Angel si mise alla guida della limo con il cellulare nuovamente all'orecchio. Velvet lo aveva richiamato e i suoi strepiti lo avevano costretto ad allontanare il dispositivo dal proprio timpano onde evitare di rimanerci sordo. <Va bene, va bene. Arrivo> pigolò mettendo giù la chiamata, la sua voce era sempre più preda del batticuore. Girò la chiave, per poi sgommare sul selciato, giù per la collina, verso l'indirizzo che gli era stato comunicato per telefono. Gli pneumatici stridettero sull'asfalto, Angel saltò giù dal veicolo stringendo le chiavi e si guardò indietro. La limousine non era messa troppo male: solo una polvere rugginosa imbrattava i paraurti e i cerchioni.
Sfrecciò affannato attraverso la hall. Senza fermarsi lanciò le chiavi sul bancone della reception e si precipitò al bar dell'hotel. Le porte sbatterono oscillando alle sue spalle e lui potè riprendere fiato. Una penombra tetra era calata sul bancone di vetro, sulle bottiglie e i bicchieri sparsi, sulle poltroncine che odoravano di plastica e alcool; e sul palo, che si ergeva al centro del locale. Una quiete immobile era sospesa nell'aria, scalfita di tanto in tanto da rumori lontani. Era come se quel silenzio fosse penetrato nella testa di Angel, mettendo a tacere i mormorii funesti dei suoi pensieri. Mosse qualche passo nella stanza, alzando lo sguardo, con un groppo in gola, sul suo palco. Tetro lo giudicò; eppure si sentiva più al sicuro, rispetto a quando era circondato da branchi di lupi che schiumavano dalla voglia o quando il set era in fremento.
Improvvisamente fu sorpreso dalle luci. Dall'ingresso cominciarono ad affluire i membri del nuovo staff per ripulire l'immondizia della serata. Angel arretrò, fissando con gli occhi inermi di una preda la porta, pregando di non vedere... <Angel> sibilò melenso la falena, dopo un'istante di indugio, sopreso nel vederlo lì. La sua voce giunse a Angel strisciando come una serpe e lui non potè fare altro che distogliere il capo da quella lingua di fumo che gli leccava la guancia. <Addirittura in anticipo, non è neanche ora di pranzo> lo sbeffeggiò Val aspirando dalla lunga sigaretta. Gli passò davanti facendogli un discreto cenno di seguirlo. Angel sospirò, sapeva cosa sarebbe successo e non poteva fare altro che farsene una ragione. La stella dorata sull'uscio portava il suo nome. Val gli tenne aperta la porta, poi fece scattare la serratura. <Bene...>, avanzò verso Anthony fino a troneggiare su di lui con la sua statura, <Da dove cominciamo?>.
***
La receptionist raccattò perplessa le chiavi della limo, ma proprio mentre si interrogava sul da farsi, davanti al bancone era comparso un nuovo indivduo. Trasalì, non l'aveva sentito arrivare. <...buongiorno, cosa posso fare per lei?> chiese cortesemente sforzandosi di sorridere. Sorriso che fu pienamente ricambiato. Quel tipo doveva avere la bocca fissata da due spilli, pensò. <Stamani mi sono recato al quartier generale dei tuoi capi, per poi essere instradato verso questa...>, mosse gli occhi per la sala, <...stamberga> scandì. <Mi auguro vivamente per voi di aver letto male l'insegna all'entrata>;
<Ehm...> cincischiò quella confusa, <si trova al VVV hotel, signore. Desidera prenotare...>;
<NO> Alastor sbottò orribilmente per poi ricomporsi l'attimo seguente. <Sto cercando un tale: alto, snello, effemminato... con dei modi a dir poco licenziosi>. La receptionist non rispose subito, tremava visibilmente benché cercasse di non darlo a vedere in presenza della clientela. <Sta... sta parlando di... di Angel> convenne, fino a un secondo prima non aveva idea di cosa volesse dire: "licenzioso" e ancora non aveva capito il significato di "stamberga". L'ospite non rispose, allargò ulteriormente (la donna non lo credeva possibile) quel sorriso artefatto che aveva in volto.
Alastor si incamminò attenendosi alle indicazioni della receptionist. Gli interni dell'hotel erano tutti imbrattati dall'opulenza degli arredi che il signore supremo guardò di malocchio, niente a che vedere con l'Hazbin Hotel. Ogni secondo in più trascorso in quella stamberga lo faceva ribollire di stizza, finchè non si sarebbe infuriato. "Vox tu non vuoi vedermi incazzato" disse fra sé e sé, "Come non mi hai mai visto".
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The Vees' Hotel-Giochi di potere, an Hazbin Hotel fanfiction.
FanficI Vees tornano a rompere le scatole nella selvaggia competizione che regna a Pentagram city. Sia Anthony che Alastor sono collegati in qualche modo alle tre V che la fanno da padroni all'inferno, ma una serie di vicende e di equivoci li costringerà...