Aprile 2006.
L'ultima calda primavera.«Non ci credo, è ancora lì impalata?!», esclamò Gojo, facendo crollare in avanti le braccia dall'esaurimento. Aveva fatto in tempo ad uscire e rientrare dall'enorme Museo Acquatico, così da recuperare la linea al cellulare e poter telefonare al Professor Yaga- e quella mocciosa non aveva ancora rotto la posa immobile in cui l'aveva lasciata.
«Ma sono sempre gli stessi pesci che le passano davanti, se ne rende conto almeno?!».
Geto, al suo fianco, ridacchiò. «Lasciala stare! Sei tu quello che in capo a pochi giorni dovrà essere assimilato da una vecchia mummia?»
«Vecchia mummia-», ripeté Satoru, schiantandogli in faccia gli enormi occhi azzurri, rilucenti di sorpresa. «Hai appena dato al Sommo Tengen della vecchia mummia?!», scoppiò a ridere, sguaiato e rumoroso come al suo solito.
Geto roteò gli occhi. «Piuttosto, cos'ha detto il professore?»
«Nulla di che», rispose Gojo, guardandosi attorno.
«Ma l'hai avvertito del cambio di programma?»
«Uh?».
Ovviamente no, pensò l'altro, pressandosi le dita alla fronte. «Satoru, sei uscito appositamente da qui per chiamarlo e avvertirlo che il nostro rientro in Istituto è rimandato a domani»
«Ah già! Ecco qual era la cosa importante!»
«Non ci credo», sospirò l'altro. «E cosa vi sareste detti per quindici minuti?!».
Gojo non si ricordava nemmeno quello.
«Eh eh», ridacchiò, facendo crollare l'altro nella più cupa rassegnazione. «D'accordo, d'accordo! Torno fuori e lo richiamo! Non serve essere così noiosi, però»
«Saaatoru-», sbuffò l'altro sempre più irritato.
«Così ne approfitto anche per prendermi un gelato! Tornando indietro ho visto un chiosco che ne vende alcuni dall'aria deliziosa!», perseverò, ignorando di punta l'aria sempre più afflitta del migliore amico. «Ah, tu ne vuoi uno per caso?»
«No-»
«Meglio così. Non ho abbastanza spicci con me per prenderlo a entrambi», ribatté, allontanandosi. «Occhi sulla mocciosa, mi raccomando!».
Al limite della sopportazione, Geto si voltò a guardarla scuotendo il capo.
«Tanto potenziale- nell'individuo meno affidabile che cammini sull'intero pianeta», sogghignò.
Però, dovette ammettere, anche quella ragazza era davvero stramba. Erano ormai venti minuti che non si schiodava da davanti quell'enorme vasca di pesci tropicali, tanto che cominciò a sospettare le fosse andato in corto circuito il cervello.
Fu solo avvicinandosi che poté svelare l'arcano mistero del suo comportamento.
E ne sorrise, seppur con amarezza.
Di fronte a loro, in una danza infinita vecchia almeno quanto lo era il mondo, due pesciolini si inseguivano e si stuzzicavano a vicenda, cimentandosi in quel gioco sfrenato di corteggiamento e seduzione di cui la giovane sembrava essere completamente assorbita.
Provandone una sincera compassione, Geto si infilò le mani in tasca e scivolò via gli occhi dai due pesciolini innamorati, posandoli sul profilo di lei. «Più avanti dovrebbero esserci i delfini-», disse.
Strappata ai suoi pensieri, la ragazza si mise a urlare più per l'imbarazzo che per lo spavento di essere stata avvicinata di soppiatto.
«A-ah, i delfini! Sicuro! Andiamo!», esclamò, incamminandosi verso le vasche più avanti.
«Riko», la richiamò allora Geto, senza muovere un passo.
E quando quella si voltò, fece nota del suo viso acceso di un rosso paonazzo.
Reprimendo un sorriso, Geto si indicò alle spalle col pollice. «Le aree che non hai ancora visitato sono da questa parte», la informò in tono addolcito.
«Giusto», balbettò allora lei, sempre più rossa in viso.
E i due si incamminarono nella direzione opposta, tornando di fronte all'uscita del primo anello di ecosistemi marittimi.
«Ah, eccovi!», li raggiunse Satoru a ridosso dell'ingresso, succhiando avidamente il suo gelato alla panna e cioccolato. «Non vi trovavo più... allora, mocciosa! Ti sei finalmente stufata di guardare gli stessi pesci da un'ora?!».
La giovane, sotto gli occhi sempre più divertiti e consapevoli di Geto, si riscosse dal suo imbarazzo e aprì un po' di più gli occhi sul volto del giovanotto dai capelli bianchi che le stava davanti.
Ma facendosi sempre più viola in volto, serrò le labbra e non rispose.
«Uh?», si accigliò Gojo, battendo confuso le palpebre di fronte all'aria d'un tratto inspiegabilmente taciturna della ragazza. «Ma che le prende? Perché mi fissa così?», domandò a Geto in un sussurro.
E quegli ridacchiò.
«Sta benissimo, non preoccuparti», rispose, battendogli una mano sulla schiena.
Dopodiché riprese a camminare verso le zone del museo con gli esemplari che ancora non avevano visto, lasciandoli appositamente indietro di qualche passo.
A camminare da soli.
«Te ne stavi lì impalata, si può sapere cosa c'era di tanto interessante?!»
«Ah, i-io... niente», balbettò, sfuggendo il suo sguardo.
«Saaatoru... lasciala stare!»
«Uh? Uff, ma che palle!», si incupì per un istante.
Subito dopo, come un vero e proprio bambino, dimenticò tutto e sgranò gli occhi dalla meraviglia. «Aaah!, Amanai, guarda!!!», esclamò estasiato, illuminandosi in volto. «Ci sono le baleeene!», continuò ad esagitarsi e, afferratala da un braccio, se la trascinò dietro in direzione di un enorme esemplare maschio che stava nuotando placido oltre il vetro della prima vasca.
Guardandoli a distanza, Geto scosse la testa e un sorriso mesto gli sollevò le labbra: nel petto sentiva gonfiarsi una sensazione sempre più cupa e al contempo... sempre più amara.
E quando vide Gojo chinare il capo verso di lei e ricambiarle lo sguardo, il suo cederle l'ultima parte del gelato non fece altro che trasformare quell'amarezza in un siero velenoso che prese a traboccargli dal cuore nelle vene.
Diramandosi ovunque.
Quei due, pensò, temo che ne risentiranno parecchio di tutta questa storia.
STAI LEGGENDO
L'ultima Calda Primavera - SatoSugu Prequel
FanfictionTokyo, estate 2005. Suguru Geto incontra per la prima volta Satoru Gojo. Tutti i diritti sui personaggi sono riservati a Gege Akutami, autore del manga Jujutsu Kaisen. I diritti inerenti la storia narrata sono frutto della mia fantasia e pertanto so...