Capitolo 16

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Per quel giorno ne avevano avuto abbastanza. Lasciarono Steuer in questura insieme a Riccio, poi si recarono a casa. Avrebbero dovuto spiegare ciò che era accaduto all'auto del signor Gagliardi alla famiglia, ma decisero per intanto di rimandare. Dimitri lasciò l'ispettore a casa e si recò da Tatiana promettendo all'italiano che avrebbero affrontato insieme la questione coi suoi parenti. Il sovietico raggiunse la ragazza al suo condominio e poi insieme fecero una passeggiata per le strade del quartiere. Si stava riprendendo bene dai fatti di Piazza del Plebiscito.

«Non abbiamo più avuto modo di parlare della sera in cui hai scoperto ciò che faccio per vivere» lo spiazzò la ragazza all'improvviso, dopo alcuni convenevoli.

«No, no. Ma non è necessario che ne parliamo» rispose lui, preso un po' alla sprovvista. Sperava di rimandare quel tipo di discorso a un momento più tranquillo, ma la ragazza sembrava intenzionata a non sorvolare.

«No, per me è importante, Dima» disse lei ponendo una certa enfasi sul diminutivo dell'uomo. «Io purtroppo al momento devo vivere così. Non mi piace, per nulla, ma è l'unico modo che ho trovato per sfamare me e Mimmo. A Torino lavoravo, poi ho lasciato tutto per venire qui, crescere un figlio da sola mi spaventava e speravo che i genitori di Luigi ci aiutassero. Quanto mi sbagliavo...» sorrise amareggiata. «Ho provato poi a ricontattare la fabbrica in cui lavoravo ma non hanno voluto riprendermi. Qui non c'è molto lavoro, poco, malpagato. A parte l'operaia non so fare nulla, non si trova molto lavoro di questo tipo qua. Avevo bisogno di soldi, subito, e così sono finita in questo mondo.»

Si coprì il volto con una mano.

«Potevo tornare da noi, in Russia. Almeno là un lavoro lo stato me l'avrebbe dato, qualsiasi cosa fosse. Ma non voglio tornarci. Non voglio e comunque non posso strappare Mimmo dal suo mondo. E quelli del partito non mi accoglierebbero benissimo, dopo che mi sono chiusa la porta alle spalle. Almeno ciò che faccio mi fa mettere il pane in tavola, pagare l'affitto e tutte le spese per Mimmo. È una vita che non augurerei a nessuno, ma per ora mi accontento di questo.»

Dimitri tacque, fissando la strada davanti a sé.

«Ti faccio schifo, Dima?» chiese lei.

«Non farti venire in mente un'idea del genere» le disse, voltando lo sguardo verso di lei.

«Io alle volte sì, ma poi passa» rispose lei.

«Tania» disse, usando il diminutivo della giovane. «Forse potrei aiutarti a trovare qualcosa. Il russo è la tua lingua e parli bene italiano. Saresti utilissima alla mia agenzia, o magari alla nostra ambasciata qui. Cercano sempre persone che parlino entrambe le lingue e al tuo livello non è facile trovarne. Sono abbastanza certo che potrei farti avere un posto da traduttrice, anche se magari dovresti trasferirti a Roma. Ma ne varrebbe decisamente la pena.»

La ragazza arrossì leggermente.

«No Dimitri, non voglio chiederti una cosa del genere. Non voglio dipendere da altri, e a dirla tutta non voglio neanche avere a che fare con l'agenzia per cui lavori. Quelli del partito non mi vorrebbero.»

«Non essere sciocca, Tania, non ci sarebbe alcun problema. Sarebbe un'occasione per lasciarti indietro questa vita.»

«Dima, so che dire. Forse hai ragione, ma voglio farcela da sola. E poi se quelli del partito lo sapessero...»

«Non preoccuparti di questo» ribatté Doskov.

Tatiana sembrava scettica.

«Non lo so. Devo...devo pensarci.»

«Certo» rispose lui. «Mimmo come sta?»

«Bene, non è stato troppo turbato da quello che è successo.»

Napoli non crede alle lacrimeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora