XVI. Paradiso

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SAKURA'S POV

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SAKURA'S POV

Non si gioca con i sentimenti delle persone.

Continuavo a ripensare alle parole di Panda, guardando il soffitto con le gambe allungate contro la parete – ormai una routine per favorire la circolazione del sangue e farle sgonfiare, dopo quelle giornate di intensi allenamenti a cui venivo sottoposta.

Perché pensava che trattassi Toge come un oggetto? E come potevo ferire i suoi sentimenti?
Mi sembrava di comportarmi sempre in maniera gentile con lui... fin troppo. Anzi, ero sicura avesse capito l'attrazione che provassi per lui. Quell'elettricità che permeava l'aria quando eravamo nella stessa stanza.

Saltai giù dal letto, era inutile continuare a farsi domande così decisi di andare a chiedere le risposte al diretto interessato. Dopotutto, avevamo un appuntamento quindi mi preparai, indossando un semplice abito bianco morbido e legando i capelli nella solita treccia.

Come piace a lui, pensai. Poi mi maledii mentalmente per quel pensiero. Se non fosse che subito dopo un'altro pensiero invase la mia mente: se non mi fossi presentata, mi sarebbe venuto a prendere?

Se non vieni, ti costringerò a farlo.
Sperai che quella minaccia fosse diventata una promessa – volevo che mi costringesse.
Sentii una scossa attraversarmi il corpo.

* * *

Cinque minuti dopo stavo attraversando il corridoio del dormitorio, ormai al buio, illuminato solo dalla luce della Luna che filtrava attraverso le vetrate. Raggiunsi la camera di Inumaki, feci un respiro profondo e bussai. Nessuna risposta. Bussai di nuovo, più forte. Forse non sente, pensai. Ancora nessuna risposta: possibile che si fosse dimenticato? Dov'era andato a finire?

Percepii una presenza incombere alle mie spalle. «Toge.» Esclamai, voltandomi. «Ciao.»

«Combo.» Disse lui, la voce piatta e gli occhi assenti. Mi sorpassò senza aggiungere altro, dirigendosi all'interno della camera e chiudendo la porta alle sue spalle. Ma davvero?

Bussai di nuovo, iniziando ad innervosirmi per il suo atteggiamento strafottente. «Toge, apri la porta.» Gli intimai, evitando di alzare troppo la voce per non dare spettacolo ai vicini.

La porta restò chiusa, nessun rumore proveniva dall'interno. Umiliata, bussai nuovamente. Non me ne sarei andata. Per fortuna, al secondo tocco, aprì. Due occhi viola mi fissavano annoiati.

«Salmone?» (= che vuoi?) Chiese, inclinando il capo. Ora ricominciava col pesce?

«Cosa?» Rimasi sorpresa, per non dire delusa dal fatto che si fosse dimenticato del nostro impegno. Eppure, la sera prima ci stavamo quasi per... «Avevamo un appuntamento, ricordi?»

Lui alzò le spalle impassibile e si voltò, andandosi a stendere sul suo letto e intrattenendosi con il cellulare. Interpretai la porta aperta come un invito ad entrare e in due falcate raggiunsi il suo letto, sbattendomi la porta alle spalle e strappandogli il telefono di mano.

Sakura Fubuki • Toge InumakiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora