Il vuoto attorno a lui

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Natale 2005

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Natale 2005.

«Satoru, sei sicuro di star bene?»
«Ma sì, dico sul serio- non è niente di nuovo».
Poteva anche non essere una novità per lui, ma Geto aveva visto bene la sua reazione in quel locale, mentre ascoltava in silenzio la voce di sua madre dall'altra parte del telefono.
E non gli sembrava affatto ci fosse stata della rassegnazione pacifica in quel suo allontanarsi a sguardo basso per continuare la conversazione in privato. Che fosse già successo altre volte o meno in passato, non ci si poteva di certo abituare a trascorrere le festività senza la propria famiglia al completo.
«Davvero, Suguru! Il Natale da noi non è una festa così sentita», insisté il bianco, forzando un sorriso. «Non è la prima volta in cui mio padre lo trascorre lontano per via del lavoro».
Al suo fianco Shoko gli lanciò un'occhiata furtiva, prima di continuare a sbirciare le luci della città farsi sempre meno frequenti man mano che si addentravano nella periferia immersa nel buio della notte.
In piedi di fronte ai due, anche Suguru scrutò l'amico per qualche istante. Gojo aveva una mente ben difficile da sondare, ma tendeva ad essere piuttosto trasparente ed espressivo in volto.
E difatti, il sorriso ci mise molto poco a spegnersi sulle sue labbra, lasciando al suo posto una linea netta, rigida di amarezza e dispiacere.
«Quindi», esordì pertanto Suguru, «conti di festeggiarlo comunque con tua madre?».
Gojo annuì. «La raggiungerò la sera della Vigilia».
Di male in peggio, Geto si avvilì ancora di più a quella risposta. Gli studenti, compresi lui e Shoko, avrebbero lasciato l'Istituto in quei giorni.
Satoru, quindi, sarebbe rimasto da solo a scuola per quasi un'intera settimana.
Era davvero troppo deprimente da accettare.
Perciò apri bocca.
Ma scivolando poi gli occhi su Shoko, esitò- e la richiuse.
Non voleva rischiare di risultare troppo invadente e premuroso nei confronti di Gojo: era già piuttosto evidente che la loro amicizia avesse guadagnato un livello di profondità del tutto diverso rispetto a quello che li univa alla compagna.
«Vorrà dire che sfrutterò quei giorni per allenarmi ancora di più col Bagliore Rosso», concluse d'un tratto il ragazzo, scoccando un sorriso rincuorante all'amico. «Vedrai!, quando torneremo dalle vacanze mi troverete ancora più forte!».
Suguru si forzò di rispondergli con un cenno del capo e di non pensarci più.

Ma il giorno dopo, per quanto avesse cercato di mettere in sordina la questione, Geto non poté esimersi dall'arrestare il passo dietro alla porta di Gojo, prima di andarsene.
Nonostante si fossero già salutati, si sistemò meglio il borsone da viaggio sulla spalla e bussò.
«Satoru?», lo chiamò, aprendola subito dopo.
Appollaiato sul pavimento di fronte al suo televisore, lo trovò immerso in una partita di lotta alla play.
«Oh, Suguru!», lo salutò, voltandosi velocemente indietro con un sogghigno. «In partenza?».
Riaccostando la porta alle sue spalle, Geto rimase a guardarlo giocare per qualche attimo.
«Shoko è partita un'ora fa», esordì poi. «È passata anche da te a lasciarti il regalo?»
«Sì, è sul tavolo», annuì Gojo, accennando alla confezione di dolci natalizi sulla scrivania. «Sembrano mega buoni, non è vero?».
Finalmente, terminata la partita, si voltò indietro- e ad accogliere i suoi occhi trovò l'espressione di Geto, distesa e sorridente sul ciglio della porta.
«Io- temo di non aver avuto lo stesso pensiero, mi spiace»
«Ah, ma non fa nulla!», ne rise Gojo. Anche lui non aveva pensato di far loro dei regali. «Te l'ho detto, non è una festa cui sono particolarmente legato-»
«Satoru-»
«Però- cercherò di ricordarmi di farvi gli auguri, promesso!», continuò l'altro. «Ti aspetta un viaggio molto lungo?».
Geto sospirò. «No, si tratta giusto di un paio di ore in treno»
«Ah, menomale!».
Riafferrando il joy-stick, Gojo riavviò il videogioco.
Insopportabile. Del tutto insopportabile l'idea di lasciarlo lì e andarsene. Riluttante, Suguru restò piantonato all'ingresso ancora per dei lunghi attimi.
Fino a che non si arrese.
Se non lo avesse fatto, si disse certo che se ne sarebbe pentito fino al giorno del rientro- perciò...
«Satoru- stavo pensando... che ne dici di venire con me?».
Quelle parole lo fecero guizzare all'istante sulla schiena.
Gli occhi gli si sgranarono sui pixel della schermata.
Aveva sentito bene?, pensò, mettendo in pausa la nuova partita.
E voltandosi gli schiantò addosso uno sguardo acceso di incredulità.
«Beh, visto che non hai intenzione di tornare a casa prima della Vigilia- ho pensato che in questi cinque giorni potresti venire a stare da me», ripeté Geto, sorridendogli affabile. «Ma se preferisci restare qui ad allenarti-»
«No, no- anzi», rispose l'altro, con prontezza. Tirandosi poi sulle gambe, si sistemò gli occhiali sul naso e lo squadrò ancora più allibito. «Cioè- mi farebbe piacere...».
Suguru fu felice di sentirlo.
«Allora, ti do una mano a fare il borsone?».
Sempre più attonito, Gojo si sentiva paralizzato dalla testa ai piedi.
Pietrificato, quasi, da un'ondata improvvisa di gioia e contentezza che mai aveva provato in vita sua.
«Certo- va bene», sussurrò, guardandosi attorno con fare stordito. «Ma- non sarà un problema per i tuoi?»
«E perché mai?, ne saranno contenti, al contrario», rispose il moro. «Li avviserò una volta in treno. Ti anticipo però- che non abbiamo una casa molto grande».
Satoru indugiò un istante di troppo nei suoi occhi buoni, domandandosi per quale ragione stesse facendo tutto ciò.
Era davvero un gesto premuroso da parte sua.
«Su, forza! Ficca qualche vestito nello zaino- il treno partirà fra un'ora», lo esortò allora l'altro, intensificando il suo sorriso.
«D'accordo».
E finalmente Gojo si decise a preparare la sua tracolla per il viaggio.
Cinque giorni.
Non avrebbe trascorso tutto quel tempo lì dentro da solo, sarebbe stato anzi con Suguru e la sua famiglia- per cinque giorni interi.
Più ci pensava, più sentiva la felicità tramutarsi in euforia. E l'euforia sfumò presto in una riconoscenza e gratitudine senza precedenti.
Richiudendo la cerniera, si caricò il borsone in spalla e affiancò l'amico all'uscita della camera, scoccandogli un sorrisone tutto denti cui Geto rispose con altrettanta contentezza.
Pochi attimi dopo i due abbandonavano l'Istituto insieme, dirigendosi verso la stazione per fare rotta verso il paese in cui il giovane stregone dall'animo altruista e il cuore enorme era nato e cresciuto.

L'ultima Calda Primavera - SatoSugu PrequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora