Capitolo 18

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«Ha spostato lei i miei libri?» esclamò Dimitri entrando concitato in cucina.

Era mattina presto e Aldo dormiva ancora.

«Libri?» domandò perplessa Carmela. «Ah, sì! Quelli! Li ho messi nel cassetto della scrivania in camera vostra. Li ho trovati sul vostro letto mettendo a posto la stanza e ho preferito metterveli da parte.»

La donna uscì dal locale e si recò in camera, seguita dal commissario. Aprì uno dei cassetti del vecchio tavolo in legno addossato a una parete e ne estrasse i tre volumi.

«Questi, giusto?»

«Da» confermò Dimitri sollevato. «Scusi l'irruenza signora Gagliardi, ma ci sono molto legato.»

«Capisco» commentò lei. «Tu, tu...» la donna provò a leggere il titolo di uno dei libri.

«È in cirillico signora, si legge Tumannost' Andromedy. La Nebulosa di Andromeda, in italiano. Di Efremov.»

«E questo?» Carmela indicò la copertina di un altro dei libri.

«Trudno byt' bogom. È difficile essere un dio» tradusse il russo.

«Che titolo curioso, ma che è? Parla di religione?» chiese la donna, sperando non fosse nulla di blasfemo.

«In un certo senso. È un romanzo di, come si dice?» il russo si grattò un attimo la nuca cercando il vocabolo. «Ah sì, fantascienza

«Bah, non ci capisco molto di quella roba. E questo?» disse Carmela indicando l'altro volume. «Manco ci provo a leggere il titolo.»

«Ponedel'nik načinaetsja v subbotu» Dimitri recitò a memoria il titolo. «Lunedì inizia sabato» tradusse subito dopo.

«Ancora più assurdo questo» commentò lei.

«Un po'» Dimitri sorrise. «È il loro stile.»

«Loro?»

«Gli autori, i fratelli Strugatsky.»

«Mai sentiti...» commentò Carmela.

«Sono due scrittori sovietici di fantascienza, molto brillanti. Purtroppo qui non sono molto conosciuti...»

«Capisco» disse la donna aprendo il libro sul lunedì e il sabato e sfogliando le prime pagine.

Sul frontespizio, in basso, erano riportate poche parole in cirillico e quella che sembrava una firma. Pur non capendone il senso notò che la scrittura era molto elegante e intuì si trattasse di una dedica.

«È un regalo?» chiese Carmela.

«Esatto» confermò il russo. «Di un amico molto, molto caro.»

Il ragazzino era diventato ormai parte integrante del gruppo. Era apparso una gelida sera nel misero bar in cui erano soliti riunirsi una volta a settimana e da allora era stato praticamente adottato. Erano un eterogeneo gruppo di ricercatori e scienziati arrivati pochissimi anni prima all'Akademgorodok, la città accademica, il grande polo scientifico e tecnologico capoluogo siberiano dell'Accademia delle scienze dell'URSS, recentemente fondata nei pressi di Novosibirsk. Formalmente parte della grande città industriale era diventata in realtà un'entità a sé stante, una cittadella quasi indipendente dove vivevano e lavoravano centinaia di illustri scienziati sovietici. Era immersa in una foresta di pini e betulle e collocata nei pressi del mare dell'Ob, un bacino idrico artificiale creatosi dopo la costruzione di una diga sul grande fiume Ob; la diga serviva alla centrale idroelettrica di Novosibirsk costruita a metà degli anni cinquanta, portentosa centrale che riforniva di energia le grandi e numerose industrie di Novosibirsk, personalmente visitata da Kruscev e da Nixon sul finire del decennio.

Napoli non crede alle lacrimeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora