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Ciao a tutti, prima dell'inizio di questo capitolo, volevo solo raccontarvi che nelle mie note c'erano altre due canzoni oltre a "Cartagine" e "Se la musica non c'è" che volevo usare, ma non ci sono riuscita per ragioni di trama.

Quindi ho deciso di lasciarvele qui come sottofondo, ed essendo entrambe in inglese magari sono migliori per la concentrazione, ma poi sono gusti personali.

La prima è questa, ed è anche quella che stavo ascoltando nel momento in cui ho iniziato a scrivere questa storia, e doveva essere sin dall'inizio presente, suonata con la chitarra da Chuuya, ma è stata scarta per ragioni di trama...

In ogni caso, vi auguro una buona lettura!

La neve scende lentamente intorno a me, posandosi sulla strada, sul marciapiede, sull'erba dei parchi, sui cespugli, sui lampioni, sulla mia giacca, sul mio cappello. Quando stamattina ho aperto le tende e l'ho vista, uno strano pensiero ha attraversato la mia mente, e mi è sembrato di sentire una voce che diceva: "Guarda Chuuya, nevica a Novembre, quant'è strano?"

È il 28 Novembre, e Dazai è in coma da ormai due settimane. Si è stabilizzato, ma non si sa quando e sopratutto se si risveglierà. E come potrebbe essere dopo il suo risveglio, se avrà ancora coscienza di sé stesso e di cosa ha fatto. Nel mio cuore, spero di sì. Vivere senza che lui sappia di me è un'idea che mi sconvolge solo a pensarci.

Cammino verso l'ospedale, il cielo che si scurisce presto il pomeriggio, le cuffiette nelle orecchie che riproducono ancora e ancora la sua voce. Non sto ascoltando altro di recente, e mia sorella mi suggerisce che presto a furia di ascoltare sempre quella canzone potrebbe venirmi la nausea al solo pensiero, ma io continuo imperterrito, non riuscendo a fare a meno della sua voce.

Finalmente, passo dopo passo, orma dopo orma impressa nella neve, raggiungo l'edificio. Entro e mi tolgo la giacca, rincuorato dal tepore, e raggiungo la stanza di Dazai. Aspetto che passi l'infermiera, la quale mi consegna un paio di guanti in lattice e una mascherina chirurgica che mi fa tornare in mente la pandemia di pochi anni fa, ma sono obbligato a metterla per poter entrare.

Stacco le cuffiette e spengo la musica, avvicinandomi al suo letto. La pelle del volto è pallida, e il volto è disteso e rilassato, gli occhi chiusi, che mettono in risalto le lunghe ciglia scure, mentre sulla fronte si intravedono delle bende bianche, in parte coperte da ciuffi di capelli castani, che sembrano essersi scuriti. Avvicino una sedia al suo letto, mi accomodo, e afferro la sua mano libera dalla flebo nelle mie, quella sinistra. Non è calda, ma nemmeno fredda, e sospiro di sollievo. È anche molto magra, a tal punto che riesco a sentire tutte le sue ossa, dal tarso alle falangette.

«30 aprile 2018. Periferia di Yokohama. Scontro tra una bicicletta ed un automobile. L'uomo alla guida della vettura, Sakunosuke Oda, è morto sul colpo. Il fratello minore, seduto sul sedile passeggeri, vivo e solo leggermente ferito, così come anche l'uomo al controllo sulla bicicletta. Il fratello del ciclista, seduto sul portapacchi, è stato scaraventato in avanti, rompendosi il femore, lussandosi una spalla, e ustionandosi tutto il lato destro del corpo.» sospiro. 

«L'incidente che ho avuto con mio fratello...è stato lo stesso nel quale è morto tuo fratello.

«Però non devi cruciarti per ciò. Anzi, mi hai salvato la vita. Ho scoperto tutto. Che tu eri caduto nell'autolesionismo, e che tuo fratello, preoccupato, ti stava portando in ospedale, ma dalla fretta aveva allacciato solo la tua cintura, scordandosi la sua.

Se il mio cuore batte ~Soukoku~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora