1

1K 15 0
                                    

Sono seduta sul letto angusto del mio piccolo dormitorio, le fredde mura di pietra sembrano stringersi intorno a me, come se volessero soffocare l'aria stessa. Il freddo penetra nelle ossa, mi avvolge come una coperta troppo leggera per poter proteggere. Mi sforzo di non tremare, ma ogni respiro è come un sussurro di ghiaccio che si insinua nella mia pelle. Gli occhi si alzano verso la finestra sporca, dove la luna, pallida e distante, fa capolino tra le nuvole sottili. Per un attimo, mi sento un po' meno sola. Il suo chiarore è l'unica compagnia che questo posto crudele mi offre.

La mia attenzione si sposta su Tom Riddle, seduto dall'altra parte della stanza. Il suo sorriso, tagliente come la lama di un coltello, è fissato su di me come una sfida silenziosa. Non c'è mai stata una connessione tra noi, se non per il disprezzo reciproco. Le nostre stranezze, quei tratti che ci rendono diversi dagli altri, ci dividono più di quanto non ci uniscano. Non ci sono parole di conforto tra noi, solo uno scambio di sguardi carichi di tensione.

"Che guardi?" La sua voce taglia il silenzio come un coltello, più gelida del freddo che ci circonda.

Mi stringo nelle spalle, cercando di non cedere al disagio che mi provoca la sua presenza. Non voglio che mi veda vulnerabile, che capisca quanto mi faccia sentire fuori posto in questo posto. "Solo la luna," rispondo, cercando di sembrare indifferente.

Tom scivola in un sorriso più freddo, l'ironia negli occhi che scivola via come il ghiaccio che forma una sottile crosta sull'acqua. "La luna," mormora, "È solo un riflesso della luce del sole. Non ha alcun significato."

Forse per lui è così, ma non per me. La luna è l'unica cosa che posso guardare senza paura di essere giudicata. È il mio piccolo angolo di bellezza in un mondo che sembra non averne più. "Per me ha significato," rispondo, sperando che le mie parole non siano troppo fragile, che non rivelino la solitudine che porto dentro. "È l'unica compagnia che ho."

Un lungo silenzio cala tra di noi. Il ticchettio dell'orologio sulla parete è l'unico suono a spezzare l'aria immobile, mentre ci osserviamo da lontano, come due estranei destinati a non trovare mai una lingua comune.

Il mattino dopo arriva con la solita campanella che richiama tutti alla colazione, il suo suono monotono che rimbomba nel corridoio, invadendo le stanze e ricordandoci che nessuno di noi ha il diritto di restare a letto. Mi alzo lentamente, il freddo delle mura mi accompagna in ogni passo, e la pesantezza dell'aria sembrano schiacciarmi, rendendo difficile respirare.

Scendo nella mensa dell'orfanotrofio, facendo attenzione a non incrociare lo sguardo di nessuno. I ragazzi mi guardano di traverso, i loro occhi pieni di disprezzo, ma cerco di ignorarli. Trovo il mio posto solitario, lontano dal gruppo, e mi limito a mangiare quello che ci danno: una zuppa troppo salata e un pezzo di pane raffermo che non ha mai visto il burro. È poco, ma è tutto quello che abbiamo.

Mangio in silenzio, e di tanto in tanto, alzo lo sguardo, incrociando gli occhi di Tom. Ma lui non sembra neanche accorgersi di me. È come se fossimo trasparenti l'uno per l'altra, due entità separate che non meritano nemmeno la curiosità dell'altro. La mattina passa come una lunga distesa di grigio, e la giornata continua nella sua monotonia.

La biblioteca è l'unico posto dove riesco a sfuggire a tutto, a tutti. Mi rifugio tra le pagine dei libri, cercando un mondo che non mi giudichi, che non mi faccia sentire il peso della solitudine che mi schiaccia. Ma improvvisamente, il libro che tengo tra le mani viene strappato via con violenza. Mi volto di scatto, il cuore che batte più forte, e vedo un ragazzo più grande, dai capelli arruffati e gli occhi crudeli, che ride con una risata che fa gelare il sangue.

"Guardate tutti questa smidollata che si nasconde dietro ai libri!" grida, attirando l'attenzione degli altri. "Pensi di essere meglio di noi solo perché leggi? Sei solo una povera orfana senza genitori!"

Le parole mi colpiscono come pugnalate, ma non rispondo. Stringo il libro contro il petto, come se potesse proteggermi, anche se so che non è così. I libri sono la mia unica via di fuga, ma ora sono diventati anche il mio punto debole, la mia vulnerabilità esposta al mondo crudele che ci circonda.

Prima che io possa reagire, una voce tagliente risuona nell'aria, interrompendo il gioco crudele del ragazzo. "Sei un orfano anche tu, solo che lei è meglio di te," dice Tom, e la sua voce è così ferma, così sicura di sé, che riesce a zittire l'altro ragazzo immediatamente. Mi sorprendo nel vedere come si avvicina, senza paura, mentre l'altro ragazzo prova a intimidire Tom con la sua stazza, ma non ci riesce. Tom non arretra nemmeno di un passo.

"Chi ti credi di essere?" grida il ragazzo. "Solo perché sei uno dei migliori studenti, pensi di poter comandare su di noi?"

Tom sorride, ma non è un sorriso che tranquillizza. È un sorriso che dice Io ho il controllo, e anche il ragazzo più grande lo capisce. "No," risponde con calma, "Non ho bisogno di usare la violenza per farti capire il tuo posto."

Il ragazzo, che ora ha capito che Tom non è qualcuno da sfidare, si ritira, lanciando un ultimo sguardo sprezzante verso di me. Quando se ne va, rimango lì, confusa e sorpresa. La sua difesa è stata tanto feroce quanto inaspettata. Lo guardo mentre torna alla sua solita indifferenza, ma qualcosa in me si muove. Non posso fare a meno di sentire una gratitudine che mi sorprende.

"Grazie, Tom," dico, quasi sottovoce, cercando di esprimere qualcosa che va oltre la semplice parola di ringraziamento. Ma lui non risponde, si limita a un cenno impercettibile e si volta. La sua indifferenza è quasi più di quanto io possa sopportare, eppure mi rendo conto che, in un certo modo, mi ha aiutata.

Rimango lì, il mio libro di nuovo stretto tra le mani. Gli altri ragazzi tornano alle loro attività come se nulla fosse successo. Ma non è come prima. Il silenzio che ora mi circonda è diverso, carico di qualcosa che non riesco a definire. I pensieri di Tom, il suo sorriso malizioso, continuano a inseguirmi, come una scia che non riesco a svanire.

La figlia del diavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora