Erano giovani.
Ed erano potenti.
Due dei tre soli stregoni di livello speciale in circolazione.
Le loro tecniche ed abilità li rendevano inarrestabili, insieme.
E per quanto poco potesse c'entrare nel quadro appena descritto, erano anche sfacciatamente belli.
Di due bellezze diametralmente opposte e di cui incarnavano i connotati alla perfezione.
Fu in quella stanza che i due ne presero atto.
E in fondo fu principalmente per questo motivo se rimasero in silenzio entrambi per tutto il tempo, mentre uno medicava le ferite all'altro: persi ciascuno nei propri pensieri, tra loro peraltro molto analoghi, i due amici non si scambiarono parola per interi minuti.
Geto continuò a disinfettare le lacerazioni e i tagli sulla schiena di Gojo anche quando questi lo sbirciava da sopra la spalla.
Non diceva nulla, né tanto meno gli ricambiava lo sguardo. Sentiva che se lo avesse fatto, la tensione e il disagio sarebbero cresciute di volume, distorcendo e rendendo il tutto ancora più imbarazzante di quanto già non fosse.
La smettesse di guardarmi così!, pensò all'ennesima sbirciata del bianco e, intimidito dai suoi occhi, strinse le labbra in una linea netta.
«Scusa-», si allarmò poi, vedendolo contorcersi sotto la pressione delle sue dita. Forse aveva esercitato troppa forza.
«No», sorrise Gojo. «Soffro solo il solletico»
«Sul- costato?»
«Dal costato in giù. Ovunque».
Perché cazzo me lo stai dicendo?
Geto scacciò un pensiero immediato dalla mente e, serrando ancora di più la bocca, si rimise all'opera senza proferire parola.
Fortunatamente era l'ultima medicazione.
«Finito», esordì infine e subito si allontanò dal lettino, portandosi dietro il flacone di disinfettante e le garze. «Vado... a cambiarmi e a recuperarti dei vestiti», aggiunse poi, dando un'occhiata veloce a quelli ammucchiati sul pavimento.
Erano ridotti a brandelli al punto da non ricordare nemmeno più degli indumenti.
«Che strazio», sospirò Gojo. «Quella era una delle mie giacche preferite»
«Sono certo che puoi permettertene un'altra», rispose Geto e poco dopo tornò in laboratorio con una felpa e un paio di pantaloni.
«Li ho scelti a caso, tanto immagino vorrai farti una doccia»
«Anche due», sogghignò l'altro, infilandoseli. «Vieni in camera?»
«Uh?».
In camera?
In camera sua? E a fare che cosa?
«Potremmo giocare un po' alla play-»
«Satoru... sono le due di notte»
«E?»
«Non hai sonno?! Stavi- tirando le cuoia fino a venti minuti fa!»
«Non fare il noioso», sbuffò Gojo, incamminandosi verso la porta. «Sono strafatto di energia positiva. E di zuccheri. Come dovrei riuscire a chiudere occhio stanotte?».Poco dopo, arresosi alle sue insistenze, Geto si ritrovò seduto comodo sul letto di Gojo.
E questi, in mezzo alla stanza, si sfilò la felpa e si sbottonò i pantaloni.
Di nuovo.
«Fa vedere? Ah!, questo è bello in effetti... ma per te credo sia meglio quello lì».
Gli occhi inchiodati a forza sui titoli dei videogiochi, Geto non alzò lo sguardo una singola volta finché l'altro non si decise ad entrare in doccia.
«Dici che Yaga sta già preparando qualche pupazzo nuovo per torturarci?», ironizzò Gojo, infilandosi sotto l'acqua. «Ah!, merda- è ghiacciata... è ghiacciata!».
E Geto ne rise lieve dalla stanza accanto, dove continuò ad ammirare la collezione di videogiochi dell'amico.
In effetti, pensò, non era così improbabile.
E pertanto non se ne dissero affatto sorpresi quando il professore entrò dalla porta, interrompendoli nel bel mezzo di una partita a Mario Kart.
«Ah, ci sei anche tu. Meglio così».
Quelle sole parole furono sufficienti: i due si scambiarono un'occhiata atterrita e fermarono il gioco senza battere ciglio.
Dopodiché si sedettero entrambi sul bordo del materasso, a sguardo basso, proprio come due bambini che si aspettavano di ricevere una sonora strigliata.
Neanche Satoru, quella volta, parve avere l'animo di avanzare delle rimostranze; restò anzi in silenzio e si sfregò remissivo i palmi fra le gambe, preparandosi al peggio.
Trascorsero dei lunghi secondi e il professore seguitò a scrutarli dall'alto senza proferire una sola parola.
Per dei lunghi istanti, piantonato in mezzo alla camera, li squadrò a fondo entrambi e non disse nulla.
«Sta... pensando a come punirci, non è vero?», esplose infine Gojo, che più dell'altro stava friggendo nell'attesa.
«Sto pensando a quanto vorrei prendervi a calci, in questo momento»
«Sì, era scontato», sussurrò Geto.
«E a quanto mi piacerebbe continuare a farlo fino a che non vi avrò ammazzati io»
«Eheh», l'altro ridacchiò. Non si sarebbe aspettato nulla di meno estremo.
«Satoru», lo richiamò con voce seria ed autorevole. «Ridi?»
«No, io-»
«Stavi morendo»
«Me n'ero accorto-»
«Stavi... morendo», ripeté allora Yaga, snocciolando meglio il concetto affinché affondasse meglio e attecchisse bene in entrambi.
Funzionò.
Sia l'uno che l'altro inghiottirono quella parola e tutto il peso che comportava, ripercorrendo solo in quell'istante i momenti in cui, quella notte, avevano davvero rischiato la vita.
Tutti e due.
«Le finestre sul posto hanno dato conferma», riprese poco dopo l'insegnante. «Dalle tracce di energia malefica rimaste sul luogo dello scontro, si trattava di una maledizione di livello speciale. Un Nekomata, per l'esattezza».
Come aveva detto Mei Mei.
«Ora, non starò qui a ricordarvi cosa mi aspetto che facciate di fronte ad una maledizione di livello speciale... vorrei solo capire come cazzo siate ancora vivi entrambi».
Piegando le labbra in un ghigno arrogante, Satoru alzò gli occhi sul volto del professor Yaga. «Siamo forti. Tutto qui»
«Mai messo in dubbio»
«Sfacciatamente forti», si corresse Satoru, intensificando il sorriso.
«Va bene, partiamo da te», sospirò poi, scivolando gli occhi sull'altro allievo. «Hai evocato una maledizione di primo livello, Geto?».
Il ragazzo si irrigidì: come faceva a saperlo?
«Hai portato a casa le tue chiappe e quelle del resto della combriccola in groppa ad una maledizione di primo livello, non sforzarti a negarlo», continuò. «Solamente una maledizione manovrata da uno stregone dell'istituto sarebbe in grado di superare la barriera»
«Sì. Ho evocato il... Drago Arcobaleno»
«Come»
«Nel modo che mi ha insegnato lei. E... con una spintarella da parte di Utahime»
«Come - hai assimilato quella maledizione, questo intendevo».
Istintivamente, Satoru scartò gli occhi sul profilo dell'amico.
«Esattamente, Gojo. Quella era la maledizione di cui, guarda caso, dovevi occuparti tu. Quindi, hai lasciato che l'assimilasse?»
«Uhm... forse?»
«E stasera mentre lui eseguiva la sua prima evocazione, tu ti sei lanciato all'inseguimento di una maledizione di livello speciale-»
«Professore, detta così resta comunque una storia avvincente, più che una ramanzina-», osservò Gojo, accigliandosi.
«Questa non è una ramanzina, testa vuota», aggiunse, prima di fare una lunga pausa.
Dopodiché si lasciò andare in un profondo sospiro.
E finalmente parlò di nuovo.
«Sono estremamente orgoglioso di voi... maledetti mocciosi», sbuffò.
Lo sgomento che si dipinse sui loro volti ci mise poco a sfumare in un enorme sorriso appagato: era la prima volta che Yaga rivolgeva loro delle parole simili.
«Tuttavia-»
«Ah, ecco», sospirò Gojo. «Sembrava strano»
«Già», concordò Geto.
«Tuttavia!», li zittì con fare nuovamente autorevole. «Rischiare di morire in circostanze tanto patetiche, potevo aspettarmelo solamente da due idioti del vostro stampo!»
«Ed ecco la ramanzina»
«Prevedibile»
«Gojo!», esclamò. «Sei Occhi, Minimo infinito e forza bruta contemporaneamente, non è vero?!»
«Ho provato ad alternarli!»
«Con meno della metà della tua solita energia malefica in corpo?!!», sbroccò adirato. «Devi imparare a gestirla, quante volte dovrò ripetertelo ancora?! Non puoi sempre sperare di cavartela, spingendola ogni volta oltre il limite!».
Gojo chinò il capo, sbuffando nervoso. «Sì, lo so...»
«E tu! Sappi che questa volta ti è andata di lusso, come al tuo compare qui... se non ci fosse stata quella ragazza, saresti diventato lo spuntino di quella lucertola volante! Prima di arrivare a manipolare dei primi e secondi livelli, devi imparare a gestire quelli inferiori, ti è chiaro?!»
«Sì, sì. È chiarissimo», rispose Geto, alzando gli occhi al soffitto.
E prima ancora che potessero dire altro, le enormi padelle del professore si abbatterono sui loro crani.
Solo allora Yaga si disse soddisfatto della strigliata.
Bastone e carota, il primo più di frequente della seconda, specie se si trattava di raddrizzare due giovani del loro calibro.
Rimasti soli, i due stregoni si scambiarono un'occhiata furtiva, strofinandosi il bernoccolo che il professore aveva lasciato come biglietto da visita sulle loro povere teste.
Dopodiché scoppiarono a ridere.
«Devi saperle gestire!», lo scimmiottò Gojo, roteando gli occhi. «Come se fosse facile», sbuffò poi.
Il Minimo Infinito e l'abilità dei Sei Occhi erano tanto potenti quanto sfiancanti da utilizzare. Anche qualora avesse imparato a farne uso riducendo al minimo il dispendio di energia malefica, in circostanze come quella di poche ore prima gli sarebbe risultato impossibile impiegarne un quantitativo limitato.
«Senza considerare gli attacchi fisici... o il Bagliore Blu», sospirò, riavviando il gioco.
Suguru lo sbirciò con aria incuriosita. «Satoru. È vero quel che ha detto?»
«Cosa?»
«Hai affrontato il Nekomata con metà della tua solita energia malefica?»
«Ah, quello», ribatté Gojo, incupendosi. «Sì, è vero... ero ancora a secco dalla missione del pomeriggio»
«E ti sei lanciato comunque dietro a quella maledizione?!!»
«Cos'avrei dovuto fare?!», si inalberò. «Aspettare che ci arrostisse tutti e quattro?! E poi l'hai sentito il prof, no? Non è la prima volta che mi spingo oltre il limite-»
«Però è la prima volta che rischi di restarci secco»
«Non succederà più», ribatté baldanzoso. «È stato un caso, oggi. Ero già scarico e inoltre ho tenuto attiva l'abilità dei Sei Occhi per tutta sera-»
«In sala giochi?!»
«Ehi, guarda che le maledizioni sono ovunque-»
«Sì, ma perché-».
Prima ancora che potesse rispondergli, Geto si illuminò: per via delle ragazze. Si era messo in allerta da loro due? No, per quanto Mei Mei fosse forte, non era neanche lontanamente al loro livello. Men che meno Utahime, che in combattimento si poteva dire fosse persino scarsa, pur essendo al terzo anno accademico.
Che la sua cautela fosse stata una forma di protezione nei confronti delle due ragazze?
«Mei Mei è forte», esordì infine Gojo, tenendo gli occhi fissi sulla partita. «È la sua amichetta ad essere pietosamente debole-»
«Però ha una tecnica degna di nota»
«Che non le sarebbe stata di alcuna utilità contro quel micio»
«Capisco», sorrise Geto, incapace di nascondere il compiacimento.
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L'ultima Calda Primavera - SatoSugu Prequel
FanfictionTokyo, estate 2005. Suguru Geto incontra per la prima volta Satoru Gojo. Tutti i diritti sui personaggi sono riservati a Gege Akutami, autore del manga Jujutsu Kaisen. I diritti inerenti la storia narrata sono frutto della mia fantasia e pertanto so...