E quel che è stato fatto

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La camera di Gojo e Geto e quella della signorina Kuroi e Riko si trovavano a mezzo del piccolo corridoio oltre quello principale

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La camera di Gojo e Geto e quella della signorina Kuroi e Riko si trovavano a mezzo del piccolo corridoio oltre quello principale.
La prima stanza, svoltato l'angolo, era quella che Satoru condivideva con Suguru.
E sul cui letto non si era steso comunque neanche una volta.
Forse giusto quei dieci minuti in attesa che Amanai si facesse la doccia in camera sua, quel pomeriggio, dopo che i quattro erano tornati dalla spiaggia.
Se la ritrovò lì- in piedi, davanti alla porta.
«Amanai?», la chiamò sorpreso, ma forse nemmeno troppo, di trovarla sveglia e inchiodata fuori dalla sua stanza.
Possibile che la signorina Kuroi avesse il sonno tanto pesante?
Voltandosi con uno scatto, Riko trattenne un grido e serrò violentemente i denti.
L'imbarazzo che le si accese in volto, stavolta, non passò inosservato agli occhi di Gojo, aperti a forza dalle dritte dell'amico.
Incrociandosi le braccia sul busto, la guardò da capo a piedi reprimendo un sorriso appagato. «Che ci fai qui?»
«Stavo cercando il bagno», rispose.
«Hai provato in camera tua?», si accigliò Satoru, profondamente divertito.
Non si era neanche sforzata di trovare una scusa più credibile: ogni stanza era dotata di servizi privati, come in un qualsiasi altro resort. E lei, in quel bagno, si era pure fatta una doccia poche ore prima.
«Ah, che sbadata! Non mi sono ambientata per niente- buonanotte!», fece lei, ridacchiando in preda ad una crisi nervosa.
«Amanai», la richiamò Gojo e quella inchiodò i piedi al pavimento.
Ma non si mosse di un solo passo. Pertanto, toccò all'altro avvicinarsi. «Stavi cercando qualcuno?», le chiese, arrestandosi alle sue spalle.
La ragazza, fremendo nell'imbarazzo, deglutì e scosse piano la testa.
«Sicura?», insisté Satoru, sorridendo. «Perché ti sei fermata proprio davanti alla porta della nostra camera»
«A-ah sì?»
«Già», rispose lui. «Quindi, mi chiedo- di chi hai bisogno? Di Suguru», aggiunse, «...o di me?».
Col respiro fattosi corto e trafelato, Riko si voltò lentamente indietro, deglutendo di nuovo nel trovarsi di fronte a Satoru e alla sua impossibile altezza.
Timidamente lo guardò dal basso, sperando che il fuoco che percepiva in volto non fosse troppo visibile alle tenui luci del corridoio.
La sua speranza si risolse vana: Gojo adesso aveva una vista spiccatamente eccezionale anche per cogliere quel genere di dettagli e il lieve rossore sulle sue gote lo accolse come una conferma indiscutibile ai sospetti di Geto.
«Ecco, il fatto è che», sussurrò la giovane, irrigidendosi. «Kuroi si è addormentata prima di me», aggiunse, ricacciando in gola il pianto. «E io non volevo addormentarmi da sola, stanotte».
Gojo richiuse le labbra, guardandola ancor più attentamente dall'alto. Dal suo volto beffardo ogni traccia di ilarità si dissolse all'istante e il bel sedicenne si sentì pervadere da una sensazione molto simile alla compassione.
No, pensò subito dopo. Non era compassione. Era dolcezza.
Scivolando le dita sulla maniglia, aprì allora la porta e continuò a guardarla in silenzio.
Seguita a ruota da Gojo, Riko entrò in camera.
Quando la porta si richiuse alle spalle di entrambe, però, voltandosi indietro la giovane si sentì mancare il respiro. «Ma- Suguru dov'è?»
«Di guardia- al mio posto»
«Oh», ansimò lei, guardandolo di sottecchi e facendosi sempre più piccola tra le spalle, quasi volesse annichilirsi nel suo stesso corpo.
«Volevi anche la sua compagnia?»
«Andrà bene così», rispose lei a capo chino, arrossendo ancor più violentemente nella penombra.
Di nuovo, i due si guardarono negli occhi restando immobili sui piedi.
«Mettiti pure a letto», disse infine Gojo, mordendosi subito dopo la lingua per via della malizia con cui quella frase gli era schioccata indietro nelle orecchie. «Sarai stanca», si premurò di aggiungere, prima di sparire in bagno per darsi una rinfrescata e lavarsi i denti.
Ma che cos'era d'un tratto quel pizzicore al ventre? D'improvviso, mentre si levava i vestiti e percepiva il respiro di Amanai farsi più corto e veloce nell'altra stanza, Gojo si sentiva attanagliare da tutta una serie di morsi e di fremiti al corpo che non aveva mai provato, prima di allora, con eguale intensità.
Era una sensazione sospesa, molto simile a quella dell'attesa frenetica.
Improvvisamente gli sembrava di essere tornato un bambino di cinque anni che aspetta la mattina del suo compleanno- o quella della partenza per un qualche viaggio con la sua famiglia.
Lasciati i suoi indumenti sulla sedia di fronte al piccolo tavolo di legno, decise di stemperare un po' della tensione che si respirava in camera e si mise alla ricerca del telecomando della televisione.
Non lo trovò da nessuna parte.
Suguru doveva aver guardato qualcosa per ammazzare il tempo, prima di decidersi ad alzarsi e raggiungerlo.
«Ma dove l'hai nascosto?, maledizione- ti sei ingoiato pure quello?!», borbottò, scandagliando il buio sotto al letto.
«Se cerchi il telecomando, mi ci sono sdraiata sopra io», disse in un soffio di voce Riko.
«Ah!, perfetto!». Il sorriso di Gojo fece capolino dai piedi del materasso. E, gattonandovi sopra, la raggiunse e sistemò il cuscino contro la testata.
Finalmente, pensò, lasciandosi cadere sulla schiena.
«Che meraviglia...», ansimò sfinito, richiudendo giusto per qualche secondo gli occhi stanchi e pesanti. Poi, nell'immobilità e nel silenzio generale, il giovane stregone sollevò una palpebra e cercò la sagoma di Riko nella penombra oscura. «Tranquilla», sbadigliò. «Dormi pure se hai sonno... mi terrò sveglio con qualche film- sempre che ce ne siano, a quest'ora».
Con un risolino leggero, Amanai inghiottì il nervoso, ché di abbandonarsi al sonno dubitava ce ne sarebbe stato verso.
«Che c'è? Non sei stanca?»
«No», rispose lei.
«Allora- non ti piace la televisione?», si accigliò. «A quest'ora danno le repliche dei cartoni animati», disse, sistemandosi meglio sul materasso. «Magari riusciamo a beccare i Digimon! Ti piacciono, vero?»
«Sto bene così»
«Al buio?»
«Ti vedo comunque», ansimò in un sussurro. «E- sei poco vestito»
«Ah, non mi imbarazza la cosa! Mi hai già visto mezzo nudo al mare!», fece lui, sporgendosi oltre il materasso per accendere il piccolo lume da notte appeso accanto alla testata del letto. La stanza si illuminò così di un tenue e soffuso bagliore aranciato.
Meglio vedere chiaramente ciò che li circondava. I suoi Sei Occhi cominciavano a tormentarlo e sforzarne la vista al buio avrebbe solo che peggiorato la situazione.
Ma quando tornò a stendersi, la sua attenzione venne interamente catturata dal volto di Amanai, d'un tratto irrigidito e fisso di fronte a sé: non sembrava neanche stesse respirando e si era messa seduta vigile come un segugio.
Caspita, devo piacerle proprio tanto, pensò profondamente appagato.
Ma in quel modo non andava per niente bene. «Devo spegnere?».
Riko scosse il capo.
«Però sei imbarazzata-»
«Sarà che non ho mai condiviso il letto con un ragazzo, prima di oggi?».
Satoru ne sorrise felice. «Nemmeno io l'ho mai condiviso con una ragazza», affermò, sperando le bastasse a rasserenarsi. «Ma se vuoi compagnia mentre dormi, non credo sia il caso di ficcarci nel letto della signorina Kuroi, ti pare?»
«No?».
Scoccandole un'occhiata furbetta, socchiuse gli occhi e le cacciò la lingua. «E se ti venisse una voglia impellente di baciarmi?»
«Ngh». Sempre più irrigidita, la ragazza si tirò le gambe contro il petto.
«Ti sto prendendo in giro, Amanai- sdraiati tranquilla», ne rise lui- ma non appena le sfiorò una gamba col dorso della mano si sentì trapassare le viscere da una scossa calda e infuocata.
Che lo irrigidì.
Ovunque.
Merda, pensò. Mi è proprio tornata in faccia, questa.
Ma non voleva spegnere la luce. Voleva anzi poterla guardare e avere una presa più diretta sull'ambiente che li circondava.
Quando finalmente Riko si rimise giù, con la testa appoggiata al cuscino e i pugni chiusi vicino al viso, Satoru scivolò ugualmente sempre di più sul materasso.
Fino a trovarsi accanto a lei, pari modo sdraiato sul fianco e con gli occhi completamente catalizzati dal suo viso.
Era davvero bellissima.
Lo aveva già pensato parecchie volte in quegli ultimi tre giorni, sin dal primo istante, quando ancora addormentata l'aveva sorretta fra le braccia e aveva potuto così soffermare un po' di più lo sguardo su quel volto dai tratti delicati e i lineamenti perfetti.
«Sei molto bello, Satoru».
Tranciati di netto i pensieri molto simili nella mente dello stregone, questi le schiantò gli occhi impossibili in faccia, socchiudendoli poi in un sorriso.
Devo darmi una mossa, dannazione, devo fare qualcosa, cominciò a ripetersi.
Fa' qualcosa. Fa' qualcosa, qualsiasi cosa, razza di imbecille incapace!
Non avrebbe aspirato certamente a farci del sesso, ma per lo meno un bacio, uno sfiorarsi, qualcosa di quel tipo, insomma!
Che diamine, Suguru era già avanti di almeno tre basi rispetto a lui! Questo significava che lui non poteva essergli in alcun modo da meno! Anzi, magari con una sola mossa avrebbe segnato persino un bell'home run!
Perdere la verginità con il Fluido del Ventre Astrale in piena missione per conto del Sommo Tengen?, pensò avido tra sé, scivolando di nuovo gli occhi sul dolce visetto di Amanai.
Ne aveva un tremendo desiderio e desiderava ancor di più poterlo condividere con lei, regalandole un'ultima prima volta, prima che si adempisse il suo triste destino.
Prima che quel Tengen la assimilasse per interrompere l'evoluzione forzata del suo corpo immortale.
Fu sulla scia di quest'ultimo pensiero aberrante e sulle considerazioni sue e di Suguru sull'intera questione, che alla fine Satoru si decise a prendere una seppur pallida iniziativa.
E in silenzio, piegò un braccio sul materasso per riempire lo spazio che li divideva.
Col dorso della mano, le sfiorò il polso.
Riko allora lo squadrò reprimendo un brivido fra le labbra.
«Ho la mano fredda?»
«No, è tiepida», rispose lei, lottando contro i fremiti del corpo, che ora le increspavano persino la voce.
Vide poi un tenue bagliore blu riverberare dagli occhi di Satoru e la ragazza si sentì calamitare interamente dal suo corpo.
Con un risucchio più potente di quel che avrebbe voluto, probabilmente alimentato dal desiderio del momento, Gojo la attirò a sé contraendo lo spazio tra di loro.
Eheh, pensò, non sarà il massimo- ma ha il suo effetto scenico.
«Ma come fai?»
«Te l'ho spiegato», sorrise lui. «Cioè, l'ho spiegato a quel tizio col sacchetto in testa, ma-».
Riko rise lieve.
E i due, finalmente vicini, si guardarono a fondo negli occhi.
Troppo vicini, forse.
Abbastanza, comunque, da scambiarsi i respiri.
E assaporarli l'uno nella bocca dell'altra.
Fino a che, di respiro in respiro, le punte dei loro nasi non si sfiorarono e, con una fitta atroce al basso ventre, le loro labbra si toccarono, unendosi subito dopo in un bacio casto e chiuso.
Ah, le farfaaalle!, pensò Satoru, sentendone lo stomaco inondato di un intero sciame impazzito. Farfallineee, ma che fastidiose!
Ritirando lievemente il viso in uno schiocco umido, Satoru riaprì gli occhi e affondò nei suoi, accesi di un fuoco rovente.
Boccheggiò quasi, nel vedere il volto della ragazza contorcersi dal desiderio e, senza farsi pregare in alcun modo, rialzò il capo dal cuscino e lo piegò su di lei, baciandola con un trasporto lievemente più ardente di prima.
Ma di trattenerlo, non gli riuscì.
Ansimandole sulle le labbra, lasciò a briglie sciolte il suo istinto e si inarcò interamente su di lei, sovrastandola col busto e cingendole il costato con un braccio.
Farfalla, digievolve in bisonte!, pensò atterrito: come li avrebbe fermati ora?!
«Amanai, se non vuoi-», le sussurrò sulle labbra.
Ma Riko scosse il capo e si sdraiò anzi sulla schiena, riprendendo subito a baciarlo e a carezzargli la mandibola e il collo.
La bocca sempre più aperta, sempre più accogliente.
E il corpo sempre più accaldato.
Scivolando i piedi sul materasso, divaricò le gambe e con una lieve spinta delle dita sul suo costato lo invitò a sdraiarsi sopra di lei.
Un istinto primordiale, quello che faceva ora fremere e pulsare i loro giovani corpi del tutto estranei al sesso.
Il caldo, poi, divenne opprimente quando se lo sentì addosso, così aderente, così buono e avvolgente da farle venire i capogiri e le vertigini, mentre Satoru la baciava e piegava il capo per insinuarsi di più nella sua bocca e far incontrare le loro lingue.
Dopodiché, dopo una lieve spinta dettata da una pulsione e da un languore ormai insostenibili, il sedicenne si irrigidì e le lasciò libera la bocca.
«Amanai-»
«No- va bene», gemette lei, mordendogli le labbra e aprendo un poco di più le gambe. «Fallo ancora», ansimò e Satoru, ormai vittima del suo stesso corpo, si spinse piano contro di lei.
E di nuovo.
E ancora.
Finché non fu chiaro a entrambi che, quella notte, non sarebbe potuta evolvere in alcun altro modo.
«Sei sicura?», le ansimò ad uno scarto dal viso, reggendosi sulle braccia. Stava tremando dal desiderio.
«Sì», sussurrò lei in risposta, cercando le sue labbra. «Sì, sono sicura».
Home run. Pensò Gojo, dandosi dell'idiota subito dopo.
E ci mise poco a darsi ancor di più dell'imbecille incapace, quando poco dopo le cose laggiù si fecero roventi come l'inferno... e al contempo inaspettatamente frustranti.
Al contrario di quanto si sarebbe aspettato, più cercava di crearsi un varco dentro di lei, più il suo corpo sembrava opporgli resistenza.
Chiuso.
Ermetico.
Impossibile da penetrare.
All'ennesimo tentativo andato a vuoto, Satoru si puntellò sulle braccia e piegò il capo in avanti, scrutando i loro corpi nel punto in cui la teoria voleva si dovessero unire ed incastrare.
«Mmm», si accigliò demoralizzato, sistemandosi meglio sui palmi.
«Che succede?», gli domandò Riko, sollevando la testa dal cuscino. E da sotto il busto inarcato di Gojo, vedendo il suo sesso immobile e rigido, si sentì sprofondare nel materasso.
Fu solo un breve momento di imbarazzo e terrore per le dimensioni di lui, dopodiché lo aiutò a veicolarsi nuovamente tra le sue carni ormai gonfie e sature di desiderio.
Mettendosi comoda, lasciò quindi il comando alla sua esperienza.
E ancora una volta, spintosi dentro di lei di pochissimi centimetri, Satoru si immobilizzò e, dopo qualche istante, si tirò nuovamente indietro.
Accigliata, Riko lo scrutò a fondo negli occhi: perché era imbarazzato, d'un tratto?
Il sorrisetto incerto che gli affiorò sulle bellissime labbra, gli accese il volto di un'esitazione che Riko trovò tanto deliziosa quanto irresistibile: le fu quindi chiaro che, dei due, quella vergine non era solamente lei.
«Credevo di gestirl- ah».
I polmoni gli si svuotarono all'istante del respiro: con una spinta inversa del bacino, Riko aveva serrato gli occhi e aveva stretto le dita alle sue braccia.
E Satoru si era sentito scivolare completamente dentro di lei con un attrito di carni che aveva avuto quasi del doloroso.
La bocca aperta cercò l'ossigeno, ma il suo corpo era preda di una paralisi dei sensi tanto intensa, al momento, da fargli scordare persino come si respirasse.
Crollò sui gomiti, ché le braccia improvvisamente non riuscivano neanche a sorreggergli il corpo, così attraversato da tutto quell'inconcepibile piacere.
«Merda-», ansimò infine, riprendendo finalmente il respiro.
E scivolandole gli occhi sul viso, la guardò allarmato. «Stai bene?»
«Ah-ah», fece lei, riaprendo un occhio e sistemandosi comoda contro di lui.
Quel solo movimento, gli mandò a fuoco il ventre e l'inguine e Satoru scattò col capo e il busto in avanti. «Ferma, ferma-», gemette affranto.
Era troppo. Quel piacere era... indicibile. Semplicemente impossibile da ritenere reale.
«Ti ho fatto male?»
«No, ma-», ansimò ancora e di nuovo sollevò il busto per scrutare i loro corpi, finalmente incastrati a dovere.
La teoria voleva andasse così.
Che idiota: era esattamente quello il senso del tutto. Doveva solo... spingere e prenderci la mano.
Perciò, spinse.
E cozzando contro il fondo del suo ventre, stralunò.
Prenderci la mano un paiolo di feticci, pensò incredulo. Questa roba manda ai matti!
I loro sguardi si cercarono e si intrecciarono saldamente.
Ansimando l'uno nella bocca dell'altra, le spinte si fecero allora più morbide e poi più incalzanti, mandando interamente in estasi i due giovani dai volti deturpati e increspati di godimento.
«Amanai-», serrò i denti, deglutendo subito dopo.
«Sì?», gemette lei, a corto di fiato, affondando il capo nel cuscino ad ogni sua botta di reni. Era destabilizzante quel che le stava succedendo là sotto.
«Non so se-», ansimò Gojo, serrando gli occhi nel percepire la mente chiudersi e distaccarsi completamente.
Non riusciva a smettere.
Né a pensare.
Non so se, che cosa?, non mi ricordo neanche più, pensò annebbiato.
L'addome sempre più contratto, piegò lievemente le gambe sotto quelle di lei, avvolgendola interamente.
E Riko, rispondendo inconsciamente, sollevò le sue per avvolgergliele attorno alla sua schiena inarcata.
Fu devastante.
Così ingabbiati, le spinte furono l'unica via disponibile.
Gli ansimi si fecero lamenti.
E i lamenti divennero rantoli sommessi e soffocati.
Del tutto alienato a se stesso, Gojo si afferrò alla testata del letto e spinse il suo piacere dentro di lei, scivolando la fronte contro il suo collo candido e grugnendo sempre più eccitato.
«Satoru-», ansimò lei, sentendo il bruciore e il sentore pungente delle carni lacerate allentare finalmente la presa.
«Mmm», mugugnò l'altro, esplodendo poi in altri lamenti sempre più alti e ruvidi nella gola.
Affondò le unghie nel legno di quel letto cigolante, gettando un'occhiata al suo addome contratto e al bacino: stava andando bene? Si faceva così, giusto?
E chi lo sa, pensò, ormai laggiù si muoveva tutto meccanicamente quasi si fosse sganciato dal suo corpo.
Non poteva avere un apice più alto, quella roba. Stava già per delirare così.
O forse no?!, dove arriverà?! Potrei scoppiare-
Strozzandosi col suo stesso respiro, continuò a spingere e a spingere- finché non si sentì trapassare dalla scossa.
Elettrica e pulsante, gli rovesciò indietro la testa.
Oh. Merda. Maledetta, pensò atterrito.
E con un'ultima botta di reni, stralunando, raggiunse l'orgasmo.

Era quello?
Quello era il sesso?, si domandava ora, accasciato sulla schiena di fianco ad Amanai.
Respirando a fondo per diminuire i battiti ancora irregolari, si passò una mano fra i capelli sul capo e deglutì.
«Cavoli-», ansimò e la giovane accolse la sincerità di quel commento con un lieve sbuffo di risata.
Almeno a lui era riuscito di provare piacere: lei aveva per lo più serrato i denti per resistere al dolore.
«Lo vuoi rifare?», le domandò, sperando con tutto se stesso che glielo concedesse.
Era durato sì e no una manciata scarsa di minuti.
Forse neanche uno.
«Tu-»
«Sì», rispose prontamente Gojo, sollevandosi di nuovo su di lei.
«Fa piano, però-», lo avvertì, mentre la riempiva di nuovo col suo corpo.
«Ci provo, ma-», ansimò, già su di giri. «Tu fermami se ti faccio male»
«Va bene», sussurrò lei, guardandolo dal basso con aria adorante.

Non lo fermò.
E quella volta, fu già incredibilmente migliore della prima.
«Girati», le aveva poi detto, continuando quella danza su di lei, sdraiata a pancia sotto.
«Ancora», rise lei, quando il bel sedicenne ebbe estinto l'ennesimo orgasmo e, scostati i capelli dal volto sudato, lo trascinò nuovamente sul suo corpo.
«A sua completa disposizione», sorrise Gojo, alienato di piacere ed estasi.
Da due, gli amplessi divennero tre.
Così no. Proviamo così. Adesso, boh così. Girati- no, alza la gamba, passa sotto il braccio... il mio, il mio braccio. Prova ad abbassare il bacino, alza la schiena- ma cosa diavolo stiamo facendo?! È una partita a twister!
E così le posizioni cambiarono, la durata degli amplessi si dilatò, i gemiti divennero più spudorati e i loro volti si macchiarono di una malizia sempre più schietta.
Da tre divennero quattro.
E da quattro- divennero sette.
E in quell'ultima, la dolce Amanai riuscì finalmente a raggiungere l'orgasmo insieme a lui.
«Mi hai... perforato i timpani», sghignazzò Gojo fra gli ansimi. La stanchezza del suo corpo aveva raggiunto un livello tale, ormai, da impedirgli di tenere gli occhi aperti e trattenere le risate, sempre più convulse e contagiose.
«Non ho urlato... ho urlato?!»
«Ti hanno sentito fino a Tokyo!», continuò a sbellicarsi. «Evacuate Shibuya!, sono tornate le Banshee!», continuò, ridendo sempre più di gusto, nel vederla imbarazzarsi.
«Ma la smetti?!», rise infine anche lei, afferrandogli le braccia.
«Chissà se ti ha sentito il Sommo Tengen-», continuò Gojo, piegandosi in due a corto di fiato, mentre Riko lo guardava ridacchiando dall'alto, ancora seduta su di lui.
Dopodiché, estinte le risa, si accoccolò sul suo petto, dove Satoru la accolse intrecciandole le dita fra i capelli umidi.
E così- come è iniziata è già finita, pensò una.
Eee- eccomi nella merda più assoluta, i miei complimenti Satoru! Prossima stazione?!, considerò l'altro, carezzandole i capelli con aria assorta.
Si addormentarono così, respirando lenti e stretti l'uno all'altra, attorcigliati alle lenzuola madide di sudore e circondati dall'odore pungente del sesso.

L'ultima Calda Primavera - SatoSugu PrequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora