha convinto.» Si schiarì la voce: «Galikov, contattate gli italiani e fate finire subito questa pazzia. Siete voi il comitato preposto alla collaborazione con loro, spetta a voi gestire la situazione. Io sono solo uno sciocco militare...»

«Dov'è quel tuo amico?» domandò Arkady a Doskov.

«L'ispettore Gagliardi? Immagino là in mezzo, non lo so, l'ho perso di vista.»

«Ci sarebbe stato d'aiuto per chiarire la situazione. Avanti, mettetemi in contatto con gli italiani!» Galikov ordinò ai sottoposti. «Speriamo di riuscire a disinnescare la situazione. Stavamo rischiando di reagire male e se le cose andranno per il meglio sarà soprattutto merito vostro, Dimitri Sergeyevich» disse Ilyushkin al commissario.

Napoli non crede alle lacrimeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora