Capitolo 8

4 1 0
                                    

Raggiunse la ragazza presso una delle ambulanze disposte davanti alla basilica mentre un paramedico ne controllava le condizioni.

«Probabilmente un leggero trauma cranico» comunicò a Dimitri, scambiandolo per il marito. «Sarebbe magari il caso di fare altri accertamenti in ospedale ma noi non possiamo portarla, abbiamo casi molto più gravi a cui pensare. Comunque è vigile e cosciente, se la caverà.»

Il russo ringraziò l'uomo e si incamminò verso la camionetta a una ventina di metri dove stazionava Gagliardi con la sua squadra.

«Tatiana!» esclamò l'ispettore preoccupato quando la vide avvicinarsi con quel passo incerto.

«Fatemi sedere» riuscì solo a dire la donna.

Gagliardi la fece accomodare su un sedile del veicolo.

«Kak vy sebya chuvstvuyete?» le domandò Dimitri.

«Parla in italiano, per favore, vorrei capire anch'io», Aldo si sentiva escluso dal dialogo.

«Non sto molto bene, mi gira ancora la testa. Mi rimbomba tutto» disse la ragazza rabbrividendo.

«Ce la siamo vista tutti brutta. Non preoccuparti, vedrai che ti riprendi» le disse Aldo.

«Ma cos'è successo?» domandò lei con un fil di voce.

«Non lo sappiamo ancora di preciso. Però, una domanda devo fartela io anche se forse non è il momento migliore. Potrebbe essere d'aiuto. Quell'uomo che hai riconosciuto, chi era?» chiese Dimitri.

«Uomo? Che uomo?»

«Quello coi baffi. Sembrava che anche lui ti avesse riconosciuto.»

«Quell'uomo...quell'uomo...» la ragazza stava raschiando a fatica nei ricordi.

Era visibilmente ancora confusa e faticava a ricordare anche fatti di poche ore prima.

«Lasciala stare Dimitri, non vedi come sta? Non farla sforzare inutilmente» si intromise Aldo.

«Quell'uomo! Sì, sì!» Tatiana sembrò improvvisamente riprendere vita. «Quello coi baffi. Sono sicura di averlo già visto. Ma non qui, no.»

«Qui a Napoli intendi?» disse Doskov.

«No, no. Qui in Italia.»

«E dove l'hai visto?»

«In patria, è ovvio. Non sono mai stata da altre parti.»

«Un russo?» domandò perplesso il commissario.

«No, italiano. Lui era...sì, ora ricordo!» i suoi occhi si illuminarono.

«Un diplomatico?» tirò a indovinare Aldo.

«No, no. Che c'entra. Era uno degli operai della Fiat arrivati insieme al mio Luigi nella fabbrica a Togliatti. Non te lo potevi certo dimenticare.»

«Perché?» chiese Dimitri sporgendosi leggermente verso di lei..

«Era quello che creava più problemi di tutti fra gli operai italiani. Non si trovava bene. Da quello che mi ha detto Luigi diceva che non era quello che si aspettava, che era deluso. Aveva parlato più volte di scioperare per le condizioni di lavoro e si erano creati problemi con quelli del partito. Alla fine l'avevano rimandato a casa prima del tempo.»

«Come si chiama?»

«So solo che lo chiamavano tutti Marietto.»

«Marietto...» ripeté Doskov pensoso.

«Beh, mi sembra ovvio, cerchiamo qualcuno che si chiama Mario» tagliò corto Gagliardi.

«Quel Marietto era un bel tipo» continuò la ragazza. «Non le mandava certo a dire, persino da noi. Aveva provato spesso a parlare con gli operai russi e una volta aveva chiesto a me di fare da interprete. Ma io conoscevo ancora poche parole italiane e il mio Luigi mi aveva sconsigliato in tutti i modi di farlo. Aveva litigato con lui, non voleva coinvolgermi. Quelli del partito in fabbrica non erano per niente contenti» la ragazza si massaggiò le tempie. «Il Marietto, come lo chiamavano alcuni suoi colleghi, non se n'era reso molto conto ma correva dei rischi. Fare discorsi del genere era visto male, sia dai suoi dirigenti che soprattutto dai nostri. C'erano state discussioni in alto e alla fine l'aveva mandato via, anche se correva rischi peggiori.»

Napoli non crede alle lacrimeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora