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«Dunque Chuuya.» dice la donna, avvicinandoglisi e posandogli una mano sulla spalla «Cosa ceniamo?»

«Ho ordinato una pizza maxi...per una sera possiamo fare uno sgarro, non trovi?»

«E lui resta con noi?» domanda indicandomi.

«Non lo faccio uscire a quest'ora.» risponde Chuuya, estraendo da un cassetto una bella tovaglia bianca.

«Ti aiuto.» faccio, affrettandomi a prendere due angoli della tovaglia e a stenderla sul tavolo assieme a lui, mentre sua sorella continua a guardarmi dubbiosa. Lo aiuto ad apparecchiare, e poi mi siedo al mio posto finché non suona il campanello.

«Non preoccupatevi, vado io!» esclamo, prima di correre all'ingresso, dove trovo il piccolo Coco ringhiare alla porta.

«Fermo.» mi blocca Chuuya, afferrandomi per il polso. Prende poi il cucciolo in braccio e me lo affida, prima di aprire di uno spiraglio la porta.

«Ho una pizza a nome Nakahara.» dice una voce, e Chuuya prende in mano la scatola.

«Sono 1.500 yen. (circa 8€) » continua quello che suppongo sia il fattorino, e io ficco i soldi in mano al mio compagno di classe, che li allunga fuori dalla porta mentre mi guarda sorpreso.

«Grazie, arrivederci.» saluta la voce.

«Arrivederci.» risponde Chuuya, chiudendo la porta e portando la pizza in cucina.

«Perché hai voluto pagare tu?» mi domanda, mentre la sorella taglia le fette e ce le serve.

«Devo rimediare...in tutti i modi possibili.» rispondo, chinando il capo.

Mangiamo in silenzio, consapevoli dell'assurda situazione: il bullo, la vittima e la sorella della vittima. Non è qualcosa che capita tutti i giorni ospitare il ragazzo che ha reso un inferno la tua vita o quella di tuo fratello minore, quindi sono disposto a cercare di creare meno fastidio possibile. Dopo cena perciò, aiuto Chuuya a sparecchiare e lavare i piatti, mentre sua sorella si siede sul divano, davanti alla TV.

«Ha chiamato Paul.» dice lei improvvisamente, e le mani di Chuuya, che stavano asciugando un bicchiere con uno strofinaccio, si fermano.

«Voleva sapere come stai.» prosegue.

«Cosa gli hai detto?» domanda, e noto che sta tremando, com'era solito fare da bambino ogni volta che mi vedeva.

«Niente. Che deve lasciarti in pace.»

«È veramente finita così?»

«Sì.» risponde lei con un'alzata di spalle.

Si sente un suono di vetro infranto, e una fitta lancinante alla mia mano destra. Mi volto, e noto che il bicchiere che Chuuya stava asciugando è caduto nel lavabo, rompendosi, e una scheggia mi si è conficcata nella mano con cui stavo sfregando un piatto insaponato.

«Bugiarda.» dice, prima di scappare in corridoio, salire le scale, e rinchiudersi in qualche stanza del piano di sopra, sbattendo la porta a chiave.

Mentre mi esamino il taglio, che per fortuna è abbastanza insignificante, sua sorella sospira, si alza dal divano e viene verso di me, prendendomi la mano ferita.

«Chi è Paul?» chiedo, con tutto il coraggio che possiedo.

«Paul Verlaine, nostro fratello maggiore. Ti sarai probabilmente chiesto perché abbiamo cognomi differenti, ma la semplice risposta è che siamo nati da uomini differenti, i quali cognomi erano appunto Verlaine, un francese, Ozaki, mio padre, e Nakahara, colui che ancora adesso dopo quindici anni sta con nostra madre, nonostante poi abbia avuto la nostra sorellina Izumi da un altro uomo, per poi darle Kyōka come cognome materno.» spiega, togliendomi con delicatezza ed estrema attenzione la scheggia grazie all'ausilio di una pinzetta.

Se il mio cuore batte ~Soukoku~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora