Capitolo 9

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La visita dei cosmonauti si apre con un disastro. Su Napoli una notte senza stelle, Piazza del Plebiscito nel caos. Per aspera ad astra, ma per ora vediamo solo le asperità.

Così i giornali nazionali titolavano quella stessa mattina riferendosi alla nottata appena trascorsa. Un giornalista milanese aveva coniato un termine, "Piazza di Caporetto", per riferirsi alla drammatico fallimento della serata precedente, agli scontri che si erano svolti e all'esodo dei cittadini dalla piazza in subbuglio che ricordavano le masse di italiani in fuga dall'avanzata austriaca durante la Grande Guerra. Il principale quotidiano napoletano era riuscito a raccogliere diverse testimonianze di prima mano e grazie a esse aveva tentato di offrire una sommaria ricostruzione dei fatti della nottata corredata da una serie di ipotesi circa cause e svolgimento dell'avvenimento. L'opinione pubblica italiana era spaccata e confusa sulla questione. Si stava ancora riprendendo dal recente attentato alla stazione di Milano e ora sembrava che la città partenopea fosse in preda all'anarchia. Cos'avevano fatto le autorità? Com'era possibile che non fossero state in grado di garantire la sicurezza di tutti i cittadini presenti? Ed erano vere le voci che parlavano di efferati scontri tra la polizia e i sovietici? Timore e diffidenza venivano rimbalzati dal passaparola, alimentati da radio, tv e giornali. 

Il governo italiano non aveva ancora espresso un ufficiale resoconto dei fatti ed era toccato per intanto alla questura diramare un generico comunicato sugli avvenimenti, garantendo che l'ordine era stato ristabilito, mentre la prefettura prendeva tempo in attesa di direttive precise da Roma. Erano già state presentate diverse interrogazioni parlamentari sulla vicenda, non solo da parte dei partiti di opposizione. Si vociferava che il primo ministro italiano avesse già parlato con l'ambasciatore sovietico in Italia e che fosse in corso un dialogo sulla questione direttamente col segretario generale del PCUS. I giornali più critici al governo, allineati alle posizioni dei partiti di opposizione parlamentari ed extraparlamentari, avviarono un fuoco di sbarramento totale. Pubblicavano storie dell'orrore che descrivevano le indiscriminate aggressioni della polizia di stato e soprattutto dei sovietici contro manifestanti e semplici spettatori, cittadini innocenti la cui unica colpa era stata partecipare a un evento organizzato dai russi. 

Stando alle testimonianze riportate erano stati aggrediti addirittura anziani e bambini, si parlava di uno stupro perpetrato da un marinaio russo o forse peggio ancora da uno dei loro agenti di sicurezza, si avanzava l'ipotesi che il morto di cui parlavano tutti i giornali era stato colpito da un proiettile calibro 7,62 × 39. Calibro usato, come tutti sapevano, dalle forze armate sovietiche. Tra tutti soprattutto il quotidiano diretto dal giornalista più attivo nel cosmo della destra, quello con un trascorso vicino al regime durante il ventennio, aveva pubblicato una serie di articoli aspri e senza mezzi termini: si denunciava l'aggressione dei sovietici alle forze dell'ordine nostrane e si sottolineava l'estrema gravità delle loro azioni, accusandoli di voler sottomettere le autorità italiane al proprio volere incuranti della sovranità italiana sul proprio territorio e forse addirittura porre le basi per sovvertire il paese.

Napoli si era svegliata in un clima da fine del mondo. Non che avesse veramente dormito, visto il frastuono delle sirene che aveva invaso le strade partenopee per tutta la notte. Aldo era in questura da ore ormai. Dopo che i genitori arrivarono a prelevare Tatiana (Carmela era in un forte stato d'ansia e pregò invano il figlio di tornare a casa con loro) lasciò finalmente Piazza del Plebiscito insieme ai suoi uomini per andare in questura a fare il punto della situazione e a presentare il proprio rapporto sugli eventi della nottata. Diramato lo stato d'allerta erano stati richiamati in servizio tutti gli agenti disponibili in servizio. Qualcuno ai piani alti, senza neanche cercare di nasconderlo, temeva la reazione dei sovietici. Era stato ordinato di controllare che i russi rientrassero alle navi attraccate in porto e alla base che era stata loro assegnata in città, evitando che ci fossero ulteriori incidenti e assicurandosi che non si muovessero per Napoli mentre i servizi segreti italiani cercavano di mettere insieme i pezzi e la politica dialogava con Mosca per chiarire la situazione.

Napoli non crede alle lacrimeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora