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⚠️BULLISMO⚠️


«Ehi piccoletto! Perché non te ne torni a casa a bere il latte della mammina? Magari così cresci un po'!»

Intorno a me, dei bambini scoppiano a ridere, mentre un altro, seduto nell'erba di fronte a me, inizia a tirare su col naso. 

«Secondo me non li hai cinque anni, anche non considerando la bassezza. Guardati, frigni ancora come un neonato.» gli dico, mentre i suoi occhi blu si riempiono di lacrime.

Raccoglie rapido qualcosa da terra, per poi alzarsi goffamente e scappare via, il grembiulino dell'asilo sporco di erba e terriccio, mentre gli altri continuano a ridere.


C'è di nuovo Lui, che di nuovo piange.

Non lo sopporto proprio quando piange.

Un zac zac rapido, e l'azzurro chiaro delle piastrelle delle elementari sparisce sotto una coltre di arancione. Di capelli arancioni. 

Gli trema il labbro, mentre raccoglie da terra un ciuffetto, e solleva piano il volto verso di me. È disperato, supplicante, sfinito. 

Al mio fianco, un bambino coi capelli neri e un paio di forbici in mano ridacchia, mentre il suo amico albino guarda curioso i ciuffi a terra, e un altro arriva silenziosamente con una scopa, pronto a nascondere tutto.

«Ti odio!» urla il piccoletto, guardandomi negli occhi, prima di fuggire via.

È la prima volta che ribatte.


Ormai non piange più.

L'acqua cola lungo i suoi vestiti, fino a colare sulle scarpe da interno, le uwabaki. In mano, il vassoio da pranzo, con sopra un bicchiere bagnato ma vuoto e una mela. Non ha preso altro.

Mentre gli passiamo vicino con finta innocenza, da lontano sentiamo una maestra gridare il suo nome arrabbiata, mentre Lui posa il vassoio fradicio e la segue senza proferir parola.


«Ragazzi, mi duole comunicarvi che il vostro compagno di classe, Nakahara Chuuya, non finirà l'anno con noi. È infatti ricoverato in ospedale, a causa di un incidente...»



Mi sveglio di colpo, la fronte imperlata di sudore, così come anche i capelli e la maglietta, con il cuore che batte a mille. Cerco di prendere qualche respiro profondo, mentre mi tormento della mia coscienza, che non la smette mai di ricordarmi quanto stronzo io sia stato da piccolo. Allungo la mano verso al comodino, trovando finalmente l'interruttore della lampada, e illuminando parzialmente la camera. Mi libero poi dalle coperte nelle quali ero imprigionato, e cerco di infilare le pantofole, per poi decidermi ad alzarmi a spegnere la sveglia, che sta suonando da ormai chissà quanto. Mezzo addormentato, mi trascino fino in bagno, dove cerco di liberarmi le braccia e il collo da tutte le bende umide che ho addosso, e mi butto rapido sotto la doccia per lavare via il sudore dell'incubo. Dopo essermi asciugato, perdo un sacco di tempo a bendarmi da capo, mi infilo da divisa e le scarpe, afferro la cartella e il cellulare, ed esco di casa correndo, senza preoccuparmi troppo dei miei capelli ancora bagnati, che ondeggiando pesanti nell'aria, schizzando goccioline d'acqua ovunque, e infastidendo chi mi passa accanto.

«Buongiorno Osamu. Anche oggi in ritardo.» mi saluta improvvisamente qualcuno, iniziando a correre accanto a me.

«Perdonami Akiko. Non ho avuto neanche il tempo di asciugarmi i capelli.» rispondo alla mia migliore amica.

Se il mio cuore batte ~Soukoku~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora