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«Mmm»

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«Mmm».
L'espressione del ragazzo non era per nulla convinta, mentre sondava il volto dell'amico.
Tuttavia non poté fare altro che mollare la presa e indietreggiare verso la porta. «Come vuoi tu- inizierò ad andare»
«Sì, ti raggiungo in mensa fra poco», gli sorrise Geto, deglutendo un'ansia sempre più schietta.
E finalmente, dopo una serie interminabile di minuti, poté richiudere la porta su Gojo.
Passandosi le mani sul volto, inchiodò gli occhi sul materasso vuoto e liberò il respiro.
Perché? Perché mi sto sentendo così male?
«Caspita», lo colse la voce della Uzumoe alle spalle, ricomparendo davanti al bagno. «E io che mi aspettavo una fidanzata segreta», aggiunse con fare tra il sorpreso e il divertito.
«Non era il caso che lo sapesse»
«Sì, l'ho capito da come mi hai lanciata in bagno»
«Senpai-», si bloccò, lasciandosi andare ad un lungo sospiro.
La verità era che nemmeno lui stava riuscendo a capire il motivo per cui aveva reagito in quel modo: aveva fatto sesso, aveva perso la verginità, prima o poi sarebbe dovuto succedere, no?
«Che sorpresa», esordì la Uzumoe, incrociandosi le braccia sul petto.
Liberato anche lei un sospiro, tornò quindi in camera.
Geto, in pochissimi secondi, l'aveva spinta giù dal letto per raccattare vestiti e borsone e nasconderla in bagno: tutto dopo che Satoru si era annunciato alla porta.
E ora non le riusciva proprio di reprimere il sorriso, nel prendere atto che fosse lui la persona da cui Suguru l'aveva voluta tenere nascosta. Grattandosi combattuta la fronte, lo squadrò di sottecchi.
«Quindi? Gojo lo sa?»
«Sa cosa-»
«Che sei innamorato di lui».
In tutta risposta Geto le schiantò gli occhi in faccia, paralizzandosi da capo a piedi.
Che?!
«Mi hai chiusa in bagno», sottolineò Mimi, sforzandosi di prendere la conversazione col tatto dovuto. «Geto- mi hai chiusa in bagno... perché il principino non scoprisse che abbiamo scopato», aggiunse. «Non può non suonarti ambigua»
«No, in effetti- non può».
Quello che seguì fu probabilmente uno dei silenzi più sordi e imbarazzanti in cui Geto si fosse mai ritrovato: persino guardarla gli causava disagio, ormai, e per quanto non avesse senso, non riusciva a evitare di percepire nell'animo un profondo rammarico.
«Wow», sussurrò la donna, velatamente risentita.
«Aspetta, non fraintendere»
«Ti sei pentito di stanotte, non c'è molto da fraintendere», sorrise lei. «Certo non era il tipo di risveglio che mi aspettavo, dopo averti sverginato-»
«Mi è piaciuto, davvero», ribatté Geto, sperando di riparare al danno. «È solo che-»
«Scopando con me ti senti di averlo tradito»
«Ma no!, cioè... non lo so, io-».
Quel discorso lo stava confondendo. Ed erano giorni, ormai, forse persino settimane che dalla questione non riusciva a trarre alcuna risposta chiara.
«Io non capisco cosa provo», affermò infine. «Però sì. Mi sento in colpa».
Sospirando, Mimi prese posto sul materasso.
«Avanti», lo esortò poi, battendo la mano sul lenzuolo affinché le si sedesse accanto.
I suoi bellissimi occhi d'ambra scivolarono quindi sul profilo del suo volto, riconoscendo la natura della sua tensione e quella rigidità con un moto di nostalgia.
«In un certo senso sono stata anche io il Satoru Gojo di Genjo Kimura», esordì infine.
Geto la squadrò allibito, facendole sbocciare un sorriso sulle labbra.
Non se l'aspettava, eh? Sì, pensò, a quindici anni si è proprio ciechi.
«Lui era un potente stregone nero circondato di alleati, per così dire amici- che in cambio della sua lealtà non hanno mai fatto altro che sfruttarne il potenziale. Cosa che lo rendeva molto più solo di quanto si potrebbe immaginare», prese a parlare, pronta a condividere la sua storia insieme a lui. «Mentre io ero- una promettente studentessa ad un passo dal diploma, il fiore all'occhiello dell'Istituto, con più pretendenti e spasimanti che amici. Anzi... si può dire che non ne avessi proprio. In sostanza stavamo entrambi vivendo due esistenze vuote. E finte. Quando io e Genjo ci siamo scontrati su quel campo di battaglia, durante la mia missione- quello scontro fu forse l'unico evento concreto e sincero che ci fosse mai capitato»
«È stata una tua scelta, quella di seguirlo. Non è vero?»
«Non la descriverei una vera e propria scelta... no», rispose. «Vedi, in giro se ne raccontano parecchie di versioni. Si dice che io l'abbia sconfitto in battaglia e che lui mi abbia poi rapita per saldare i conti. Altri invece sostengono si fosse invaghito di me e che mi avesse per questo soggiogata. Ma la verità è molto più semplice, per quanto risulti ancora scomoda ai Piani Alti. Da quella battaglia ne sono uscita vincitrice soltanto perché Genjo mi ha voluta risparmiare. Ha rinunciato all'utero maledetto e mi ha riportata personalmente ai margini della barriera dell'Istituto, qui a Tokyo. Capisci?»
«Credo di sì»
«Da allora, come avrai intuito, abbiamo cominciato a frequentarci. Ci vedevamo di nascosto ovviamente», riprese lei, lottando contro la nostalgia dei ricordi. «Ci andò bene per un paio di mesi, fino a che non venimmo scoperti. Genjo inizialmente venne soltanto minacciato da Yaga e dal preside, affinché mi stesse lontano e non si avvicinasse mai più all'Istituto. Di fronte alle mie insistenze, considerarono entrambi fosse il caso di tenere la questione lontana dai Piani Alti. Pensavano di poterla risolvere così. Inutile dirlo, abbiamo continuato a vederci- e così i Piani Alti si sono intromessi, minacciando di arrestare entrambi»
«E il motivo sarebbe?».
Che dolcezza, pensò la donna di fronte a quella domanda tanto fresca a genuina.
Mimi fu felice di cogliere la purezza ancora incorrotta del suo animo, quella per cui di fronte all'amore non esistono pregiudizi di sorta o limiti imponibili.
«Una studentessa che se la faceva con uno degli esponenti più forti e attivi della stregoneria nera? Immagina che scalpore per la società Jujutsu ammettere che c'è chi avalla certi focolai di ribellione al potere di quei maledetti».
Istintivamente, Geto ripensò alle parole di Gojo sulla questione. L'odio verso i dirigenti al governo doveva essere molto più esteso di quel che immaginava.
«Ad ogni modo, alla fine mi sono ritrovata a dover scegliere. O la mia carriera didattica- o l'uomo che amavo. Scelsi senza pensare alle conseguenze. Credevo ci avrebbero lasciati in pace, una volta presa la mia decisione, ma... ai Piani Alti parve più veritiero credere che fossi stata soggiogata. O almeno, parve loro comodo sostenerlo. Lo considerarono un valido espediente per mettere in ombra gli stregoni reputati neri solo perché in contrasto con il loro operato. E così fecero circolare la voce sul mio rapimento, venne messa una taglia sulla testa di Genjo e la nostra storia si trasformò in un caso di cronaca di cui tutta la società Jujutsu si riempie tutt'oggi la bocca», seguitò a raccontare, incapace di celare il disappunto e l'amarezza. «Per circa un anno abbiamo vissuto da fuggitivi. Fu un collaboratore del padre di Gojo a trovarci. Genjo però riuscì a fuggire- e così io divenni la sua esca per catturarlo e intascarsi la taglia»
«Ma quindi... è colpa del clan Gojo?».
Ennesimo colpo di scena? Erano complici o carnefici? Geto sentiva la testa esplodere.
«Non è colpa di chi voleva mettere le mani su Genjo. Quell'uomo e gli altri cacciatori di taglie conoscevano la versione che era stata resa pubblica. Fui io a raccontargli la verità, prima che potesse consegnarmi a quei nepotisti corrotti», rispose Mimi. «E lui penso si sia mosso a compassione. Ma sapeva che in breve tempo i Piani Alti si sarebbero intromessi- per questo mi ha portata a casa Gojo», sorrise. «Nessuno stregone nero si sarebbe mai sognato di avvicinarsi più di mezzo miglio al luogo in cui viveva quel ragazzino prodigio, nato coi Sei Occhi e il Minimo Infinito. La sola presenza di Satoru al mio fianco avrebbe dovuto tenere alla larga Genjo dalla trappola», continuò. «Ho vissuto da loro per tutta l'estate, con quel ragazzino viziato che dal detestarmi sono finita a non riuscire più a levarmelo dai piedi».
Suguru ne sorrise addolcito.
«Credo di essere stata la sua prima amica, per certi versi. Satoru- non ha delle capacità comunicative troppo efficaci-»
«Sì. Me ne sono accorto»
«Ma si porta dentro un mondo infinito di amore e compassione», precisò subito dopo la bella ventenne. «Mondo che però non sa esprimere»
«E che con te non ne ha avuto bisogno, grazie alla tua abilità- dico bene?»
«Esatto», annuì la donna.
Finalmente il mistero celato dietro al rapporto tra la Uzumoe e Satoru era svelato.
Ma in che modo erano riusciti a giustiziare comunque quel Genjo?
«Con l'inganno», affermò risoluta Mimi. «I Piani Alti provarono più volte, nel corso dell'estate passata, a convincere il signor Gojo e signora a consegnarmi. Non ci sono mai riusciti. La richiesta del clan Gojo era troppo, a detta loro- avrebbero dovuto ritirare pubblicamente le accuse di rapimento a danno di Genjo e permetterci di vivere come meglio credevamo. Uno smacco inimmaginabile, per quelle arroganti mele marce. E così, con una soffiata anonima a Genjo, un loro leccapiedi gli fece arrivare la voce che Satoru aveva già cominciato il suo percorso didattico e che pertanto la mia scorta era saltata»
«Ma... i Gojo non hanno mai provato a mettersi in contatto con lui? Almeno per riferirgli della loro posizione-».
Mimi scosse il capo. «Il Clan Gojo si era già preso una responsabilità enorme, schierandosi contro i Piani Alti. Cercare di rintracciare uno stregone nero li avrebbe resi suoi diretti complici agli occhi dell'intera comunità Jujutsu. Ne sarebbero usciti disintegrati a livello sociale», spiegò. «Di fatto loro hanno solamente preso me in custodia. E hanno sfruttato il figlio per tenere lontano Genjo. Sono riusciti ad allungargli la vita di qualche mese, ma purtroppo capisco che non potessero fare altro».
Geto comprese infine il motivo per cui Satoru stesso aveva descritto l'intera faccenda come più complessa e spinosa di quanto veniva raccontata in giro. L'intrico di potere, nomea familiare e dignità sociale che si muoveva dietro era più fitto di quel che ci si sarebbe mai potuti immaginare.
«La notte del primo settembre, Genjo è arrivato alla dimora dei Gojo», riprese a raccontare Mimi. «Ricordo ancora nitida la scena di me e Satoru in corridoio. Non sono- nemmeno riuscita a raggiungerlo. Siamo... scesi in salotto e- poi siamo usciti sul portico per capire se fosse già entrato nella proprietà. Satoru ha cercato di trattenermi fino all'ultimo, diceva che c'erano almeno una dozzina di stregoni pronti ad affrontarlo, là fuori. Gli ho chiesto di combattere al suo fianco. Mi ha detto che non poteva. E così- sono andata da sola, costringendolo a venirmi dietro. Ma quando abbiamo raggiunto l'ingresso della villa... lo avevano già accerchiato».
Le lacrime presero a scendere copiose e amare, liberandosi dalle ciglia scure della donna per ricadere una dopo l'altra sul dorso delle sue mani, serrate a pugno sulle gambe.
«Non l'ho visto morire. Satoru mi ha fatta voltare in tempo. Era qualche metro più avanti, rispetto a me- e ha capito subito cosa stessero per fare. Così... mi ha voltato col Bagliore Blu. Un... moccioso di quindici anni, capisci? Era solo un ragazzino- e ha dovuto assistere all'esecuzione di un uomo, colpevole solo di essere innamorato, di fronte al suo cancello di casa».
Geto inghiottì quelle parole una ad una, sentendole esacerbarsi nel suo animo: i primi germogli di un odio e di una rabbia che non avrebbero fatto altro che fiorire e consumarlo, per tutti i mesi a seguire.
Sgonfiando il petto, si piegò in avanti e puntellò i gomiti sulle gambe. Improvvisamente sentiva di pesare qualche chilogrammo in più.
«È orribile», sussurrò infine, serrandosi le mani davanti alla bocca. «È- una storia orribile», ripetè, sfregandosi un palmo sul viso, quasi a volersi ripulire di tutto il raccapriccio che lo stava improvvisamente macchiando sin dentro l'anima.
«Già», concordò Mimi, frenando le lacrime e asciugandosi il viso.
«Ma era necessario che te la raccontassi», sorrise poi, scrutandolo di sottecchi. «Gojo potrebbe non essere mai in grado di riconoscere ed esprimere i suoi sentimenti per te, Suguru. Devi aspettartelo, da lui. L'ambiente in cui è cresciuto- le responsabilità e le aspettative che gli sono state affibbiate sin dalla culla, lo hanno reso il ragazzino incompreso che è. Un involucro pieno di meraviglie che nessuno si è mai premurato di insegnargli ad esternare. E... quella notte, temo abbia frainteso parecchio. Non voglio che cresca nell'erronea convinzione che amare è sempre sinonimo di debolezza. Quella notte», singhiozzò, sentendosi riempire l'animo di costernazione e senso di colpa. «Quella notte- merda, se penso... a quanto era stravolto. A quanto- a quanto era incredulo e traumatizzato, mentre mi pregava con le lacrime agli occhi di non piangere più, che lo feriva a morte vedermi così, in aggiunta alla costernazione per non averlo voluto salvare. Come se fosse colpa sua, se me l'hanno ammazzato».
Suguru sentì la gola serrarsi dolorosamente, ma ricambiò ugualmente il suo sguardo con calma e disponibilità.
«Quella notte non abbiamo perso noi. Non siamo stati noi i deboli, Suguru- questa cosa devi promettermi che gliela insegnerai al posto mio», aggiunse la Uzumoe, accesa di fervore. «L'amore non è una debolezza. E lui dovrà darsi la possibilità di conoscerlo- senza temere che gli accada ciò che è accaduto a me e a Genjo. Deve capire che quella notte noi non abbiamo perso. Hanno vinto solamente l'odio e il potere di chi poteva permettersi di esercitarlo a danno dei Gojo. Hanno vinto quello e l'inganno».
Scivolandole il braccio attorno alle spalle, Geto la strinse a sé in un abbraccio lungo e avvolgente, carezzandole i capelli e aiutandola a calmare il pianto.
«Promettimelo, Geto»
«Te lo prometto».
E dopo quelle ultime parole, i due si dissero finalmente addio sulla porta della camera.

L'ultima Calda Primavera - SatoSugu PrequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora