16. La tua storia sul pavimento, sulle coperte, sulla mia pelle

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A Simone sembra di rincorrere qualcosa di irraggiungibile. Le parole di Manuel gli hanno fatto male e se le ripete in testa come un mantra perché se lui si è convinto di tutte quelle cose forse è anche colpa sua che gliel’ha lasciato credere.

Forse non è stato così bravo come avrebbe voluto: avrebbe voluto trasmettergli tranquillità, la sensazione di essere lì per lui, di esserci senza doppi fini. Di esserci e basta perché quando un sentimento è così forte realmente passa tutto in secondo piano.

E sì, è difficile. Difficilissimo, a volte. Non ha mai detto fosse facile, ma solo che fosse fattibile.

Rallenta, appena vede la sua moto sul ciglio della strada di campagna che all’andata li aveva portati alla villa sperduta. Si ferma, scendendo di corsa vedendo Manuel piegato accanto a un albero.

Sta vomitando e non sa nemmeno se si è accorto che è dietro di lui, ma presume di sì perché ha appena pronunciato un “Non mi guardare” a malapena decifrabile.

“E invece ti guardo” sospira, avvicinandosi di più.

“Dove volevi andare, Manu? Sei anche brillo, non puoi guidare…”

“Non sono brillo. Ho bevuto due birre. Me veniva solo da vomità”

“Ok… e dove volevi andare?”

Manuel ci pensa, o almeno finge di farlo mentre guarda il vuoto. Tutto, pur di non incrociare gli occhi di Simone.
“Non lo so… da qualsiasi parte”

Da qualsiasi parte che non sia qui. Ovunque, basta che tu nun me veda così; perché è la parte peggiore di me, quella che odio con tutto me stesso e se la odio io vuol dire che la odiano tutti. La odi anche tu.

“Mi guardi, per favore?” cerca di farsi guardare e ci riesce, questa volta, perché Manuel alza il suo sguardo e prende un respiro profondo, portando le mani sui fianchi.

“So questo, Simò. Non mi succedeva da un po’, ma non mi piace e lo so, che non piace nemmeno a te. Ma io ci provo davvero, te lo giuro. Provo a non sentirmi così, a non entrare in quei loop da cui non so uscire e in cui mi dico che faccio schifo. E mi convinco di tante cose… troppe.”

“A me non piace, ma solo perché vorrei non vederti mai così. E non voglio che pensi cose orribili su di te o che pensi sia io a pensarle. Lo so che ti sembra difficile credere il contrario, so che io non posso fare alcun miracolo e che non posso eliminare tutto quello che hai dentro. Forse ho avuto per un po’ la presunzione di pensarlo, di credere di poterti bastare.”

“Ma tu che c’entri? Non è colpa tua.”

“Lo so”, sospira. Le parole gli pesano dentro come macigni, eppure sente di dover trovare il coraggio per due.  “Lo so, ma forse non sono stato in grado di convincerti abbastanza del fatto che ti amo.”

Manuel sussulta, mentre trattiene le lacrime che spingono per venire fuori.
Non è così che Simone avrebbe voluto dirglielo, ma gli è sembrato questo il momento in cui Manuel ne ha avuto più bisogno. Ché, forse, spera possa aiutarlo a respirare meglio.

“Non te l’ho mai detto così chiaramente, lo so. E non mi sembrava nemmeno questo il momento giusto, però è la verità. Io ti amo, mi sono innamorato di te prima ancora che sapessi tutto e adesso non puoi scappare, Manu… ti prego”. Si avvicina e prende le sue mani, portandosele sul suo petto. Strette alle sue.

Forse Manuel riesce perfino a sentire il battito accelerato. “Io ce la faccio, non sei un peso e non puoi pensare che una scopata possa essere più importante di tutto il resto, per me. E non è una cazzata, tu lo sai. Se mi guardi negli occhi lo sai, che è tutto vero. Solo che non vuoi vederlo, perché il senso di colpa ti divora e sei abituato a scappare… e forse non c’è mai stato nessuno che t’abbia fermato, ma io non ti faccio scappare. Scordatelo. Mi dispiace, non è contemplato nella mia vita. A meno che ci sia un motivo davvero valido, io non ti lascio scappare”

Niente di più [Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora